Dei 1500 esemplari che dovevano essere prodotti a settembre, ne sono stati fornati solo 300. Sembra che diverse componenti delle auto siano state assemblate addirittura a mano. I grandi volumi, come previsto, stanno mettendo in difficoltà l'azienda di Elon Musk. Saltare i test sulla linea di assembaggio per guadagnare tempo sulle consegne si è rivelato un boomerang
Nuvole grigie, forse forse potenzialmente persino nere, si accumulano nell’orizzonte prossimo di Tesla, come spiega tra i tanti siti americani, l’autorevole portale economico Business Insider. I numeri di consegna del terzo trimestre del costruttore americano specializzato unicamente in auto elettriche, viene illustrato, sono stati al tempo stesso impressionanti e deprimenti: da un lato, sta tenendo la progressione di mercato verso i 100mila veicoli venduti in un anno, per la prima volta nei suoi quattordici anni di storia. Dall’altro, però, l’azienda californiana è davvero in grande ritardo con la produzione della sua nuova berlina Model 3, veicolo che dovrebbe nei piani garantire a Tesla grandi volumi. Delle 1500 Model 3 che dovevano essere prodotte in settembre, ne sono state in realtà sfornate meno di 300.
Questo risultato modesto contrasta fortemente con le dichiarazioni del patron Elon Musk – aggiunge il sito – il quale aveva impegnato l’azienda con promesse di 20mila unità Model 3 al mese a partire da dicembre per una prospettiva di vendite globale di 500mila vetture nel corso del prossimo anno. I grandi investitori potrebbero iniziare a preoccuparsi, ma anche tutti i privati che sinora hanno investito mille dollari nel pre-ordine della vettura. Un’eventuale richiesta massiccia di rimborso metterebbe con tutta probabilità in ginocchio l’azienda.
L’analisi del sito economico americano sul perché di questi problemi di avviamento della produzione – viene riportato che delle poche Model 3 uscite dalla linea parecchi elementi sarebbero stati assemblati addirittura a mano, come normalmente si fa solo con i prototipi – si presta a diverse considerazioni. In primo luogo, i numeri che, secondo Business Insider, non contano nulla… specialmente per questa compagnia. Tesla, sostiene il portale, ha una lunga storia di grandi promesse in seguito scarsamente mantenute: la creatura di Musk punta ad un’immagine di diversità e straordinarietà, ma con molta minor attenzione all’attuazione concreta di tutti i propositi. L’aspetto “mediatico” pare essere peraltro l’unico a interessare Wall Street, col titolo Tesla particolarmente volatile negli ultimi due anni ma pur sempre sopra il 1200% dal lancio nel 2010: il tutto, nonostante quasi nessun trimestre redditizio ed un bilancio che può mantenere l’azienda in affari solo per circa un anno prima che tutti i soldi siano terminati.
Inoltre per Tesla c’è la difficoltà, tutta nuova, di confrontarsi con una produzione molto più estesa di quelle degli altri modelli che ha in gamma, destinati ad un pubblico ristretto. La fabbricazione di massa, si fa notare, richiede esperienza ed una curva di apprendimento che industrialmente richiedono parecchio tempo, nessun costruttore escluso. Non giova alla causa, inoltre, il fatto che Tesla abbia rinunciato al processo di test della linea di assemblaggio Model 3 prima di cercare di avviare la produzione sui preventivati ritmi, per guadagnare tempo sulle prime consegne.
Tira un po’ le fila, infine, il sito economico americano: “Il marchio Tesla è probabilmente il bene più prezioso della compagnia. Molti analisti sostengono non abbia sostanza, ma il grande pubblico ama questa compagnia “diversa”. Fattore su cui gioca il buon Musk, che può permettersi di tanto in tanto di bruciare una piccola parte questo enorme credito concessogli, non mantenendo fede alle promesse ed ingannando così il pubblico. Ma anche in questo vi è comunque una comprensione condivisa, poiché l’immagine dalla Casa che ne esce e che viene percepita è quella di chi ammette che sì, “non riusciremo a realizzare i nostri obiettivi – ma non perderemo attenzione verso l’aspetto più importante che non è vendere più automobili, ma piuttosto salvare il pianeta”. Sarà forse troppo comodo?