I soldati che mezzo secolo fa lo catturarono e uccisero hanno deciso di disertare i cinque giorni di celebrazioni organizzati dal presidente boliviano, Evo Morales, scegliendo invece di farne una propria, per rendere onore ai soldati che morirono nei combattimenti del 1967
Se tutto il mondo ricorda il 50° anniversario della morte di Ernesto Che Guevara, avvenuta in Bolivia il 9 ottobre, e Cuba, Argentina e Bolivia hanno deciso di celebrarlo, c’è qualcuno a cui questo omaggio proprio non va giù. Sono i veterani boliviani, i soldati che mezzo secolo fa lo catturarono e uccisero. Per loro “rendere omaggio a Che Guevara significa rendere omaggio al comunismo, alle idee di violenza, lotta e morte che questa ideologia ha disseminato ovunque”. È per questo che hanno deciso di disertare i cinque giorni di celebrazioni organizzati dal presidente boliviano, Evo Morales, scegliendo invece di farne una propria, per rendere onore ai soldati che morirono nei combattimenti del 1967.
Morales, che più volte ha manifestato la sua ammirazione per il Che e la sua lotta fino alla fine contro un governo corrotto, ha fatto le cose in grande, organizzando dal 5 al 9 ottobre a Vallegrande, la città nel sud-est del paese dove furono esibiti i resti di Guevara dopo la sua esecuzione, l’Incontro mondiale per i 50 anni della presenza di Guevara in Bolivia, a cui partecipano anche i vicepresidenti di Cuba e Venezuela e i quattro figli del Che. Ma una parte dei militari, che furono coinvolti sul campo della lotta contro i guerriglieri guidati da Guevara, hanno annunciato chiaramente che non ci saranno. Come il generale ormai in pensione, Gary Prado, che quell’8 ottobre di 50 anni fa era al comando della compagnia che catturò il medico argentino: “Lo faremo per conto nostro, visto che il governo è occupato a far arrivare persone e pagargli il viaggio fino a Vallegrande”. E anche Mario Moreira, presente della Confederazione nazionale dei benemeriti della Campagna controguerrigliera di Ñancahuazú (la zona montuosa vicino a Vallegrande, dove ci fu la guerriglia) ha sottolineato come “solo i difensori della patria meritino omaggi. L’unica celebrazione che si deve fare è a chi come noi ha difeso la patria”. Ecco perché il 6, 8 e 10 ottobre, in tre diverse città della Bolivia (Vallegrande, La Paz e Santa Cruz), i 350 exmilitari sopravvissuti a quei giorni renderanno omaggio ai loro 59 camerati caduti in combattimento.
In tutti questi anni gli ex militari boliviani hanno ricevuto l’omaggio dei diversi governi che si sono avvicendati per le operazioni del 1967, ma con l’arrivo di Evo Morales alla presidenza, nel 2006, le cose sono cambiate, e le celebrazioni sono sempre state per il Che e i suoi guerriglieri.
La polemica è iniziata dopo che l’annuncio da parte di alti funzionari del governo boliviano del possibile arrivo in quest’occasione di Pombo (Harry Villegas) e Urbano (Leonardo Tamayo), due ex guerriglieri cubani che lottarono insieme a Ernesto Guevara, per riunirsi con i veterani boliviani che combatterono in quei giorni per “sanare le ferite”. Idea bocciata dai diretti interessati. Moreira ha detto infatti che fare la pace con i nemici di un tempo “è fuori luogo”. Pur rispettando le idee politiche delle attuali autorità, per senso civico e patriottico non è d’accordo sul ruolo che Guevara e i suoi seguaci ebbero nel paese. “Nessuno ha il diritto di venire a uccidere per la pretesa di un ideale che non misero mai in pratica. Nella realtà sono venuti a invaderci, senza dirci neppure la loro proposta, causando lutti e dolori”, ha aggiunto Moreira. C’è la volontà di tendere la mano agli ex guerriglieri cubani, ma non all’interno di un omaggio a Guevara, perché questo va reso a “chi se lo merita”, ha concluso. Morales non si è scomposto più di tanto, ma si è detto fiducioso che alla fine le Forze Armate parteciperanno alle celebrazioni. “Non ho parlato con loro, ma sicuramente saranno al mio fianco”, ha detto. E intanto la settimana scorsa il governo boliviano ha approvato un decreto che conferisce “carattere di ufficialità” agli atti commemorativi per la morte del Che, dando il compito ai ministeri dello Stato di organizzarli.