Raccogliere cozze gratis in alternanza scuola-lavoro non è lavoro, è sfruttamento. Scrivere un articolo al giorno per il giornale locale per cinque euro lordi a pezzo non è lavoro, è sfruttamento. Indossare la maglietta fucsia – dell’azienda – e consegnare sushi in bici – la tua – quando ti squilla il telefono – il tuo – per 2,70 euro non è lavoro, è sfruttamento. Fare uno stage retribuito per un anno come apprendista commessa in un negozio di mutande per 400 euro al mese non è lavoro, è sfruttamento. Marcire alla catena di montaggio tre sabati su quattro senza straordinari pagati, nell’azienda che per la crisi di domanda lascia a casa a far niente i cassintegrati, non è lavoro, è sfruttamento. Impacchettare le Nike e le cuffie e le tazze e la cover del cellulare e il maglione che il cliente ha fretta di ricevere il giorno seguente senza poterti fermare per mangiare, pisciare, fumare, parlare non è lavoro, è sfruttamento. Prestare servizio ogni giorno, per anni, alla Biblioteca Nazionale di Roma, pagato con il rimborso degli scontrini del bar che riesci a recuperare dalla pattumiera non è lavoro, è sfruttamento. Aprire una partita Iva per lavorare per quell’unico committente che prima ti faceva il contratto a progetto e che oggi ti spreme dieci ore in uno studio di architettura, nella redazione di un programma tv, in un ambulatorio dentistico, pretendendo che a pagarti i contributi sia tu e negandoti il diritto costituzionale al riposo, alle ferie, alla malattia, il diritto a diventare madre e padre non è lavoro, è sfruttamento. Ramazzare i giardini pubblici per dimostrare che ti meriti di ottenere asilo politico in Italia perché ramazzi le aiuole e non perché ti hanno violentato in un lager in Libia non è lavoro, è sfruttamento. Fare il saldatore in una fabbrica pagato a voucher, lasciarci tre dita, venire per questo lasciato a casa senza sussidi e sostituito con un nuovo saldatore a voucher fino quando non si rompe anche lui non è lavoro, è sfruttamento.
Marta Fana, dottore di ricerca in Economia all’istituto di Studi politici Sciences Po di Parigi e collaboratrice di questo giornale, sembra rinfacciarlo a chi ci governa e ci ha governato: Non è lavoro, è sfruttamento (Laterza)
A Elsa Fornero e Giuliano Poletti che con la scusa di far emergere il lavoro nero lo hanno legalizzato con i voucher, il Poletti ministro che Fana ha pubblicamente smentito quando aveva spacciato per buoni, fregando tutti i giornali che gli avevano creduto, un milione e 195.681 nuovi posti di lavoro. A Renzi che con la scusa di creare lavoro ha cancellato l’articolo 18 e regalato alle imprese l’equivalente di due Finanziarie in sgravi fiscali pregandole di assumere i lavoratori che le imprese, una volta intascati gli sgravi, hanno smesso di assumere. Ai Maroni e ai Sacconi e alle Fornero che con la scusa di creare lavoro lo hanno reso precario, sottopagato, pericoloso, mortificante attraverso le agenzie interinali, l’aumento dell’età pensionabile, la liberazione di ogni forma di lavoro gratuito mascherato da apprendistato, da stage, da attività scolastica.
«Non avete creato lavoro, avete creato sfruttamento». Ma non è a loro che Fana lo dice, in questo volume che mette in fila i numeri e le storie e mappa le vertenze del lavoro povero. Loro lo sanno, lo hanno fatto di proposito. Chi non sapeva dello sfruttamento in agguato eravamo noi, gli sfruttati. Non ci avrebbero ridotto così senza la nostra complicità.
Non ci avrebbero persuaso solo inventandosi che la colpa era degli altri: degli immigrati che ci rubano il lavoro pure se gli immigrati siamo noi, quelli che partono per cercare fortuna all’estero che sono più di quelli che arrivano per cercarla qui. Colpa dei vecchi che lavoravano al posto nostro con i diritti che noi non abbiamo perché ce li hanno tolti, che dunque, per porre fine a questa vergognosa ingiustizia, bisognava che i diritti li togliessero anche ai vecchi. Colpa dei sindacati che difendevano i pensionati invece dei lavoratori e per porre fine a questa vergognosa ingiustizia bisognava che in pensione non ci si potesse andare più, se non per in ultimi in Europa, con l’età media che si accorcia sempre di più e quella pensionabile che si allunga sempre di più (di questo passo, nel 2050 andranno in pensione solo i cattolici).
