Forse sarà l’effetto del dieselgate o il fatto che “non conviene più come una volta”, ma sembra il gasolio cominci a essere fuori moda: nei primi 6 mesi dell’anno sono state oltre 152 mila in meno le vetture diesel vendute in Europa rispetto al medesimo periodo del 2016. Si è infatti passati da 3.643.753 a 3.491.430 unità, con una quota di mercato scesa dal 50,2% al 46,3%. In salita invece le vendite di modelli a benzina – sono state 328.615 in più tra gennaio e agosto – che hanno incrementato la loro fetta di mercato dal 45,8% al 48,5%, superando quelle a gasolio: non succedeva dal 2009.
Un trend che sta allarmando i costruttori, riscopertisi ambientalisti: i fabbricanti di auto sono infatti preoccupati per le maggiori emissioni di CO2 prodotte dai propulsori a benzina rispetto a quelli diesel, che potrebbero rendere più difficile raggiungere gli obiettivi di riduzione dell’anidride carbonica prefissati. Preoccupazione che, naturalmente, non c’entra nulla con gli investimenti (da ammortare) fatti sulla tecnologia diesel, la stessa che invece si è rivelata essere pulita e amica dell’ambiente, specie in tema di polveri sottili e ossidi di azoto. Scherzi a parte, va tuttavia sottolineato che a essere sempre stabili nella loro marginalità sono le vendite delle vettura con alimentazioni alternative: le elettriche sono all’1,3% (98.933 unità complessive nel primo semestre, con un lieve guadagno), le ibride al 2,6% (198.579) e quelle con motori bifuel Gpl o metano all’1,3% (98.933).
Dati, quelli sulla automobili green, un “filo” strumentalizzati da Erik Jonnaert, segretario generale dell’Acea, (l’associazione europea dei costruttori automobilistici): “I motori alternativi avranno in futuro indubbiamente un ruolo crescente nel mix del mercato e tutti i produttori europei stanno investendo pesantemente in questo ambito. A tal fine, bisogna fare di più per incoraggiare i consumatori ad acquistare veicoli a motore alternativi, ad esempio istituendo i giusti incentivi e distribuendo infrastrutture di ricarica in tutta l’Unione Europea. Nel frattempo, in quanto le automobili diesel emettono notevolmente meno CO2 rispetto a quella a benzina equivalenti è importante che queste agiscano come una tecnologia ponte per supportare la graduale transizione verso i veicoli con basse emissioni di carbonio. I responsabili politici siano consapevoli del fatto che un passaggio troppo rapido dalla tecnologia diesel alla benzina porterà ad un aumento delle emissioni di CO2, visto che la penetrazione di mercato dei motori alternativi rimane bassa”.
In altri termini per l’Acea la “tecnologia ponte” verso le auto elettriche non è quella ibrida ma, ancora una volta, il gasolio: un’affermazione che desta più di qualche perplessità non solo per la pericolosità degli inquinanti messi in circolo dai diesel (NOx e particolato, prodotti in quote maggiori dai ti-di) ma soprattutto perché arriva in scia al più grande scandalo automobilistico di tutti i tempi, il dieselgate, lo stesso che ha messo il turbo al processo di elettrificazione.
Inoltre va specificato che nel 2016 le emissioni mondiali di anidride carbonica non sono aumentate: è il terzo anno consecutivo che la CO2 complessiva non cresce. Merito della riduzione dell’uso del carbone e dell’avanzata delle fonti rinnovabili. Ma se la Cina e gli Stati Uniti l’anno scorso hanno tagliato le loro emissioni, l’Unione Europea è rimasta ferma, e India e sudest asiatico le hanno aumentate.
Le argomentazioni dell’Acea e del suo presidente sono peraltro state smentite da una ricerca europea, pubblicata proprio qualche giorno fa: l’ha curata la Transport&Environment, centro di studi ambientalisti con sede a Bruxelles, che l’ha diramato proprio in occasione del secondo anniversario dallo scoppio del caso emissioni. In sintesi l’indagine sostiene che, considerando l’intero ciclo di vita di un motore a gasolio, quest’ultimo emette anche più anidride carbonica rispetto a un omologo a benzina. Questo perché, allargando la prospettiva di osservazione, il processo di produzione del gasolio richiede più energia rispetto a quello di estrazione della benzina dal petrolio. Inoltre assemblare una vettura turbodiesel è energeticamente più dispendioso e quindi inquinante. Senza contare che le diesel, secondo T&E, “costano mediamente 2-3 mila euro in più delle auto a benzina di pari cilindrata, praticamente come un’ibrida che però emette il 20-25% in meno di CO2 rispetto a una vettura a gasolio”.
“Il dieselgate ha già svelato come le auto diesel siano la causa dominante di emissioni tossiche di NOx nelle città europee, che stanno uccidendo 68 mila persone ogni anno. Contrariamente ai proclami dell’industria, abbiamo imparato come le auto diesel siano anche peggiori per il clima delle versioni a benzina e non hanno bisogno di centrare gli obiettivi sulla CO2. L’Europa adesso deve guardare avanti e accelerare la transizione verso veicoli puliti ed elettrificati, consegnando gli sporchi diesel ai musei”, ha dichiarato Julia Poliscanova, Responsabile dei Veicoli puliti all’interno di Transport&Environment.
E poco importa che le vendite di auto diesel di oggi servano, a quanto sostengono i costruttori, per finanziare ricerca e perfezionamento delle elettriche di domani: “l’eredità del Dieselgate sono 37 milioni di auto diesel altamente inquinanti ancora sulle strade europee. Mentre alcune di esse saranno tolte dalle strade tedesche, queste auto sporche presto finiranno per soffocare i cittadini in Europa centrale e dell’Est. Abbiamo bisogno di un’azione concertata e coordinata a livello continentale per assicurarci che queste auto smettano di scaricare fumi tossici per altri 10 o 15 anni”, sostiene la Poliscanova.