Erano gli inizi degli anni settanta dello scorso secolo: un’epoca di vacche grasse per lo sci (allora si parlò persino di “piccola glaciazione”), e si era convinti che la “valorizzazione” della montagna transitasse dai comprensori sciistici, che più grandi erano e meglio era. Nella vicina Francia videro la luce i domaines skiables, stazioni sciistiche create dal nulla, o meglio, dalla natura incontaminata (si fa presto a dire “nulla”) in varie zone delle Alpi Occidentali.

Fu allora che nacque in Piemonte anche il Ve.De.For. cioè il progetto di un comprensorio sciistico del tutto nuovo che prevedeva il collegamento tra Alpe Veglia, Alpe Devero, Val Formazza, nel Nord della regione, in Val d’Ossola. 113 chilometri di piste e persino impianti per lo sci estivo, dove vi erano solo pascoli e natura incontaminata, a parte alcuni impianti idroelettrici. Forse per la complessità e il gigantismo dell’operazione, il progetto però non fu mai attuato nella sua interezza e venne realizzata solo una stazione sciistica in località San Domenico, in comune di Varzo.

Ora, in un’epoca in cui lo sci si salva solo grazie alla “neve programmata”, finché questa durerà (occorrono temperature costanti sotto lo zero per fabbricarla) e dopo una delle ennesime stagioni torride e siccitose, viene riproposto un collegamento sciistico in zona, e precisamente un collegamento fra la predetta stazione di San Domenico e l’Alpe Devero.

Peccato che nel frattempo l’Alpe Veglia e l’Alpe Devero siano diventate aree protette della Regione, e che proprio grazie alla tutela si sia sviluppato un turismo dolce sia estivo sia invernale, fatto di ciaspolate, sci di fondo, scialpinismo, escursioni.

Grazie a questo, saputo dell’arabe fenice del progetto, tre albergatori del Devero hanno scritto una bella lettera alla Regione Piemonte e a Mountain Wilderness (che si è mossa per denunciare la follia, con Pro Natura a ruota) e Legambiente, in cui, premesso che la loro zona si è sviluppata proprio grazie a questo turismo compatibile con il territorio, concludono: “Crediamo che la realizzazione di questo collegamento comprometterà inesorabilmente la bellezza di queste montagne e il modello di sviluppo perseguito in questi anni, rendendo l’Alpe Devero una località turistica alpina uguale a tante altre”.

Peccato che il collegamento dovrebbe transitare in una zona che è posta all’interno della Rete natura 2000 della Regione e nei siti della Rete natura 2000 sia vietato “realizzare nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da sci, fatti salvi gli interventi di adeguamento strutturale e tecnologico necessari per la messa a norma degli impianti esistenti e di razionalizzazione di comprensori sciistici che determinino la sostituzione e/o la riduzione numerica degli impianti esistenti e modesti ampliamenti del demanio sciabile che non comportino un aumento dell’impatto sul sito.”

Peccato che il Piano Paesaggistico della Regione, recentemente approvato, preveda la tutela dei crinali (e il progetto dovrebbe appunto attraversare un crinale, quello del Monte Cazzola).

Insomma, il progetto, oltre che antistorico, oltre che una follia dal punto di vista meramente economico del Devero, non è fattibile alla luce dell’attuale normativa. Riesce difficile pensare che i politici si possano inventare qualcosa perché vada a compimento, anche se dietro pare esserci la potenza di fuoco di una finanziaria svizzera ed anche se il sindaco di Baceno (area Pd come la Regione), comune sotto il quale ricade il Devero, pare favorevole.

Stiamo alla finestra.

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