No. Ci hanno convinto spiegandoci che la colpa era nostra. Che eravamo bamboccioni (Padoa Schioppa), schizzinosi (Fornero), sfigati (Martone) che il posto fisso era monotono (Monti, Sposato con la stessa donna da 50 anni. E viene a spiegare a noi che cos’è la monotonia), che se volevamo un lavoro dovevamo giocare di più a calcetto e non perdere tempo a rafforzare il curriculum (Poletti, che infatti ha trovato un posto da ministro del Lavoro senza lo straccio di una laurea).
Ci hanno convinti a essere affamati e folli che se non lo sei lavori per un anno a voucher in un supermercato facendo i turni di notte e affamato e folle lo diventi. Ci hanno convinti che eravamo imprenditori di noi stessi, fondatori start up, riders e non fattorini. Ci hanno convinti ad abbandonare il conflitto che non era producente: imprese e lavoratori oggi sono sulla stessa barca e anzi, ci hanno convinto che i lavoratori quelli sporchi e proletari non esistessero proprio più, che tanto la prole, i proletari non se la possono mica più permettere, che fossero diventati tutti soci e collaboratori, e se sei collaboratore collabori, mica scioperi.
Ci hanno convinti che dopo lo stage, dopo l’assegno di ricerca, dopo la collaborazione gratuita e l’esperienza formativa all’Expo si sarebbero aperte molte opportunità.
Ci hanno convinti che fosse normale lavorare in un milione e mezzo di noi a voucher nelle gioiellerie e nei fast food per un compenso medio di cinquecento euro all’anno, che fare i turni di notte pagati come quelli di giorno e insegnare agli studenti universitari per un euro all’ora fosse un lavoro. «Non è lavoro, è sfruttamento». Marta Fana lo dice a noi. Svegliamoci, difendiamoci l’un l’altro, reagiamo: perché gli sfruttatori sono uniti e coesi e per reagire bisogna che ci coalizziamo anche noi sfruttati. Perché come dice il vecchio carrozziere che si ribella alla multinazionale in «A l’Attaque!», film del marsigliese Robert Guediguian, «Se non combatti non vinci. Ma soprattutto, ti rompi le palle».
Qui il calendario completo delle presentazioni del libro
Francesca Fornario
Giornalista e autrice satirica
Lavoro & Precari - 7 Ottobre 2017
Non è lavoro, è sfruttamento: proletari di tutto il mondo, svegliatevi!
Raccogliere cozze gratis in alternanza scuola-lavoro non è lavoro, è sfruttamento. Scrivere un articolo al giorno per il giornale locale per cinque euro lordi a pezzo non è lavoro, è sfruttamento. Indossare la maglietta fucsia – dell’azienda – e consegnare sushi in bici – la tua – quando ti squilla il telefono – il tuo – per 2,70 euro non è lavoro, è sfruttamento. Fare uno stage retribuito per un anno come apprendista commessa in un negozio di mutande per 400 euro al mese non è lavoro, è sfruttamento. Marcire alla catena di montaggio tre sabati su quattro senza straordinari pagati, nell’azienda che per la crisi di domanda lascia a casa a far niente i cassintegrati, non è lavoro, è sfruttamento. Impacchettare le Nike e le cuffie e le tazze e la cover del cellulare e il maglione che il cliente ha fretta di ricevere il giorno seguente senza poterti fermare per mangiare, pisciare, fumare, parlare non è lavoro, è sfruttamento. Prestare servizio ogni giorno, per anni, alla Biblioteca Nazionale di Roma, pagato con il rimborso degli scontrini del bar che riesci a recuperare dalla pattumiera non è lavoro, è sfruttamento. Aprire una partita Iva per lavorare per quell’unico committente che prima ti faceva il contratto a progetto e che oggi ti spreme dieci ore in uno studio di architettura, nella redazione di un programma tv, in un ambulatorio dentistico, pretendendo che a pagarti i contributi sia tu e negandoti il diritto costituzionale al riposo, alle ferie, alla malattia, il diritto a diventare madre e padre non è lavoro, è sfruttamento. Ramazzare i giardini pubblici per dimostrare che ti meriti di ottenere asilo politico in Italia perché ramazzi le aiuole e non perché ti hanno violentato in un lager in Libia non è lavoro, è sfruttamento. Fare il saldatore in una fabbrica pagato a voucher, lasciarci tre dita, venire per questo lasciato a casa senza sussidi e sostituito con un nuovo saldatore a voucher fino quando non si rompe anche lui non è lavoro, è sfruttamento.
