Il business dei rifiuti e dell’acqua in mano alla cosca Piromalli che a Gioia Tauro aveva le mani non solo sul depuratore ma anche sul termovalorizzatore. È scattata stamattina all’alba l’operazione “Metauros”. Su richiesta del procuratore capo di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho e dell’aggiunto Gaetano Paci, Polizia di Stato e carabinieri hanno eseguito 7 provvedimenti di fermo. In manette sono finiti imprenditori della zona ma anche il boss Gioacchino Piromalli, detto “l’avvocato”. Nell’inchiesta è indagato pure il boss di Siderno Giuseppe Commisso, già detenuto.
I provvedimenti di fermo riguardano la gestione del termovalorizzatore che, stando a quanto accertato dagli inquirenti, è stato costruito e gestito sempre dalla potente famiglia della Piana di Gioia Tauro. “L’indagine ‘Metauros’ – afferma il procuratore De Raho – ha disvelato che la ‘ndrangheta controlla sostanzialmente il termovalorizzatore sin dalla costruzione, dalla successiva gestione con l’inserimento di imprese per la manutenzione”. Gli investigatori sono riusciti a ricostruire come tutto si muoveva ed era finalizzato a vantaggio della cosca Piromalli: “Gli indagati – aggiunge il procuratore – avevano creato un meccanismo di imprese di trasporto dei rifiuti dai luoghi di raccolta (Crotone, Sambatello, Siderno) che attraverso la sovrafatturazione dei costi riuscivano a coprire la tangente che spettava alla ‘ndrangheta. Sia quella dei Piromalli che quella dei Commisso di Siderno”.
Associazione mafiosa, concorso esterno con la ‘ndrangheta, estorsione e intestazione fittizia di beni aggravata dalle modalità mafiose. Sono questi i reati contestati dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria che ha eseguito pure un decreto di sequestro preventivo d’urgenza relativo alle quote azionarie della Iam, la “Iniziative Ambientali Meridionali Spa” che, a ridosso del porto di Gioia Tauro, gestisce da molti anni il depuratore. Anche qui, il meccanismo era lo stesso: “Quello della sovrafatturazione dei costi– ribadisce Cafiero – finalizzata a coprire il peso della tangente da dare ai clan”. A proposito del depuratore Iam, infine, nell’inchiesta è emerso l’interessamento della cosca Piromalli non solo nel riscuotere la mazzetta dagli imprenditori che operano nel suo territorio, ma anche nella trasformazione illegale degli scarti industriali in fertilizzanti”.
Il procuratore interviene anche sull’eventuale rischio per la salute pubblica: “Sotto questo profilo è tutto da verificare. Quello che è stato accertato è che i fanghi che provenivano dalla depurazione, anziché essere trattati secondo le norme di legge sono stati trasformati in fertilizzanti e questo fa pensare che siano stati utilizzati per usi agronomici”.
Il provvedimento di sequestro ha riguardato non solo la Iam ma anche altre quattro società calabresi e cinque società siciliane che avrebbero smaltito illecitamente gli scarti industriali modificando i codici del rifiuto in modo da abbassare i costi.
Oltre al boss Gioacchino Piromalli, già condannato per mafia nel processo “Porto”, la squadra mobile e i carabinieri del Comando provinciale e del Noe hanno fermato l’ex sindaco di Villa San Giovanni Rocco La Valle (imprenditore nel settore dei trasporti su gomma), ritenuto il “collettore” delle tangenti e unico interlocutore delle cosche “beneficiarie” del compendio estorsivo imposto alle società che hanno gestito nel corso del tempo il termovalorizzatore di Gioia Tauro. In manette è finito pure l’avvocato Giuseppe Luppino, ex presidente del consiglio d’amministrazione di Piana Ambiente Spa e consulente esterno dell’ufficio legale del commissario straordinario per l’emergenza rifiuti in Calabria. Secondo gli inquirenti, Luppino era l’uomo politico di riferimento dei Piromalli nell’opera di instradamento verso il termovalorizzatore di Gioia Tauro, attraverso l’impresa dei fratelli Giuseppe, Domenico e Paolo Pisano, anche loro fermati nel blitz di stanotte perché ritenuti le “teste di legno” dei boss Piromalli.
Nell’inchiesta è coinvolta anche una poliziotta, compagna di uno degli imprenditori Pisano, oggi in servizio alla questura di Firenze. Nella sua abitazione è stata eseguita una perquisizione. La donna è indagata per aver compiuto un accesso abusivo al sistema informatico del ministero quando era in servizio nella Piana di Gioia Tauro. “In sostanza – spiegano il questore Raffaele Grassi e il capo della Mobile Francesco Rattà – si è intromessa nella banca dati per dare informazioni al suo compagno”.
L’ultimo provvedimento di fermo eseguito stanotte è stato quello nei confronti di Francesco Barreca, titolare della B.M. Service srl che, stando alle dichiarazioni del pentito Salvatore Aiello, era una ditta di fatto riconducibile all’ex sindaco di Villa San Giovanni Rocco La Valle. Per ogni camion che dalle cinque province calabresi trasportava rifiuti al termovalorizzatore di Gioia Tauro, alla cosca Piromalli sarebbero entrati 80 euro.
“Siamo in presenza – ha affermato durante la conferenza stampa il procuratore aggiunto di Reggio Gaetano Paci – di quella borghesia mafiosa che, negli anni, ha deciso le politiche ambientali del territorio”. Non è un caso, infatti, che il termovalorizzatore sia l’unico in tutta la Calabria e ha una capacità di 40mila tonnellate di rifiuti solidi urbani all’anno.
“Questa è la ‘ndrangheta unitaria, che pensa, che decide e che si muove nelle strategie economiche. – conclude il procuratore De Raho – È un livello superiore che ha determinato i guasti di questa Regione. I Piromalli hanno controllato il territorio e sono riusciti a decidere addirittura dove doveva essere realizzato il termovalorizzatore. Inizialmente il progetto prevedeva che dovesse essere a Palmi e loro lo hanno spostato a Gioia Tauro”.