Il suo futuro, dice, non lo conosce nemmeno lui. Ma qualche opzione al presidente del Senato Piero Grasso ce l’ha, raccontano i giornali principali. Una è stata visibile ieri alla festa di Mdp, a Napoli, dove l’intesa con i dirigenti e soprattutto con la platea ha fatto scattare più di un applauso scrosciante. Nel merito delle cose (Ius soli, codice antimafia, legge elettorale), ma anche sul piano politico: “Io mi sento ragazzo di sinistra e chiedo alla sinistra di non fare passi indietro sui principi, sui principi. Non possiamo metterli da parte, quando chiediamo i voti”. Secondo Repubblica è una autocertificazione: per il giornale di Mario Calabresi, Pierluigi Bersani ha già chiesto al presidente del Senato di fare il leader delle forze a sinistra del Partito Democratico. Lui non può che schermirsi, visto che ricopre una carica istituzionale almeno fino all’inizio di primavera. Molte delle parole di Grasso danno un senso di sollievo a quelli di Mdp, che ormai nel centrosinistra sembrano smarrite. Per esempio: “Non c’è futuro per la politica se non si applica l’etica nella politica. Indipendentemente dalla legge elettorale, il problema è la scelta dei candidati prima che intervengano indagini, processi o condanne”. O ancora sullo Ius soli: “Mi meraviglia che si dica no a una legge che si ritiene giusta. Mi sembra che si punti di più a valutazione di ordine elettorale che alla giustezza della legge”. Oppure sul codice antimafia: “E’ nel programma del Pd, per una volta che attuiamo il programma non si può tornare indietro. Poi valutiamo la sua applicazione. Io stesso ho istituito un ufficio per monitorare la legge, ma guai a tornare indietro”. Nelle stesse ore il presidente del Pd Matteo Orfini ha definito quella legge “un cedimento a una visione giustizialista”. Il chiaroscuro fa battere ancora di più le mani (e il cuore) della platea di Mdp.
E forse per questo Bersani punta di nuovo su Grasso, dopo aver “inventato” la candidatura dell’ex procuratore nazionale antimafia prima al Senato e poi come presidente di Palazzo Madama. Una figura come l’ex magistrato potrebbe annullare l’effetto distruttivo di Massimo D’Alema che ancora una volta alcuni giorni fa, con un’intervista al Corriere della Sera, ha cercato di sfasciare tutto, ribadendo da una parte che non c’è alcuna possibilità di fare un’alleanza con Renzi e dall’altra chiedendo a Pisapia maggiore coraggio, riducendo alla marginalità i tentativi del leader di Campo Progressista.
Poiché, tuttavia, il dialogo c’è se si è in due, questo ragionamento tiene perché dall’altra parte c’è chi lavora per avvicinare il Pd a quest’area alla sua sinistra. Non è solo Andrea Orlando – che su questo tema ha fissato la sua campagna congressuale, poi finita male – ma soprattutto, di nuovo, l’area cattolica di sinistra del Pd. Una fetta di partito che ha dimostrato nei mesi scorsi di tenere testa al segretario Matteo Renzi specie sul discorso delle coalizioni (Dario Franceschini) e di mitigare l’effetto dell’ “aiutiamoli a casa loro” scritto dal leader democratico nel libro Avanti (Graziano Delrio). Proprio i due leader ex popolari ed ex ulivisti, ex esponenti dell’allora sinistra democristiana, non a caso entrambi emiliani, sono mittenti e destinatari dei messaggi di pace. “Non chiudo il dialogo a sinistra con Mdp e Pisapia – dice apertamente il ministro dei Trasporti – Spero che abbia successo il loro tentativo di allargare il campo di centrosinistra. Io non sono un esponente di un partito di destra”. Franceschini, invece, racconta Repubblica, ha visto proprio Bersani. “Faccio fatica – dice il ministro della Cultura – a pensare Bersani, Civati e D’Alema come avversari. Certo, le ferite sono ancora aperte, però la scissione non è avvenuta sulle linee politiche, ma sulle persone. Si può non stare nello stesso partito, ma essere nella stessa coalizione”. Renzi ha dato l’ok a questo faccia a faccia, ma si fida fino a un certo punto, anche perché non vorrebbe che le elezioni siciliane – che si annunciano disastrose per il Pd più che per Mdp – diventino un cavallo di troia per una legge elettorale che spinga in modo più deciso verso le coalizioni (il Rosatellum su questo punto è molto annacquato).
Resta l’operazione di Bersani per portare un “irresistibile“, Grasso, a fare il volto efficace e non consunto della nuova area a sinistra del Partito democratico. D’altra parte il presidente Grasso non ha solo detto di essere stato di sinistra. Un’idea di quale area gli interessi lo ha fatto capire nelle ultime settimane partecipando in serie alle feste del Pd, di Sinistra Italiana e poi di Mdp. “Questa è stata un’esperienza entusiasmante – dice dal palco della festa di Articolo 1 – Il mio futuro non lo conosco. Da presidente del Senato non posso dire nulla, altrimenti domani non potrei presiedere l’Aula. Ancora non lo so. Se c’è la possibilità di fare quel percorso visionario potrei iniziarlo insieme a chi è più visionario di me”.
E chi c’è di più visionario di Giuliano Pisapia che sempre da quelle parti insiste – ancora ieri – nel voler rifondare una sorta di Ulivo, un centrosinistra unito e dialogante al suo interno? Grasso potrebbe diventare, così, l’ufficiale di collegamento che ancora manca perché i tentativi di Pisapia, per il momento, sono finiti senza esito. “Io non voglio far parte di una sinistra minoritaria che non incide – replica allora l’ex sindaco di Milano – Per cambiare il paese devi contare”. Durante un appuntamento di Campo Progressista a Mantova, Pisapia ribadisce che serve “un nuovo centrosinistra per cambiare l’Italia, capace di essere innovativo e di aprirsi al mondo del volontariato, dell’ambientalismo e di tutte le altre realtà sociali: se qualcuno vuole fare solo testimonianza lo dica”. Pisapia racconta di aver parlato con Enrico Letta e Romano Prodi perché il modello è ancora l’Ulivo. Sì, ma D’Alema? “Della sua intervista al Corriere mi hanno dato fastidio due frasi. La prima, quando ha parlato della mia storia politica dicendo, malgrado quella: io la rivendico. Poi quando ha detto che io devo avere più coraggio. Ma più coraggio della sfida di salvare sinistra e centrosinistra che cosa c’è? E il coraggio di sfidare Lega e centrodestra che ho avuto a Milano quando sembrava una missione impossibile? Bisogna stare più attenti. Io sono sempre stato coerente”. Quanto alle accuse di essere oscillante, ambiguo ha risposto: “Io non tentenno. Forse c’è chi non ha ancora deciso di andare fino in fondo a questo percorso. Chi ha il compito di federatore deve essere prudente; per trovare punti di incontro nobili e non inciuci bisogna ascoltare tutti e fare anche dei passi indietro”.