Una ricerca inglese ha messo in luce come i concessionari valutino meno, e tendano a non prendere indietro se possono, vetture appartenenti a fumatori. Perché le operazioni di "ripristino" (eliminazione odori, eventuali bruciature etc.) sono laboriose e costano: di qui il pesante deprezzamento dell'usato
Fumare nella propria auto? Non si dovrebbe, ma si fa. Punto. Relax, momento con sé stessi, semplice voglia. Ci sta. Eppure, anche questa abitudine ha un “peso” economico, che più di qualcuno si è preso la briga persino di quantificare economicamente. Quanto vale il vizio, dunque? Più di duemila e duecento euro del valore totale del mezzo, tanto per mettere subito le carte in tavola. Il dato deriva da un’inchiesta inglese, nella quale oltre l’87% degli intervistati ha dichiarato di non essere disposto ad acquistare un veicolo di seconda mano precedentemente impiegato da un fumatore abituale. Circa seimila le persone interpellate, più che sufficienti a costituire un campione attendibile; calcolando un potenziale costo di ripristino – odori, macchie, segni di possibili bruciature – il totale arriva per l’appunto a superare abbondantemente i duemila euro in media.
Sarebbe come buttare questa somma dal… finestrino. In realtà, il pubblico coinvolto è quanto mai esteso ed eterogeneo per potersi indirizzare ad una specifica categoria di utenti, come spesso accade. Nella sola Gran Bretagna, ad esempio, sulla base di circa trenta milioni di auto circolanti i fumatori ammontano a circa 7,6 milioni, con un costo totale di ripristino di automobili dove si è fumato potenzialmente prossimo a 8,5 miliardi di euro. Una cifra del tutto assimilabile – se non superiore – a quella che può interessare anche il nostro Paese, nel quale risultano registrati ufficialmente 36,4 milioni di veicoli al 31/12/2016 (fonte UNRAE).
Del resto, ogni volta che proponiamo in permuta il nostro veicolo usato, tra le preoccupazioni più sentite da chi lo ritira risulta proprio lo stato d’uso inerente il fumo a bordo. Emerge in chiaro dalla ricerca inglese operata dalla società britannica Carbuyer: “La prima cosa che un concessionario vuole fare è controllare se l’automobile viene ceduta da un fumatore. Alcuni concessionari confessano di non voler nemmeno ritirare automobili da fumatori, calcolando tempo e spesa per liberare l’abitacolo dagli odori spiacevoli”. Con il conseguente deprezzamento, per l’appunto, calcolato in una cifra di circa 2.200 euro (2.260 per l’esattezza).
Tecnicamente, per “depurare” un veicolo dalle abitudini del tipico fumatore abituale, il lavoro necessario appare in effetti articolato. Serve pulire in profondità l’intera tappezzeria che ricopre gli interni, ma anche sostituire tutti i filtri di bordo e, spesso, operare specificamente sull’intero sistema di trattamento dell’aria. Sono inoltre raccomandati pulizia profonda a vapore, interventi antibatterici e aspirazione a umido. Insomma non si scappa: anche in materia automobilistica, viene ormai quantizzato economicamente il “costo sociale” derivante da uno dei vizi più antichi del mondo. Nonostante finestrino ed eventuale tetto apribile socchiusi anche d’inverno…