La corte di Cassazione emettendo le sentenze che chiudono, seppur parzialmente, il processo per il crac del gruppo societario dell'imprenditore romano. Per il banchiere tre anni della condanna sono coperti da indulto. L'ex patron della Lazio, invece, ovrà essere processato di nuovo: gli ermellini, infatti, hanno annullato con rinvio la sua condanna a otto anni e otto mesi
Una condanna che diventa definitiva per Cesare Geronzi e un nuovo processo per Sergio Cragnotti. Lo ha deciso la corte di Cassazione emettendo le sentenze che chiudono, seppur parzialmente, il processo per il crac della Cirio. Il banchiere Geronzi, infatti, è stato condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione: tre sono, però, coperti da indulto. L’ex patron dell’azienda dei pomodori pelati, invece, dovrà essere processato di nuovo: gli ermellini, infatti, hanno annullato con rinvio la sua condanna in secondo grado in relazione al capo d’accusa più grave. È la vicenda ‘Bombril‘ che era costata all’imprenditore una pena di sette anni di reclusione, mentre in totale Cragnotti era stato condannato a otto anni e otto mesi. “Si tratta di un risultato straordinario per Cragnotti e i suoi famigliari. Come difensori siamo molto soddisfatti perché la Corte d’Appello dovrà rivalutare tutta la vicenda a partire dal capo principale”, ha detto l’avvocato Massimo Krogh, legale dell’ex patron della Lazio, commentando la sentenza della Suprema corte.
Soddisfatto anche l’avvocato Claudio Coratella che rappresenta centinaia di piccoli risparmiatori. “È una sentenza molto equilibrata ed è il giorno della rivincita morale e materiale per centinaia di migliaia di risparmiatori traditi che hanno perso tutto nel crac Cirio e che oggi ricevono giustizia dallo Stato”, dice il legale dei piccoli azionisti arrivati fino alla Cassazione pur di rifiutare la strada delle transazioni. “La sentenza – continua il legale – prevede immediatamente l’esecutività del risarcimento per il 5% delle somme perse da ciascun risparmiatore danneggiato nel crac Cirio e per ottenerla sarà necessario aspettare il deposito delle motivazioni del verdetto. Poi si aprirà la strada, davanti al giudice civile, per chiedere il risarcimento integrale di tutti i danni subiti e lo chiederemo a tutti gli imputati che sono stati condannati. Il popolo dei truffati dal crac dei bond con il marchio dei pomodori pelati ammonta a circa 30-40 mila risparmiatori, alcuni dei quali avevano anche acquistato azioni Cirio dai promoter bancari”.
I Supremi giudici oggi si sono espressi anche su tutte le altre pendenze giudiziarie del crac. Diventano definitive quindi le condanne per il figlio di Cragnotti, Andrea, che aveva 2 anni e 4 mesi di reclusione coperti da indulto, così come definitiva diventa la prescrizione per bancarotta preferenziale degli altri due figli di Cragnotti, Elisabetta e Massimo. La Cassazione ha inoltre confermato la condanna a 3 anni e 10 mesi per Filippo Fucile, genero di Cragnotti (anche per lui 3 anni coperti da indulto), mettendo il bollo anche sui 3 anni e 4 mesi di reclusione per Ettore Quadrani, consigliere di Cirio. Sentenza irrevocabile di condanna a 2 anni di reclusione, anche per gli ex funzionari della Banca di Roma Pietro Celestino Locati e Antonio Nottola.
In pratica l’unico a potere davvero gioire per le sentenze di oggi è proprio Sergio Cragnotti, che già in appello aveva ottenuto uno sconto della condanna per bancarotta distrattiva a nove anni che gli era stata inflitta in primo grado. Secondo la procura di Roma i due imputati esercitarono pressioni su Callisto Tanzi perché acquistasse Eurolat, società del gruppo Cragnotti, ricavando così oltre al prezzo reale della società anche 200 miliardi di lire. Il prezzo di vendita di Eurolat fu di 829 miliardi di lire. Se l’operazione non fosse andata in porto Tanzi si sarebbe visto ridurre dalla Banca di Roma, presieduta da Geronzi, i finanziamenti per l’attività di Parmalat. I 200 miliardi vennero pagati – sempre secondo l’accusa – per saldare i crediti vantati dalla Banca di Roma verso la Cirio. Durante la requisitoria alla fine del processo di primo grado la pubblica accusa aveva sottolineato che né Geronzi né Cragnotti avrebbero dovuto usufruire delle attenuanti generiche “per la gravità dei fatti e per il ruolo rivestito nella vicenda”.