“Anche per l’anno 2015 non è stato possibile asseverare crediti e debiti reciproci alla data del 21/12/2015” scrivono gli esperti dell'Organismo di revisione economico finanziaria che, a gennaio 2017, hanno sollecitato “la definizione delle partite sospese”. Indirettamente il riferimento dei revisori è quindi ai bilanci approvati da Ignazio Marino e prima di lui da Gianni Alemanno e Walter Veltroni
I conti del Comune di Roma non quadrano da tempo. Ma l’Organismo di revisione economico finanziaria (Oref) del Campidoglio ne prende atto definitivamente solo nella relazione protocollata il 28 settembre 2017. È con questo documento che l’Oref boccia con parere non favorevole il consolidato 2016 di Roma Capitale. Il motivo? Non ritiene che “le risultanze esposte nel bilancio rappresentino in modo veritiero e corretto la reale consistenza economica, patrimoniale e finanziaria del gruppo amministrazione pubblica di Roma Capitale”. Tuttavia, nello stesso documento, i tre revisori (Federica Tiezzi, Carlo Delle Case e Marco Raponi) ammettono che da anni crediti e debiti delle partecipate iscritti nel bilancio del Campidoglio non coincidono con quelli registrati nei documenti contabili delle controllate.
“Anche per l’anno 2015 non è stato possibile asseverare crediti e debiti reciproci alla data del 21/12/2015” scrivono gli esperti dell’Oref che, a gennaio 2017, hanno sollecitato “la definizione delle partite sospese”. Indirettamente il riferimento dei revisori è quindi ai bilanci approvati da Ignazio Marino e prima di lui da Gianni Alemanno e Walter Veltroni. Tuttavia, ad aprile 2017, chiedono al sindaco Virginia Raggi di “procedere con urgenza a tale adempimento anche in vista dell’imminente scadenza della redazione del bilancio consolidato” del Campidoglio.
L’operazione di pulizia risulta però tutt’altro che banale e soprattutto difficilmente realizzabile in un solo esercizio. Lo testimonia il fatto che da ormai cinque anni il rendiconto della Capitale è corredato da un allegato al consuntivo sugli organismi partecipati per la progressiva “armonizzazione” delle partite di crediti e debiti delle controllate. “L’obbligo di riconciliazione (delle partite debitorie e creditore, ndr) è stato sancito con un decreto legge del 2012 – ha spiegato nell’assemblea capitolina il ragioniere generale del Campidoglio, Luigi Botteghi – Tale prescrizione è stata puntualmente disattesa negli anni. Solo quest’anno con bilancio consolidato si è dato inizio alla vera a propria attività di riconciliazione”.
Tutto questo lo sanno bene anche all’Oref. Non a caso, nella relazione al previsionale 2017-2019, i revisori hanno ritenuto opportuno raccomandare all’amministrazione Raggi il reperimento di “ulteriori spazi di finanza pubblica sia nell’ambito della contrattazione con il governo centrale da effettuarsi entro il 31 maggio, sia attraverso la opportuna definizione dei rapporti con la gestione commissariale”. In altre parole, gli esperti contabili hanno suggerito all’attuale sindaco di seguire le orme di Alemanno che aveva ideato la gestione commissariale per smaltire il maxi-debito ereditato da Veltroni. O, in alternativa, di ripercorrere la strada seguita da Marino, che riuscì a tappare il deficit lasciato da Alemanno grazie ai crediti dell’Atac “restituiti” al Campidoglio dall’amministrazione straordinaria del debito. Virginia Raggi ha deciso però di muoversi diversamente. Forse anche per via del difficile rapporto con il governo e con l’amministrazione straordinaria del debito. Il risultato è che ora le scritture contabili delle partecipate sono diventate una vera spina nel fianco del Campidoglio. Con tanto di certificazione Oref.