di Luigi Mosca* e Mario Agostinelli**
Che cosa rappresenta questo premio Nobel per la Pace? Una speranza per il pianeta, una legittimità per chi lotta per la pace, ma anche – diciamolo – una grande fierezza e un forte incoraggiamento per tutti i membri di Ican (International campaign to abolish nuclear weapons).
Dal 2007, Ican ha accompagnato e promosso tutta una serie di iniziative a partire dalla successione delle tre conferenze (Oslo, Nayarit e Vienna) sulle spaventose e ingestibili conseguenze umanitarie di ogni esplosione nucleare sulle popolazioni e le infrastrutture delle città e sul rischio crescente di una guerra nucleare anche solo per errore, per incidente o per sabotaggio.
In seguito, la società civile, mentre Ican restava in prima linea, ha sviluppato una sinergia con la maggior parte dei Paesi non dotati di armi nucleari, che ha condotto, attraverso una fase preparatoria nel quadro delle Nazioni Unite a New York alla redazione e quindi all’adozione del Trattato internazionale di interdizione delle armi nucleari il 7 luglio scorso. La notizia è stata trascurata dai media nazionali, data con ritardo e, fortunatamente, rivalutata a pieno dal riconoscimento del Nobel.
Che cosa implica questo Trattato? Implica il fatto fondamentale che le armi nucleari sono oramai rese illegali da un trattato internazionale (come è avvenuto per le mine antiuomo e le armi chimiche). Già da ora esso quindi stigmatizza (e per sempre) anche il solo possesso delle armi nucleari, (L’italia le custodisce sotto l’egida Nato a Ghedi e Aviano) e perciò non mancherà di cambiare, e anche radicalmente, il modo in cui le armi nucleari sono sovente percepite dall’opinione pubblica, dai responsabili politici, dai ricercatori, dagli operatori industriali, economici e finanziari, e dai militari!
Tutto ciò permetterà, grazie anche a negoziati multilaterali appropriati, di pervenire all’eliminazione totale delle armi nucleari, la cui irreversibilità sarà garantita da questo stesso trattato d’interdizione. Processo, questo, non certo facile, ma indispensabile, e che sarà sotto la responsabilità di ogni cittadino del mondo.
Sì, certo – direte voi – questa è senz’altro la buona soluzione nel medio e lungo termine, ma che cosa si può fare nell’urgenza della situazione attuale, con dei personaggi “singolari” come Donald Trump e Kim Young-Un, che rischiano, con un colpo di testa, di “schiacciare il bottone”?
La sola soluzione accettabile, come prevede il trattato è quella diplomatica, con, praticamente, l’apertura di negoziati tra gli Usa e la Corea del Nord, nel quadro dell’Onu e grazie a una mediazione della Cina, ben situata per giocare questo ruolo essenziale. Una grande speranza di pace, dunque, ricondotta agli strumenti della responsabilità popolare, della democrazia e della politica. Una vittoria della ragione che parte da Oslo, ma che ha la sua forza di trazione nel diritto della pace di cui i popoli si potranno con riconosciuta legittimità far carico.
* Luigi Mosca dirige l’associazione Abolition des armes nucléaires, aderente al comitato di Ican
** Mario Agostinelli è membro di Rete disarmo e portavoce di Ican alle conferenze Onu