Marta Fana, dottore di ricerca in Economia all’istituto di Studi politici Sciences Po di Parigi e collaboratrice di questo giornale, sembra rinfacciarlo a chi ci governa e ci ha governato: Non è lavoro, è sfruttamento (Laterza)
A Elsa Fornero e Giuliano Poletti che con la scusa di far emergere il lavoro nero lo hanno legalizzato con i voucher, il Poletti ministro che Fana ha pubblicamente smentito quando aveva spacciato per buoni, fregando tutti i giornali che gli avevano creduto, un milione e 195.681 nuovi posti di lavoro. A Renzi che con la scusa di creare lavoro ha cancellato l’articolo 18 e regalato alle imprese l’equivalente di due Finanziarie in sgravi fiscali pregandole di assumere i lavoratori che le imprese, una volta intascati gli sgravi, hanno smesso di assumere. Ai Maroni e ai Sacconi e alle Fornero che con la scusa di creare lavoro lo hanno reso precario, sottopagato, pericoloso, mortificante attraverso le agenzie interinali, l’aumento dell’età pensionabile, la liberazione di ogni forma di lavoro gratuito mascherato da apprendistato, da stage, da attività scolastica.
«Non avete creato lavoro, avete creato sfruttamento». Ma non è a loro che Fana lo dice, in questo volume che mette in fila i numeri e le storie e mappa le vertenze del lavoro povero. Loro lo sanno, lo hanno fatto di proposito. Chi non sapeva dello sfruttamento in agguato eravamo noi, gli sfruttati. Non ci avrebbero ridotto così senza la nostra complicità.
Non ci avrebbero persuaso solo inventandosi che la colpa era degli altri: degli immigrati che ci rubano il lavoro pure se gli immigrati siamo noi, quelli che partono per cercare fortuna all’estero che sono più di quelli che arrivano per cercarla qui. Colpa dei vecchi che lavoravano al posto nostro con i diritti che noi non abbiamo perché ce li hanno tolti, che dunque, per porre fine a questa vergognosa ingiustizia, bisognava che i diritti li togliessero anche ai vecchi. Colpa dei sindacati che difendevano i pensionati invece dei lavoratori e per porre fine a questa vergognosa ingiustizia bisognava che in pensione non ci si potesse andare più, se non per in ultimi in Europa, con l’età media che si accorcia sempre di più e quella pensionabile che si allunga sempre di più (di questo passo, nel 2050 andranno in pensione solo i cattolici).
No. Ci hanno convinto spiegandoci che la colpa era nostra. Che eravamo bamboccioni (Padoa Schioppa), schizzinosi (Fornero), sfigati (Martone) che il posto fisso era monotono (Monti, Sposato con la stessa donna da 50 anni. E viene a spiegare a noi che cos’è la monotonia), che se volevamo un lavoro dovevamo giocare di più a calcetto e non perdere tempo a rafforzare il curriculum (Poletti, che infatti ha trovato un posto da ministro del Lavoro senza lo straccio di una laurea).
Ci hanno convinti a essere affamati e folli che se non lo sei lavori per un anno a voucher in un supermercato facendo i turni di notte e affamato e folle lo diventi. Ci hanno convinti che eravamo imprenditori di noi stessi, fondatori start up, riders e non fattorini. Ci hanno convinti ad abbandonare il conflitto che non era producente: imprese e lavoratori oggi sono sulla stessa barca e anzi, ci hanno convinto che i lavoratori quelli sporchi e proletari non esistessero proprio più, che tanto la prole, i proletari non se la possono mica più permettere, che fossero diventati tutti soci e collaboratori, e se sei collaboratore collabori, mica scioperi.
