Speranza, l’eterno futuro
L’eterno delfino, l’eterno futuro, l’eterno dialogante. Per Vauro “un giovane-vecchio”. A Roberto Speranza quasi tutti riconoscono che è serio, timido, mediatore, coerente, grande ascoltatore, persona perbene, che ha studiato, che ha fatto la gavetta. Più o meno così lo descriveva la Stampa già 4 anni fa, quando già lo indicavano come “futuro leader”. Nel frattempo risulta ancora difficile trovare chi lo consideri uno che riempie le piazze e le urne. Bersani se n’è dovuto andare per un po’ e poi è tornato e Speranza sempre lì è rimasto: sotto la sua ala protettiva. E’ lì sotto dal 2012 quando Speranza era uno dei coordinatori del comitato di Bersani alle primarie per le Politiche.

Spesso si sforza di essere incisivo: “Avevamo promesso più lavoro e stabilità e ci siamo ritrovati il boom dei voucher; avevamo promesso green economy e ci siamo ritrovati le trivelle e il ‘ciaone’; avevamo promesso equità fiscale e abbiamo tolto l’Imu anche ai miliardari”. Ma non se ne accorge nessuno. Fa cose di rottura, coraggiose: si dimise da capogruppo quando la Boschi pose la fiducia sull’Italicum che lui considerava incostituzionale (come poi confermò la Consulta). Ma non se lo ricorda nessuno.

Gli capita di prendere sberle a gratis anche quando non fa niente di che. “Hai la faccia come il culo” gli comunicò Roberto Giachetti quando a Speranza gli venne di proporre il Mattarellum. Mani tra i capelli di Renzi, grida in pé della senatrice Ricchiuti, via alla scissione. Un mesetto prima un tizio gli lanciò addosso un iPad durante la presentazione di un libro a Potenza: “Il Pd vende armi all’Isis!”. L’episodio più doloroso resta quando Repubblica chiese a Bersani se Speranza era l’anti-Renzi: “Lo stimo, non è un segreto. Ma al di là dei nomi serve un segretario che si occupi del partito sdoppiandolo dalla figura del premier e non escludiamo a priori di pescare da campi che non sono del tutto sovrapponibili alla politica. Qualcuno può escludere che in giro ci sia un giovane Prodi?”. Boom, Roberto, sei stato friendzonato.

Sembra sempre il suo momento e il suo momento non arriva mai. Mesi fa aveva finalmente l’occasione per misurarsi (cioè schiantarsi) contro Renzi. Zampettava sui giornali e sulle televisioni dopo la vittoria del No al referendum, in quei giorni figlia del mondo intero. “Arriverà presto il congresso Pd e io ci sarò, mi batterò. Accetto la sfida e sono ottimista perché non sono solo”. E invece un attimo prima gli hanno tolto il partito, nel senso che i suoi tutori hanno deciso di andarsene a fare Mdp. Cos’è ora Speranza?, si chiedono ogni tanto l’un l’altro nelle redazioni. Capogruppo? Possiamo dire leader? No dai, leader no. Forse tipo coordinatore. Provate voi a coordinare ex vendoliani, ex bersaniani, pisapiani e D’Alema.

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Sinistra, il caos dei dirigenti che non diventano leader: da D’Alema il capotavola fino a Pisapia faro già spento

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