La capogruppo del Pd Roberta Crudeli ha presentato un’interrogazione per chiedere conto al sindaco M5S Francesco De Pasquale della posizione di Sarah Scaletti: “I settori marmo ed ambiente sono strettamente legati tra loro”. L'assessore è moglie del commercialista Paolo Righini, che ha cariche in molte società del settore, e fino a novembre 2016 era azionista di Sviluppo Immobiliare SI
Quando ad agosto ilfattoquotidiano.it ha scritto della vendita a uno dei più importanti gruppi del marmo di alcune quote societarie da parte di Sarah Scaletti, attuale assessora alla Tutela dell’ambiente di Carrara, in comune è scoppiato il putiferio. Con strascichi arrivati fino ai giorni scorsi: la capogruppo del Pd Roberta Crudeli che ha presentato un’interrogazione per chiedere conto al sindaco del M5S Francesco De Pasquale di quello che definisce un “palese conflitto di interessi”, visto che “i settori marmo ed ambiente sono strettamente legati tra loro”. Il sindaco ha negato ogni questione di opportunità, “perché non c’è nessuna contiguità tra l’assessore e gli imprenditori del lapideo”. Resta però un fatto sinora passato sottotraccia nei botta e risposta tra maggioranza e opposizioni. Scaletti è moglie del commercialista Paolo Righini e fino a novembre 2016 era socia in Sviluppo Immobiliare SI srl di Giorgio dell’Amico, che con Righini condivide uno studio associato. E sia Righini che Dell’Amico hanno cariche in diverse società operative nel settore del marmo. Questioni che mettono a rischio l’indipendenza di Scaletti? “Non mi sento vincolata da questi rapporti professionali in essere, che io personalmente non ho – risponde l’assessora -. Le autorizzazioni all’escavazione, per di più, vengono rilasciate dal settore marmo del comune e non dal settore ambiente”.
Sviluppo Immobiliare e la fiduciaria svizzera
Facciamo un passo indietro. Il punto di partenza è stato il caso Fermet, la società un tempo leader nella lavorazione dei rottami ferrosi che secondo il procuratore capo di Massa Aldo Giubilaro è finita in rapido declino a seguito di una truffa di cui ritiene responsabili quattro nomi eccellenti: il noto commercialista Giulio Andreani, l’avvocato Sergio Menchini, l’ex dirigente dell’Agenzia delle Entrate Eraldo Cerisano e l’imprenditore Emanuele Ricciardi, fratello di Alberto Ricciardi, il patron della Fermet ai danni del quale sarebbe avvenuta la truffa. Tutti e quattro hanno ricevuto un avviso di chiusura delle indagini, preludio di un probabile rinvio a giudizio. L’ultimo bene di Fermet finito all’asta è stata l’area dove la società svolgeva le sue attività, l’ex stabilimento Italcementi. Ad aggiudicarselo per meno di 4 milioni di euro lo scorso dicembre è stata proprio Sviluppo Immobiliare SI srl, una società oggi di proprietà di due importanti gruppi del marmo, quello della famiglia Rossi e quello della famiglia Franchi, che ne possiedono il 50% a testa, rispettivamente attraverso Il Fiorino srl e Franchi Umberto Marmi srl. Come già raccontato da ilfatto.it, fino a fine novembre 2016 il 50% di Sviluppo Immobiliare SI srl era detenuto dalla Scaletti, che poco prima dell’asta per l’area Fermet, e quando non era ancora assessora, ha venduto le sue quote a Franchi Umberto Marmi srl. Quelle quote, Scaletti le aveva acquistate nel 2014 dalla fiduciaria svizzera Eco Fid sa, a cui lei stessa ne aveva venduto una parte nel 2009. Secondo le spiegazioni date da Scaletti ai giornali locali, Sviluppo Immobiliare SI era proprietaria di un immobile e l’utilizzo della fiduciaria serviva a garantire “migliore protezione del patrimonio”, mentre la sede svizzera offriva “maggiore riservatezza” rispetto a una italiana. Sui rapporti con i big del marmo, Scaletti ha poi assicurato che questi si sono limitati “alla vendita delle mie quote alla Franchi Umberto Marmi. Loro avevano necessità di affidarsi a una società che operasse nella gestione, costruzione e amministrazione di immobili e invece di crearne una ex novo ne hanno cercata una già esistente”.