Ci hanno convinti che dopo lo stage, dopo l’assegno di ricerca, dopo la collaborazione gratuita e l’esperienza formativa all’Expo si sarebbero aperte molte opportunità.
Ci hanno convinti che fosse normale lavorare in un milione e mezzo di noi a voucher nelle gioiellerie e nei fast food per un compenso medio di cinquecento euro all’anno, che fare i turni di notte pagati come quelli di giorno e insegnare agli studenti universitari per un euro all’ora fosse un lavoro. «Non è lavoro, è sfruttamento». Marta Fana lo dice a noi. Svegliamoci, difendiamoci l’un l’altro, reagiamo: perché gli sfruttatori sono uniti e coesi e per reagire bisogna che ci coalizziamo anche noi sfruttati. Perché come dice il vecchio carrozziere che si ribella alla multinazionale in «A l’Attaque!», film del marsigliese Robert Guediguian, «Se non combatti non vinci. Ma soprattutto, ti rompi le palle».
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L’appello ai lettori dei direttori Travaglio e Gomez: “Le battaglie del 2025: continuate a sostenerci”
Roma, 21 dic (Adnkronos) - Cordiale telefonata tra il vicepremier e ministro Matteo Salvini e l’amministratore delegato di Mediaset Pier Silvio Berlusconi. L’occasione è stata l’assoluzione con formula piena con cui si è concluso il processo Open Arms che vedeva imputato Salvini. Lo fa sapere la Lega.
Il ministro ha particolarmente apprezzato l’attenzione e la gentilezza di Pier Silvio Berlusconi, e ha ricordato con grande affetto le battaglie per una Giustizia giusta affrontate da Silvio Berlusconi e che il centrodestra vuole portare a termine, conclude la Lega.
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - "La Germania, unita all’Italia da indissolubili vincoli di amicizia e solidarietà, può contare sul nostro più convinto impegno tanto nel fermo e determinato contrasto al terrorismo quanto nel sostenere insieme le ragioni della libera e pacifica convivenza, elemento fondamentale e irrinunciabile della comune identità europea". Lo scrive il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio all'omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier.
"La notizia del proditorio attentato contro il mercato di Natale a Magdeburgo -sottolinea il Capo dello Stato- suscita negli italiani orrore e unanime condanna. Di questi sentimenti desidero farmi immediatamente interprete presso di Lei, signor Presidente e caro amico, e presso tutti i Suoi concittadini. In questa drammatica circostanza, la Repubblica italiana è vicina al popolo tedesco con convinta e sincera partecipazione. In questo spirito, desidero far giungere alle famiglie delle vittime le espressioni del nostro più sincero cordoglio. Ai numerosi feriti auguriamo un pronto e completo ristabilimento".
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - “Un 2024 con Forza Italia che taglia il traguardo vincente e un 2025 per crescere ancora nell’interesse del Paese e per Silvio Berlusconi, un fuoriclasse gia entrato nella storia d’Italia. Lo sentiamo come non mai la nostra guida che ispira la sua creatura, Forza Italia, verso traguardi che solo lui poteva immaginare. Antonio Tajani ha da sempre goduto della sua fiducia che trasmette vigorosa a noi dirigenti e militanti. Nel solco dell’impegno dimostrato, Forza Italia nel 2025 ha l’obiettivo di crescere ancora per rappresentare i cittadini e garantire che le sfide che abbiamo davanti siano garanzia di crescita, di sviluppo e di benessere". Lo afferma il capogruppo di Forza Italia alla Camera, Paolo Barelli.
"Provo malinconia -aggiunge- nell’ ascoltare oggi, da avversari ostici, che il presidente Berlusconi aveva ragione: ragione riguardo le ricette economiche da attuare per promuovere la crescita -per far sì che il nostro Governo sia leader internazionale in un mondo sempre più globale- e poi per lavorare con determinazione affinché la giustizia sia realmente giusta, valorizzando la stragrande maggioranza degli operatori dei questo settore, che devono operare nell’esclusivo interesse dei cittadini. Una cometa, le indicazioni del presidente Berlusconi, che noi di Forza Italia siamo onorati di interpretare fedelmente per contribuire, con i nostri partner di governo, a rendere l’Italia migliore”.
