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Las Vegas, la lobby delle armi chiede regole sul dispositivo usato nella strage. Per evitare che il dibattito si allarghi

I capi della National Rifle Association si dicono favorevoli a un atto amministrativo che metta al bando i bump stock. E sottolineano che sono stati autorizzati da un’agenzia del governo federale durante la presidenza Obama. Puntano a dare a Trump, loro alleato, il merito di essere intervenuto con “una misura di buon senso”. E a rallentare i progetti di legge restrittivi fermi al Congresso

“Dispositivi volti a consentire ad armi semi-automatiche di funzionare come totalmente automatiche dovrebbero essere soggetti a regolamentazioni aggiuntive”. Con una dichiarazione a sorpresa, National Rifle Association, la principale lobby delle armi statunitense, entra nel dibattito scatenato dalla strage di Las Vegas e chiede che i bump stock, usati da Stephen Paddock per uccidere almeno cinquantanove persone, vengano messi fuori legge. La richiesta, che pare un passo verso una maggiore regolamentazione, mira in realtà ad evitare che un vero dibattito sul gun control si apra nella società e al Congresso americano.

Il bump stock, che Paddock aveva fissato su dodici delle armi usate negli attacchi, è un dispositivo che costa relativamente poco – intorno ai 200 dollari, ma talvolta lo si trova anche alla metà – e che consente di sparare fino a cento proiettili in sette secondi. Questo significa che fucili semi-automatici – quelli che necessitano della pressione del grilletto, con un meccanismo per cui dopo l’esplosione di un colpo viene ricaricata la munizione successiva – diventano dopo l’applicazione del bump stock automatici: capaci cioè di generare un fuoco continuo, senza bisogno di ricaricare tra un colpo e l’altro.

Ciò spiega come Paddock abbia potuto, domenica sera, uccidere così tanti spettatori del Route 91 Harvest Festival. E ciò spiega perché, da giorni, molti chiedono la messa fuori legge del dispositivo. Lo ha fatto la democratica Dianne Feinstein, già autrice della legge sul gun control naufragata nel 2013, che ha sottoposto al Senato un progetto di legge che metta al bando il bump stock. Lo hanno fatto anche i repubblicani, con un proprio bill preparato dal deputato repubblicano Carlos Curbelo. E lo ha fatto lo stesso Donald Trump, che in una dichiarazione ai giornalisti ha spiegato che la sua amministrazione sta valutando di mettere fuori legge i bump stock “in un tempo relativamente breve”.

Di fronte a questa mobilitazione, la National Rifle Association non poteva restare in silenzio. E quindi sono gli stessi capi di NRA, Wayne LaPierre e Chris Cox, a chiedere in una dichiarazione congiunta che vengano prese “regolamentazioni aggiuntive” contro i bump stock, aggiungendo che “all’indomani dell’attacco malvagio e privo di senso di Las Vegas, il popolo americano è alla ricerca di risposte su come tragedie future di questo tipo possano essere prevenute”. Nella dichiarazione di LaPierre e Cox, la prima dalla strage di domenica scorsa, si fa anche notare un’altra cosa: e cioè che la commercializzazione dei bump stock è stata approvata dal Bureau of Alcohol Tobacco and Firearms durante l’amministrazione di Barack Obama.

Siamo dunque di fronte a una improvvisa conversione della più potente lobby delle armi americane? NRA ha deciso di accogliere le richieste per una politica di controlli più stringenti su chi compra e chi vende armi negli Stati Uniti? Non è proprio così. La mossa deve essere piuttosto interpretata come un modo per evitare che il dibattito si allarghi e che le richieste di arrivare a nuovi provvedimenti legislativi diventino davvero pericolose per gli interessi economici delle aziende di produttori USA. Meglio, dunque, fare qualche concessione ora, piuttosto che rischiare il peggio più avanti.

Del resto, NRA non poteva restare in silenzio di fronte alla nuova strage. Las Vegas, infatti, non si limita ad aggiungere 59 morti al bollettino quotidiano di vittime per armi da fuoco negli Stati Uniti. Las Vegas accende i riflettori su quel bollettino quotidiano; rende più forte e dolorosa la consapevolezza della strage continua che si svolge sulle strade e nelle case degli americani. Da domenica sera, e fino a giovedì pomeriggio, altre 87 persone sono state uccise negli Stati Uniti (cifre del Gun Violence Archive). Si tratta di una carneficina che non ha eguali nel mondo, che equivale a una vera e propria guerra strisciante in corso nel Paese e di fronte a cui persino i fautori più radicali delle armi – vedi il presidente Trump, che ha detto che “a una qualche forma di legge si arriverà, prima o poi” – cominciano a vacillare.

NRA non poteva e non può trascurare tutto questo; la dichiarazione di LaPierre e Cox è un primo passo in quel senso. C’è poi un altro elemento. I capi di NRA fanno notare che i bump stock sono stati autorizzati da un’agenzia del governo federale durante la presidenza di Barack Obama. E’ un modo per addossare al vecchio presidente democratico, e loro accerrimo nemico, la responsabilità di un atto così disastroso; ed è un modo per dare a Donald Trump, il presidente che si è auto-proclamato il loro alleato più fedele, il merito di essere intervenuto con “una misura di buon senso”, per evitare nuove e clamorose stragi come quelle di Las Vegas.

Rimane una terza ragione, forse la più importante, a spiegare la disponibilità di NRA a mettere fuori legge i bump stock. LaPierre e Cox, nella loro dichiarazione, parlano di “additional regulations”, regolamentazioni aggiuntive, per limitare la vendita dei dispositivi; e fanno riferimento al Bureau of Alcohol Tobacco and Firearms, quindi a un’agenzia del governo americano. Le parole, in questi casi, sono importanti; i capi di NRA non chiedono, come si vede, una nuova legge, né domandano l’azione del Congresso. La loro richiesta è molto più limitata: un atto amministrativo, da parte un’agenzia del governo federale, e non un intervento legislativo; un atto, insomma, che aggiusti una stortura e mantenga in vita l’architettura generale.

La vera minaccia, per NRA, sarebbe infatti che la questione dei bump stock raggiungesse il Congresso. A quel punto sarebbe infatti molto più difficile, per la lobby delle armi, controllare il dibattito; i democratici potrebbero chiedere regole più severe, come il bando alle armi d’assalto e controlli sugli acquirenti; i repubblicani potrebbero essere costretti, da un’opinione pubblica sempre più esasperata dalla carneficina continua, ad acconsentire a quelle regole. Meglio dunque, molto meglio, fare il primo passo e chiedere misure puramente amministrative contro i bump stock. Tanto più che al Congresso, al momento, sono fermi due progetti di legge cui NRA tiene moltissimo. Il primo è quello sulla libera commercializzazione dei silenziatori. Il secondo è quello che permetterebbe a chi possiede una licenza per arma nascosta di passare liberamente da uno Stato all’altro. Il dibattito al Congresso sui bump stock sarebbe un disturbo e una fastidiosa distrazione per chi, come NRA, vuole andare nel senso opposto al gun control, verso un ulteriore allargamento del diritto a portare un’arma negli Stati Uniti.