L’ultimo in ordine di tempo era stato il ministro per la Coesione territoriale e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, parlando di “progetto avanzato e ipotesi reale”. Ma il gruppo dei fan del Ponte sullo Stretto di Messina comprende anche big della politica come Matteo Renzi, grande sponsor dell’opera che sarà “un simbolo bellissimo”, i fedelissimi al progetto Angelino Alfano e Maurizio Lupi, e ovviamente Silvio Berlusconi, che lo inserì tra le priorità pure nel suo ultimo discorso di presentazione del programma di governo al Senato (era il 2010). Da oggi si aggiunge anche Fabrizio Micari, il candidato del centrosinistra e di Alfano alla Presidenza della Regione Sicilia.
Il rettore dell’Università di Palermo appoggiato dal Pd e da Ap si gioca la carta del Ponte sullo Stretto a poco più di un mese dal voto sull’isola, fissato per il 5 novembre prossimo. “La Sicilia è una piattaforma logistica naturale del Mediterraneo e ha bisogno di un approccio integrato con una nuova rete delle infrastrutture soprattutto per il trasporto delle merci”, ha detto Micari nel corso della registrazione di Seconda Repubblica, la trasmissione dell’emittente televisiva TeleSud di Trapani. “In questa logica penso ad un potenziamento dei porti e ad un sistema ferroviario veloce. Ma le merci non possono certo fermarsi a Messina: il corridoio che porta in Europa passa attraverso la realizzazione del ponte che in quest’ottica diventa un’opera fondamentale e strategica“, ha aggiunto il candidato del Pd e di Alfano, che nei sondaggi è dato fuori dalla battaglia per la Presidenza della Sicilia.
“Micari fa tre autogol: da candidato, da rettore e da ingegnere“, è il commento del candidato della sinistra, Claudio Fava. “Da ingegnere – argomenta Fava – perché Micari dovrebbe sapere l’infinita precarietà di questo progetto. Da rettore, perché sa quanti studi ci sono stati nel tempo che hanno confermato l’insostenibilità economica dell’opera e da candidato. E poi perché dovrebbe conoscere i dati sulla velocità media dei treni in Sicilia”. “Ma lui sembra rimasto agli anni Sessanta”, conclude Fava.