Avanzi primari più contenuti“, come quelli previsti dal governo nella Nota di aggiornamento al Def approvata dal governo, “possono dare benefici temporanei alla crescita, ma di norma si accompagnano a una più lenta riduzione del debito“. Di conseguenza “espongono più a lungo il paese alla volatilità dei mercati” e “rischiano di compromettere la crescita futura”. E’ l’avvertimento lanciato dal vicedirettore di Bankitalia Luigi Federico Signorini in audizione sulla Nota davanti alle commissioni Bilancio congiunte di Camera e Senato a Palazzo Madama. Secondo via Nazionale, ridurre lo sforzo di consolidamento nei conti pubblici – come hanno deciso di fare Palazzo Chigi e il Tesoro – è “gestibile”, ma solo “a patto che gli interventi necessari a conseguire gli obiettivi di medio termine siano definiti chiaramente e attuati senza alcuna incertezza. È il minimo indispensabile”.

Ufficio parlamentare di bilancio: “Niente pareggio nel 2020” – “La credibilità dell’impegno ad assicurare finanze pubbliche in ordine”, ha ricordato Signorini, “è condizione necessaria affinché un graduale ritorno alla normalità delle condizioni monetarie e finanziarie nell’area dell’euro”, cioè la fine del quantitative easing della Bce, “non implichi un aumento del differenziale tra costo del debito e crescita dell’economia, che a sua volta si tradurrebbe – come un circolo vizioso – in un peggioramento della dinamica del debito”. L’Ufficio parlamentare di bilancio dal canto suo ritiene che l’aggiustamento “più graduale” ipotizzato nella Nota abbia “un grado maggiore di realizzabilità rispetto a quello del Def”, anche se “il sentiero programmatico del debito in rapporto al Pil non sarebbe sufficiente ad assicurare il rispetto della relativa regola numerica entro il 2020″. L’organo indipendente che ha il compito analizzare e verificare le previsioni di finanza pubblica del governo ha validato le previsioni del governo per il 2018 anche se “in presenza di un rischio di revisione al ribasso“, considerando “l’accettabilità della quantificazione relativa all’impatto della manovra di finanza pubblica sulla crescita del pil” pari a 0,3 punti percentuali. Proprio martedì Istat ha rivisto al rialzo (allo 0,5%) la crescita del primo trimestre e al ribasso (a 0,4%) quella del secondo trimestre, lasciando invariata all’1,2% la crescita finora acquisita per quest’anno. Il governo prevede un +1,5% sia per il 2017 sia per il 2018.

La nota di Padoan: “In manovra 5,1 miliardi di nuove entrate” – Il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, arrivato in audizione alle 12:30, ha inviato alle commissioni una tabella che dettaglia alcune voci di uscita e le coperture della prossima legge di Bilancio, da varare entro il 15 ottobre. Arriveranno da circa 9 miliardi di deficit aggiuntivo, 3,5 miliardi di tagli di spesa (compreso il miliardo l’anno a carico dei ministeri con la nuova spending review) e 5,1 miliardi di nuove entrate, rappresentate da “misure allo studio che mirano a ridurre l’evasione di alcune imposte, in particolare le indirette”. Quanto alle uscite, le risorse per “competitività e innovazione”, che includono anche le decontribuzioni per i giovani, ammonteranno nel 2018 a 338 milioni, nel 2019 a 2,1 miliardi e nel 2020 a 4 miliardi. Gli stanziamenti per lo sviluppo che comprendono le spese per gli investimenti pubblici saranno pari a 300 milioni nel 2018, 1,3 miliardi nel 2019 e 1,9 nel 2020. I fondi per la lotta alla povertà, reddito di inclusione sociale incluso, sono 600 milioni nel 2018, 900 nel 2019, 1,2 miliardi nel 2020. Per le politiche invariate 2018 vengono stanziati 2,6 miliardi, nei quali rientrano anche i fondi per il rinnovo del contratto degli statali.

Corte dei Conti: “Tagli di spesa hanno sacrificato interi comparti” – Il presidente della Corte dei Conti, Arturo Martucci di Scarfizzi, ha però fatto presente che “l’azione di spending review portata avanti dal governo in questi anni è stata condizionata dalla “urgenza impressa dalla crisi, e dunque dalle esigenze di breve periodo”. Ciò ha comportato “il sacrificio di interi comparti (basti pensare al pesante declino dell’attività di investimento nelle infrastrutture pubbliche) e le difficoltà crescenti nell’offerta dei servizi alla collettività che, in alcuni settori, mostrano una riduzione significativa della qualità delle prestazioni”. Il modo in cui sono stati fatti i tagli, ha continuato il magistrato, ha comportato “distorsioni”. E i margini di manovra disponibili nella prossima legge di bilancio vanno utilizzati per “riparare” la situazione che si è venuta a creare. Martucci di Scarfizzi ha anche auspicato che non ci siano “arretramenti” sul disegno di riforma delle pensioni completato con la legge Fornero, perché questo esporrebbe la finanza pubblica “a rischi di sostenibilità”.

“Nella lotta all’evasione tendenza a cercare risultati immediati” – Quanto all’evasione, il presidente Istat Giorgio Alleva ha ricordato che nel periodo 2012-14 le mancate entrate tributarie e contributive sono ammontate in media a “107,7 miliardi di euro di cui 97 miliardi di mancate entrate tributarie e 10,7 miliardi di mancate entrate contributive”. Inoltre per “il complesso dell’economia, la perdita di efficienza dovuta al sommerso economico è pari a 5,3 punti percentuali; dal punto di vista dinamico, nel periodo 2011-2014, il tasso di crescita della produttività totale dei fattori calcolato includendo l’economia sommersa è inferiore di 1,9 punti percentuali rispetto a quello dell’economia regolare; l’effetto frenante si riscontra in tutti i settori produttivi, ma particolarmente nella manifattura (-3,0 punti percentuali) e nelle costruzioni (-2,3 punti percentuali)”. Le stime presentate confermano come l’economia sommersa rappresenti un freno strutturale allo sviluppo del Paese”.

La lotta all’evasione, ha aggiunto Martucci di Scarfizzi, presenta “per sua natura esiti incerti già nel breve periodo” e di conseguenza “non va sottovalutata una tendenza che, concentrata sulla ricerca di risultati immediati e quindi su interventi non strutturali, potrebbe generare effetti distorsivi sull’assetto del nostro sistema fiscale, che, al contrario, sollecita riforme in grado di recuperare i principi di fondo cui dovrebbe ispirarsi”.

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