La Lis verrà utilizzata nei rapporti con le amministrazioni pubbliche e con gli enti locali e nei procedimenti giudiziari civili e penali e verrà insegnata nella scuola primaria e secondaria di primo grado, mentre nelle scuole superiori e nelle università sarà obbligatorio l'utilizzo di un interprete
Primo via libera in Parlamento per la lingua dei segni. Il ddl, voluto dal relatore Francesco Russo (Pd), è stato approvato al Senato con 133 sì, 1 no e 61 astenuti e passa ora alla Camera. Fino a ieri eravamo l’unico Paese europeo, insieme al Lussemburgo, a non riconoscere il linguaggio con cui comunicano le persone con disabilità uditiva.
La legge riconosce la Lis (Lingua italiana dei segni) “quale lingua propria della comunità dei sordi, equiparandola pertanto a una qualsiasi lingua di minoranza linguistica”, anche se non è una “lingua territoriale”. In termini pratici, il linguaggio dei segni verrà utilizzato nei rapporti con le amministrazioni pubbliche e con gli enti locali e nei procedimenti giudiziari civili e penali. La legge garantisce l’insegnamento della lingua dei sordi nella scuola primaria e secondaria di primo grado, mentre nelle scuole superiori e nelle università sarà obbligatorio l’utilizzo di un interprete. Il ddl incentiva anche i programmi televisivi in cui è utilizzata la Lis e quelli gestiti da sordi. Oltre a ciò la normativa riconosce e tutela i diritti delle persone sorde e la libertà di scelta su modalità di comunicazione e percorsi formativi, ne promuove l’inclusione scolastica e lavorativa nonché la prevenzione, l’identificazione precoce e la cura della sordità e della sordocecità. Viene anche istituito l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con questo tipo di disabilità.
La legge approvata a Palazzo Madama riguarda quasi un milione di persone sorde e le loro famiglie, che da decenni aspettavano una normativa a riguardo. Nel 2009 l’Italia ha ratificato la Convenzione Onu sui Diritti delle persone con disabilità, che tra le altre cose prevede l’adozione delle lingue dei segni, ma per anni non si è mossa, a differenza degli altri Stati dell’Unione europea che l’hanno inserita nei loro ordinamenti. Niente legge significa rimanere tagliati fuori dalle comunicazioni in tutti i luoghi pubblici. “Negli uffici pubblici, ambulatori, ospedali, sui trasporti, al lavoro, nei musei, teatri, cinema non abbiamo pieno accesso all’informazione per mancanza di interpreti Lis. O te li paghi di tasca tua oppure sei fregato”, raccontava a ilfattoquotidiano.it nel 2014 Rosella Ottolini, referente dell’Ente nazionale sordi (Ens) per la Lombardia.
Il ddl, ha spiegato in aula il relatore Francesco Russo, ha avuto un iter parlamentare piuttosto complesso. “Non è stato approvato nelle ultime sei legislature anche perché il mondo dei sordi italiani ha espresso posizioni molto diverse e la politica ha fatto fatica a trovare una sintesi di esse”, ha detto Russo. Durante il dibattito sono state espresse perplessità da parte di Forza Italia, M5S e Sinistra Italiana, che si sono astenute sul provvedimento. Tra le critiche c’è quella espressa da Lucio Malan (FI), secondo cui si aiuterebbero “solo alcuni operatori e non altri”, mentre “le esigenze che dovrebbero venire soddisfatte sono quelle delle persone che hanno problemi uditivi e non degli operatori”.