L'esecutivo è stato l'ultimo a fare una dichiarazione sui fatti catalani: Alfano e Gentiloni hanno parlato dopo un giorno e mezzo. E mentre la Lega cavalcava la storia, il Pd si appassiona alle tensioni in piazza a Torino per dare contro alla Appendino e lasciare parla solo Fassino. Il segretario intanto su facebook posta commenti sui dati dell'Istat e sulla festa dei nonni
A una certa ora del giorno in cui anche perfino Pisicchio e Colaninno hanno già detto la propria sui fatti di Barcellona, 29 ore dopo la prima carica della polizia spagnola sugli elettori in coda ai seggi, anche il governo italiano ha trovato il modo di dire la propria. Il ministro degli Esteri Angelino Alfano ha potuto tirare un sospiro di sollievo, prima il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e poi l’Unione Europea: “Ci riconosciamo nelle parole del presidente Mattarella e in quelle della commissione europea e condividiamo la scelta del premier spagnolo Rajoy di convocare le parti politiche per avviare un dialogo”. Avesse potuto, avrebbe forse anche evitato. Ma pareva brutto, poteva davvero dare nell’occhio parlare d’altro (di ecoturismo oppure di progetti Erasmus) proprio durante il forum italo-spagnolo al quale partecipava anche il ministro degli Esteri spagnolo Alfonso Dastis. Gentiloni ha poi parlato allo stesso forum italo-spagnolo: “Nel rispetto totale delle leggi, dello stato di diritto e della costituzione unitaria spagnola, mi auguro che ci sia una chance per il dialogo, si eviti una spirale di violenze e sia dia spazio alla politica per una ricerca di soluzioni. L’Europa da una parte deve riconoscersi nella Costituzione spagnola e dall’altro, deve incoraggiare la ricerca di soluzioni politiche. Così fanno gli amici”.
Mentre la gente si accalcava fuori dalle scuole e la polizia si accalcava per manganellare la gente fuori dalle scuole, l’Italia non aveva da dire niente. A mezzogiorno di domenica parlava la Scozia con la propria premier Nicola Sturgeon (“Sono scene scioccanti, fate votare la gente”), dopo un paio d’ore parlava il Belgio sempre con il primo ministro Charles Michel (“La violenza non può essere la risposta”), intorno alle tre del pomeriggio parlava il premier della Slovenia Miro Cerar (“Servono soluzioni pacifiche”), alle 18 si è aggiunto il capo del governo della Lituania Linas Linkevicius: “Il dialogo con la propria gente è un dovere per la Spagna. La violenza non aiuterà”. Poco dopo si aggiunge il ministro degli Esteri della Serbia Ivica Dacic: “La Serbia appoggia l’integrità territoriale, l’unità e la sovranità della Spagna”. In Repubblica Ceca il ministro degli Esteri Lubomir Zaoralek definisce gli incidenti “deplorevoli” e spera che non si ripeteranno più. Entro sera parleranno, tra gli altri, il capogruppo dei Socialisti e democratici al Parlamento europeo Gianni Pittella e quello dei liberali dell’Alde Guy Verhofstadt. La notte lascia spazio al giorno e parla anche il presidente francese Emmanuel Macron che dopo una telefonata con il presidente del governo spagnolo Mariano Rajoy ribadisce il suo legame “all’unità costituzionale della Spagna”. Poco prima il ministro degli Esteri della Germania Sigmar Gabriel ha invitato a un “urgente dialogo”. Le immagini “mostrano quanto sia importante interrompere la spirale di escalation”. Dichiarazioni a volte nette, a volte meno, quasi sempre di circostanza, quasi sempre per tutelare questioni interne (ogni Paese ha un problema di indipendentisti). Tanto che Mosca parla di questione interna alla Spagna e non è una sorpresa dopo essersi appropriata di un pezzo di Ucraina. Alla fine, intorno all’ora di pranzo di oggi, ha parlato anche l’Italia per la prima volta. Non con il governo, ma con il presidente della Repubblica: “In questi giorni, ieri particolarmente, in tutta Europa abbiamo ancora una volta verificato che quando prevalgono scontro ed esasperazioni di posizioni si allontanano le soluzioni positive – dice – Diviene più difficile ogni positiva posizione e la cultura può fornire supporto per il dialogo e il confronto che consenta di addivenire a soluzioni condivise”. A quel punto ha potuto parlare anche il governo, con Alfano.
Nelle prime ore d’altra parte molti governi europei scelgonola strada della “non ingerenza”. Nicola Fratoianni, leader di Sinistra Italiana, non è favorevole alla secessione ma chiede a Gentiloni di “intervenire” sul governo spagnolo per fermare le violenze.
Nel frattempo montavano come zucchero filato le dichiarazioni della Lega Nord che a fine mese ha un suo referendum (anche se semi-consultivo) per una maggiore autonomia in Lombardia e Veneto. “Un governo che usa la violenza per sgomberare e chiudere i seggi elettorali, prendendosela con anziani e bambini, è una vergogna” è intervenuto Matteo Salvini, il Carroccio ha annunciato un presidio davanti al consolato di Milano, Roberto Calderoli ha chiesto di interrompere i rapporti diplomatici con Madrid. Dall’altra parte si è scaldata Giorgia Meloni, presidente di Fratelli d’Italia, che ha un’idea diversa fin dal vocabolario: “La Patria è l’ultimo argine alla deriva mondialista, non mi appassiono alle spinte indipendentiste e che vorrebbero dividere o indebolire gli Stati nazionali in Europa”. Forza Italia parla di sconfitta per l’Europa, mentre Alessandro Di Battista (M5s) fa notare che Spagna e Italia tollerano la corruzione, ma non un popolo che decide come, quando e perché votare.
Si aspettava una dichiarazione dei vertici del partito di maggioranza relativa, il Partito Democratico. Ma l’esponente più rappresentativo, il segretario Matteo Renzi, è rimasto in silenzio per un giorno e mezzo. Domenica ha parlato il responsabile Esteri del partito, l’ex ministro Piero Fassino: “Quel che sta accadendo a Barcellona è di particolare gravità e sta scavando un solco di sfiducia e incomunicabilità che può divenire irreparabile”. Poi più niente. Per tutto il giorno i democratici renziani si sono affollati su altri scontri, quelli di Torino durante il G7, approfittandone per criticare la sindaca Chiara Appendino. Di questo parla Renzi all’ora di pranzo della domenica, seguito da tutti i suoi: Stefano Esposito, Alessia Morani, Silvia Fregolant fino al presidente del partito Matteo Orfini. Sulla Catalogna, invece, tutti perdono la lingua. Su facebook Renzi scrive altri due post. Ventiquattro ore dopo le manganellate di Barcellona, parla di Istat e posti di lavoro. Nel pomeriggio, invece pubblica un suo intervento sulla festa dei nonni.