I legami di Dell’Amico e Righini col marmo
Se al di là della vendita di quote, che le ha fruttato una plusvalenza di 35.750 euro, Scaletti non ha altri rapporti con le società del marmo, ad averceli è suo marito Righini. E Dell’Amico, cioè colui che deteneva l’altra metà delle quote di Sviluppo Immobiliare SI, quella finita a Il Fiorino srl, società di cui Dell’Amico è anche membro del collegio sindacale. Dettaglio che si aggiunge al fatto che Dell’Amico, fino a una telefonata ricevuta da ilfatto.it lo scorso 2 agosto, era anche amministratore unico di Sviluppo Immobiliare SI, con una sovrapposizione tra ruolo di controllo come sindaco e amministratore nella società partecipata di dubbia opportunità.
Dell’Amico, oggi a processo per il crac di Erre Erre, ha rapporti con il mondo del marmo che vanno al di là di Il Fiorino srl. È infatti il liquidatore di Progetto Carrara, la società del comune di cui in passato è stato amministratore unico. Progetto Carrara si è occupata della realizzazione della Strada dei marmi, un’arteria che collega le cave al porto e alla ferrovia e che l’amministrazione dei Cinque stelle ha di recente aperto al traffico delle auto, in aggiunta ai Tir che già circolavano. La strada passa di fianco allo stabilimento ex Fermet finito all’asta. Un particolare: l’area, secondo le perizie di Fermet, aveva un valore stimato in 11 milioni. Sviluppo Immobiliare SI, dopo una serie di aste andate deserte, se lo è aggiudicato per meno di quattro, valore destinato ad aumentare non poco nei prossimi mesi, considerata la posizione strategica lungo la Strada dei marmi.
E ora veniamo a Righini, socio di studio di Dell’Amico e marito di Scaletti. Righini siede nel collegio sindacale di più d’una realtà legata al lapideo, compreso Il Fiorino srl, in cui è presidente del collegio, stesso ruolo ricoperto in Il Fiorino spa (altra società della famiglia Rossi dove l’indagato Giulio Andreani è sindaco effettivo e Dell’Amico sindaco supplente) e in Graziani Marmi (qui Dell’Amico è sindaco). Righini è poi sindaco di Marmi Carrara (il presidente del collegio è Andreani, Dell’Amico è stato sindaco supplente fino al 2015), società al 50% della famiglia Bin Laden e al 25% a testa delle famiglie Rossi e Franchi che possiede metà delle quote di Sam, la Società apuana marmi detentrice di un terzo dei diritti di escavazione sui bacini carraresi. Una delle cassaforti del ‘potere bianco’, insomma. Righini e Dell’Amico ricoprono cariche anche in società che con le cave non c’entrano, come nel collegio sindacale di Immobiliare Nuova Valtellina, spa partecipata da tre società lussemburghesi che fino a due anni fa controllava al 100% una società quasi omonima a quella da cui siamo partiti, Sviluppo Immobiliare srl, messa in concordato preventivo a cavallo tra il 2014 e il 2015.
Scaletti: “Le cave non dipendono dal mio assessorato”
Ma tornando al marmo, Righini spiega i suoi diversi incarichi con la sua professione: “Faccio il commercialista – risponde a ilfatto.it – secondo voi con chi devo avere rapporti a Carrara?”. Mentre Scaletti non crede che la sua vicinanza a Righini e Dell’Amico possano mettere a rischio la sua indipendenza di amministratore pubblico: “In precedenza molti altri esponenti politici hanno avuto legami con il mondo del marmo. In tutta franchezza non mi sento vincolata da questi rapporti professionali in essere, che io personalmente non ho”. E sminuisce il ruolo del suo assessorato nella partita delle cave: “Io ho le deleghe all’ambiente, le deleghe al marmo le ha un’altra persona. Nel comune di Carrara l’equazione marmo uguale ambiente non è così scontata come potrebbe sembrare. Le autorizzazioni all’escavazione vengono rilasciate dal settore marmo e non dal settore ambiente. Il provvedimento ultimo, quello di valutazione di impatto ambientale, è rilasciato dal settore marmo, mentre il settore ambiente dà un parere”.
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