Nella corposa discussione che è seguita ai miei precedenti post sulla legge dei vaccini, sono emersi da parte di alcuni lettori dubbi sulla mia tesi circa la non costituzionalità della legge. Siccome io credo che in futuro, anche se in tempi non brevi, sarà su questo terreno che si giocherà la partita o meglio sarà la casistica che ci imporrà di aggiustare la legge in corso d’opera, desidero chiarire questa questione.

Dico subito che l’argomento dell’anticostituzionalità non sarà sufficiente a cancellare la legge ma servirà a ridimensionare la coercizione dell’obbligatorietà cioè a ridurre in modo significativo il numero dei vaccini giustificati ad essere obbligatori; servirà inoltre a garantire un eguale diritto del bambino all’accesso scolastico anche perché non c’è alcuna ragione profilattica valida per escluderlo dalla scuola pubblica.

Invito coloro che hanno avanzato dubbi a non limitarsi a citare l’articolo 32 della Costituzione sia perché a questo articolo sono seguite alcune sentenze della Corte costituzionale sia perché lo stesso articolo è stato abbondantemente integrato da una corposa legislazione che di fatto lo ha interpretato nel senso sottinteso dalla riforma sanitaria del 1978 (L.833).

Ma andiamo all’osso della questione: il nostro paese ha vaccinato sino ad ora la propria popolazione su base consensuale, come indicato dall’Organizzazione mondiale della Sanità; poi d’improvviso il governo, in nome dell’interesse collettivo, ha deciso di cambiare strategia e di imporre l’obbligatorietà perché in Europa (questa la motivazione ufficiale) si è registrato un calo della copertura vaccinale.

Questa non è una scelta scientifica ma politica e in quanto tale pone il problema della Costituzione che in nome dell’interesse collettivo dice che è possibile trascendere il diritto individuale ma solo a condizione che ciò non sia lesivo per la salute del cittadino. Le varie sentenze (la 1990 n. 307 diventata poi legge n. 210/1992; la n. 20 del 23 giugno 1994) hanno subordinato il perseguimento dell’interesse collettivo a tre “se” cioè a tre subordinate, che:
– il trattamento giovi tanto al singolo quanto alla collettività in modo da giustificare la “compressione dell’auto-determinazione dell’uomo”;
– il trattamento non nuoccia alla salute della persona salvo effetti di “scarsa entità”;
– comunque sia prevista una “equa indennità” in favore del danneggiato.

Sull’interpretazione di questi principi ovviamente c’è discussione, da una parte la Commissione Affari Costituzionali del Senato ha negato problemi di anticostituzionalità ma dall’altra la Corte di giustizia europea li ha fortemente ribaditi affermando che i vaccini causano a volte dei danni alla salute individuale di diversa entità e che tali danni possono essere provati, anche senza consenso scientifico, su nesso di causalità.

Per me l’obbligatorietà indifferenziata è anticostituzionale semplicemente perché non tutti i vaccini, resi obbligatori, riescono a tradurre il vantaggio di salute per l’individuo in vantaggio collettivo per la popolazione. Cioè la legge imponendo l’obbligatorietà indiscriminata, viola il primo “se”. Vi sono vaccini (alcuni sostengono 6 su 10), come ad esempio quello contro il tetano, che valgono come protezione individuale ma non collettiva.

Discorso ovviamente diverso per le malattie innegabilmente contagiose. Gli epidemiologi seri, cioè indipendenti, sostengono che comunque, il rapporto vantaggio individuale/vantaggio collettivo, andrebbe valutato, con cura, vaccino per vaccino, al fine di: differenziare, in modo mirato, le strategie profilattiche, per funzionare meglio, nel senso dell’efficacia, quindi spendere di meno e per risparmiare ai cittadini inutili disagi.

Ma questo è esattamente quello che la legge sull’obbligatorietà indiscriminata non ha voluto fare. Per quei vaccini, nei quali prevale il vantaggio del singolo su quello collettivo, è improprio invocare l’interesse collettivo quindi è impropria l’obbligatorietà. Se un cittadino decide volontariamente di non vaccinarsi contro il tetano, nel caso dovesse insorgere la malattia egli, dal punto di vista strettamente epidemiologico, fa un danno a se stesso ma non alla collettività. Ma se è così perché invocare l’interesse collettivo per renderlo obbligatorio?

Sia chiaro, cioè a scanso di equivoci, i problemi di anticostituzionalità non vogliono dire che dobbiamo rinunciare a fare una legge, al contrario la legge va fatta ma in linea con la Costituzione. Questo, cari signori, significa che non sono molti i vaccini da rendere giustificatamente obbligatori e che con l’obbligatorietà si è esagerato.

Ma se per certi vaccini non si può invocare l’obbligatorietà in nome dell’interesse collettivo e questa viene invocata comunque, allora è chiaro che lo si fa per assecondare interessi che con l’interesse collettivo centrano poco; se l’obbligatorietà è una misura non giustificata da impellenti ragioni epidemiologiche allora è innegabile che allo stesso tempo essa è un vantaggio per chi vende vaccini.

Il calo della copertura vaccinale va recuperato ma ricorrendo a modi mirati di fare la profilassi, a partire da un principio banale di adeguatezza: se ad ogni malattia corrisponde un vaccino e ad ogni vaccino corrisponde uno specifico rapporto tra vantaggio individuale e vantaggio collettivo, allora ogni vaccino ha una sua specifica epistemologia profilattica.

Insomma la vaccinazione va fatta, ma facendo evolvere le regole che ci ha fornito l’Oms, non cancellandole, inventando epidemie che non esistono e confondendo il vantaggio individuale con quello collettivo. Quindi si tratta di ridurre all’indiscutibile il numero dei vaccini obbligatori sapendo noi bene che oggi, con la crescente sfiducia della gente nei confronti della medicina e dei medici, la vaccinazione non può passare per la riduzione delle libertà individuali, libertà – va rimarcato – sulla quale l’Oms, ancora oggi, fonda la sua strategia di profilassi consensuale e responsabile.

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