E’ bastata una perquisizione della Guardia di Finanza nella sede di Mediocredito, l’istituto di credito regionale, a Udine, per scatenare un pandemonio in Friuli Venezia Giulia. La notizia è che le Fiamme Gialle, su ordine del sostituto procuratore Paola De Franceschi, hanno acquisito nell’area crediti dell’istituto dossier, fascicoli clienti e materiale informatico, con l’obiettivo di ricostruire l’attività creditizia svolta negli ultimi anni a favore di aziende, friulane e non. Sullo sfondo ci sono le difficoltà finanziarie e le perdite accumulate da Mediocredito, una cassaforte a controllo pubblico nata per favorire le attività economiche. Per il momento non ci sono indagati, anche se due ipotesi di reato sono già formulate: concorso in bancarotta semplice e mendacio bancario. Nascono da una vecchia ispezione della Banca d’Italia sulla correttezza di gestione dell’ente e da un dettagliato esposto dell’europarlamentare friulano Marco Zullo, del Movimento Cinquestelle.

L’inchiesta ha avuto un andamento carsico ed è venuta alla luce in modo eclatante solo ora. Mira al cuore dell’intreccio tra politica e affari in una Regione di confine, in un arco di tempo ampio. Risale al 2010 una prima relazione di Bankitalia, frutto di un’ispezione che aveva messo in luce una serie di criticità. In quelle carte c’era un elenco di aziende che hanno beneficiato di finanziamenti da parte della banca regionale.

L’eurodeputato Zullo si è mosso autonomamente, intrecciando dati e bilanci di quelle società con i rendiconti di Mediocredito. Ha scoperto (e riversato nell’esposto alla magistratura) che circa il 72 per cento delle aziende finanziate prese in esame era fallito. Una verifica nei bilanci di Mediocredito, dal 2010 in poi, non è riuscita a trovare le segnalazioni delle sofferenze riguardanti le imprese che poi hanno cessato l’attività. “I bilanci di Banca Mediocredito, almeno sino al 2012, non avrebbero evidenziato mai alcuna criticità, nonostante i richiami di Banca d’Italia”, spiega Zullo, che ha posto alla magistratura una serie di interrogativi e sospetti sui legami tra il mondo della politica, gli amministratori della banca e almeno una ventina di società poi fallite. “La somma delle perdite generate da questa mala gestio nel corso di questi anni è impressionante, raggiungendo centinaia di milioni di euro. Nel 2016 la Banca d’Italia ha effettuato un’altra ispezione, ma la Regione Friuli Venezia Giulia si è guardata bene dal dichiararne gli esiti”.

Nel luglio 2016 deputati e senatori M5S presentarono due interrogazioni in cui ripercorrevano tutte le ombre segnalate da Bankitalia e relative alla mancanza di controlli, all’esistenza di “una elevata esposizione al rischio di credito non correttamente segnalata all’organo di vigilanza” e a un incremento delle sofferenze. Già nel 2011 la Finanza aveva messo a fuoco alcune anomalie nell’intreccio di acquisizioni e compartecipazioni che riguardarono Mediocredito, Friulia (la finanziaria della Regione) e la società di leasing Friulia-Lis. Opacità che però non avevano impedito alla Procura di Udine di chiedere l’archiviazione perché l’incorporazione sospetta delle azioni di Friulia-Lis (controllate da Friulia), da parte di Banca Mediocredito, era stata approvata nel 2008 proprio dalla Banca d’Italia.

Le interrogazioni denunciavano: “Tutta l’operazione sembrerebbe aver goduto di una protezione a livello regionale che avrebbe ‘silenziato’ quanto emerso dall’informativa della Guardia di Finanza e si ravviserebbero delle inquietanti analogie con quanto accaduto recentemente a Banca Etruria, con la differenza che in questo caso si sono utilizzati fondi pubblici”. E mettevano il dubbio che le “operazioni di finanziamento di Mediocredito abbiano interessato aziende che non presentavano alcuna capacità di rimborso in quanto in avanzato stato di crisi”. Se fosse così, ci si troverebbe di fronte a uno sperpero di denaro pubblico, come adombrato nell’esposto dell’onorevole Zullo.

La Finanza sarebbe andata nella sede di Mediocredito proprio per cercare prove su quei finanziamenti e sulla gestione complessiva della banca. Subito è sceso in campo l’assessore regionale alle Finanze, Francesco Peroni: “Nessuna delle operazioni oggetto d’indagine risulta riferibile ad amministratori espressione di questa Giunta. Da quanto si apprende dalla Banca si tratta di pratiche comprese tra il 1997 e il 2013”. Un arco di oltre 15 anni precedente alle nomine della giunta attuale, avvenute nel 2014. L’assessore ha adombrato il rischio di “strumentalizzazioni politiche”, mentre Mediocredito e “la Regione, come proprietaria di maggioranza della Banca”, sarebbero vittime, pronte a ad agire per tutelarsi nei confronti dei responsabili. “La Banca che ci siamo trovati a gestire nel 2013 aveva già ‘in pancia’ tutti i germi patogeni che si sono suggestivamente sprigionati con virulenza e abbiamo messo mano a tutte le terapie del caso”, comprese “le operazioni straordinarie della scorsa estate: cessione al mercato delle sofferenze e correlato aumento di capitale”.

I Cinquestelle sono andati all’assalto della maggioranza. “Peroni ora si dice vittima, ma è lo stesso che, spalleggiato dalla presidente Serracchiani, negli ultimi tre anni ha parlato di azioni legali per aggiotaggio, diffamazione e danni nei confronti di parlamentari e consiglieri regionali del Movimento 5 Stelle, colpevoli di aver puntato il dito contro le pessime gestioni del passato e gli immancabili aumenti di capitale sulla pelle dei cittadini del Friuli Venezia Giulia”. Il bilancio di Mediocredito ha chiuso il 2016 in rosso di 76 milioni di euro, il doppio del 2015 e quasi tre volte quello del 2014 (28,5 milioni). Si tratta del quinto esercizio consecutivo in perdita.

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