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - "Il problema dell'immigrazione non può essere ridotto a un problema di ordine pubblico ma deve essere affrontato e risolto con una strategia a medio, a breve e a lungo termine. Bisogna sradicare le cause dell'immigrazione: le malattie, la povertà, il cambiamento climatico, il terrorismo, le guerre". Risponde con queste parole il ministro degli Esteri Antonio Tajani all'Osservatore Romano, riguardo il modo del Governo di affrontare il fenomeno delle migrazioni, anche in vista dell'inizio del Giubileo e delle recenti parole del Papa sul fatto che il Mediterraneo si sia trasformato in un cimitero invece di essere un crocevia di incontri di dialogo.
"Gran parte dell’immigrazione parte dall’Africa o da lì passa - afferma il vice premier - Bisogna avere una strategia, il piano Mattei varato dal governo italiano va in questa direzione, quella favorire la crescita del continente africano che è un continente ricco, perché ricco di materie prime, dove però ci sono popoli poveri. C’è poi l’importante lotta al cambiamento climatico, ci sono le malattie, e stiamo lavorando molto a sostegno del progetto Gavi, che è guidato dall'ex presidente della Commissione europea Josè Barroso, che raccoglie finanziamenti per permettere anche la produzione in Africa di vaccini per garantire una vita più lunga ai bambini. Poi bisogna combattere i trafficanti di esseri umani, che sono gli stessi che trafficano in droga e in armi".
"D'altro canto bisogna favorire l'immigrazione regolare - aggiunge il ministro - In termini di porte aperte, e parlando non a nome del governo, ma da segretario di Forza Italia, io credo che l'integrazione debba concludersi con la concessione della cittadinanza italiana a chi è andato a scuola, ossia dieci anni di scuola devono essere un viatico per poi chiedere la cittadinanza italiana già a 16 anni, per poi ottenerla a 17 anni, 17 e mezzo. Un modo migliore anche della legge attuale che concede la cittadinanza a 18 anni e basta. Forse è meglio frequentare le scuole, è meglio dar vita a quello che io chiamo lo ius Italie, perché dopo dieci anni di scuola si conosce la storia, la geografia, l'italiano e quindi si ha tutto il diritto di diventare cittadino italiano, se si crede nell'Italia, nella sua storia, nei valori che rappresenta, anche se i propri genitori possono sono nati a Ucraina o in Costa d'Avorio".
Roma, 21 dic. (Adnkronos) - "Mi preoccupa la situazione economica della Germania e della Francia. La situazione economica dell'Italia è migliore di quella di questi due Paesi, ma occorre evitare che la crisi dell'auto tedesca, quindi dell'industria tedesca, e la crisi di bilancio francese, contagino il mercato unico, l'Italia, altri Paesi, perché questo potrebbe essere pericoloso per l’economia". Lo ha detto all'Osservatore Romano il ministro degli Esteri Antonio Tajani, aggiungendo che "fortunatamente la Banca Centrale Europea ha deciso, anche un po’ in ritardo secondo me, di tagliare il costo del denaro e così aiutare le imprese ad investire, le famiglie ad avere dei prestiti, e quindi anche i piccoli imprenditori a fare delle scelte più coraggiose".
"Serve poi che l’Europa non perda la sua anima - ha auspicato il vice premier - la sua identità, i suoi valori. Ricordo la battaglia contro la pena di morte, fortunatamente qualche risultato si è raggiunto, cresce costantemente il numero di Paesi che ci seguono per la moratoria della pena capitale, quindi questa credo che sia una scelta molto importante, che fa ben sperare, nessuno può arrogarsi il diritto di togliere la vita a un'altra persona".
Roma, 21 dic (Adnkronos) - "Da relatore in Senato proponevo l'innocenza di Salvini, Pd e grilini votarono contro costringendo la magistratura a un processo inutile. Ora Pd e grillini devono chiedere scusa agli italiani e la Procura di Palermo, che aveva chiesto una condanna di 6 anni, farà auto critica per i propri errori?". Lo dice il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri.
Roma, 21 dic (Adnkronos) - "Il terrorismo fondamentalista si ripropone, bisogna tenere alta la guardia. L'Europa e anche l'Italia devono aumentare le spese per sicurezza e difesa. Non siamo fuori dall'emergenza e la situazione mediorientale può moltiplicare l'offensiva anche sui nostri territori". Lo dice il presidente dei senatori di FI Maurizio Gasparri.