Dopo la vittoria di Pirro su Fincantieri-Stx, Roma incassa anche la decisione della francese Vivendi di nominare un manager non italiano alla guida di Telecom. Intanto Palazzo Chigi fa sapere di aver avviato “il procedimento per l’eventuale irrogazione della sanzione pecuniaria” per la mancata notifica del controllo di Vivendi su Telecom. Ma a pagare la multa non sarebbero direttamente i francesi, bensì Tim. Intanto resta il fatto che, per la prima volta, l’ex monopolista avrà un amministratore delegato israeliano, Amos Genish, manager di lungo corso con un passato nelle telecomunicazioni brasiliane. Al vicepresidente esecutivo Giuseppe Recchi “sono attribuite le funzioni vicarie – spiega una nota di Telecom – nonché la responsabilità organizzativa della funzione Security preposta, fra l’altro, al presidio di ogni attività e asset rilevante ai fini della sicurezza e della difesa nazionale all’interno di Tim e delle altre società italiane del gruppo, in particolare Sparkle e Telsy”. Inoltre, come si legge nel comunicato di Telecom, il consiglio ha approvato a maggioranza “il principio della creazione di una joint venture con Canal+”, la tv a pagamento di Vivendi.
La nomina di Genish era attesa da tempo. Ma arriva nel giorno in cui termina l’istruttoria del comitato di Palazzo Chigi sul golden power, i poteri pubblici speciali per le aziende strategiche. Difficile pensare ad una mera coincidenza temporale. Anche se, come ha dichiarato il premier Paolo Gentiloni in occasione del vertice di Lione, la vicenda Vivendi-Tim è un fatto “fra aziende private”. È noto tuttavia che Tim custodisce la strategica rete di telecomunicazioni del Paese e i cavi sottomarini di Sparkle. Senza contare che il suo futuro è inevitabilmente legato a quello di Mediaset di cui Vivendi è socio di peso. La posizione di Gentiloni non è peraltro condivisa all’interno del Partito Democratico. A Torino durante la festa della Fiom, il presidente del Pd, Matteo Orfini, ha ammesso che è in corso una riflessione sul ruolo che Cassa Depositi e Prestiti potrà avere nella questione Telecom. “Alcuni ex amministratori di Telecom, tra cui Vito Gamberale, dicevano una cosa giusta – ha spiegato Orfini – E cioè che la soluzione per il rilancio di Telecom passa dal fatto che nell’azionariato rientri un pezzo di investimento pubblico. Che ciò avvenga attraverso Cassa Depositi e Prestiti, come credo sia giusto, o un altro strumento si può discutere”.
In attesa che il governo decida il da farsi, il ministro Carlo Calenda ha puntualizzato che la questione sicurezza è un tema “reale che va gestito in modo equilibrato ma non punitivo”. Ma il procedimento per la mancata notifica del controllo di Telecom potrebbe costare al gruppo controllato da Vivendi fino a 300 milioni di multa “per la violazione da parte di Tim dell’obbligo di notifica dell’acquisto da parte di Vivendi del controllo e della disponibilità, a far data dal 4 maggio 2017, degli attivi di Tim”. Senza contare che Consob ha recentemente aperto la strada all’ipotesi di consolidamento del maxidebito (25 miliardi) dell’ex monopolista nei conti della società francese. Infine, la partita resta ancora aperta anche sul fronte Agcom: l’autorità di vigilanza ha accettato la proposta di Vivendi di creare un trust indipendente per custodire la quota in Mediaset. Ma si tratta di una soluzione temporanea che non elimina per i francesi il divieto a restare soci di rilievo contemporaneamente sia in Mediaset che in Telecom.
Per risolvere lo “stallo” su Telecom, è intervenuta anche l’associazione dei piccoli azionisti, Asati, che ha proposto di “procedere rapidamente con lo scorporo della rete per farla confluire in una nuova società posseduta e controllata interamente da Telecom”. Secondo Asati, la nuova società potrebbe essere poi successivamente quotata in Borsa e le risorse potrebbero andare a favore degli investimenti nella banda ultralarga secondo un modello già utilizzato per la realizzazione del gruppo delle torri telefoniche Inwit. “Questa nuova società – ha spiegato Asati in una nota – dovrebbe comprendere, a nostro avviso, la rete fissa, quella mobile e anche Sparkle”. Ma l’impressione è che i francesi non abbiano alcuna intenzione di scorporare la rete, un asset a garanzia dell’ingente indebitamento del gruppo. “Abbiamo una chiara visione di lungo termine: vogliamo riportare Tim ai fasti che le competono, contribuendo in maniera determinante alla digitalizzazione del Paese, alla creazione della Digital Italy, attraverso investimenti e persone – ha spiegato il presidente esecutivo di Tim, Arnaud de Puyfontaine dopo la nomina del nuovo ad – Tim deve avere una collaborazione costruttiva con le istituzioni e le autorità: creare valore per Tim vuol dire creare valore per il Paese”. E naturalmente anche per il suo azionista Vivendi, controllato da Vincent Bolloré che ha in corso un braccio di ferro con la famiglia Berlusconi per il dietrofront sull’acquisto della pay tv di Mediaset, Premium.