Cinque giorni di tempo per scegliere che strada prendere. Otto per fare una marcia indietro. Sono le scadenze dell’ultimatum lanciato da Madrid a Barcellona. Un modo per ributtare la palla dall’altra parte del campo, nella più classica delle mosse d’attesa del giocatore di scacchi. Il premier spagnolo Mariano Rajoy ha detto che il governo ha chiesto al presidente catalano Carles Puigdemont se ha effettivamente dichiarato l’indipendenza. Questo prima di utilizzare eventualmente le misure previste dall’articolo 155 e di prendere qualsiasi decisione sugli sviluppi del referendum catalano. “È urgente mettere fine alla situazione che si sta vivendo in Catalogna e che torni la stabilità e la tranquillità nel più breve tempo possibile – ha detto il primo ministro – Serve procedere con prudenza e responsabilità. Ma la risposta del presidente della Generalità determinerà le decisioni che il governo prenderà nei prossimi giorni”.
Le scadenze dell’ultimatum compaiono nella richiesta approvata nella riunione straordinaria del Consiglio dei ministri e consegnata alla Generalitat: Puigdemont ha quindi tempo fino a lunedì prossimo per confermare o meno la dichiarazione d’indipendenza della Catalogna. Rajoy ha fissato inoltre un’altra scadenza, a giovedì prossimo, perché rettifichi ed eviti così l’entrata in vigore dell’articolo costituzionale 155. È la norma che consentirebbe la sospensione dell’autonomia catalana e precede l’articolo 116, che permette di istituire lo ‘stato di eccezione’ in una parte del territorio dello stato. Quest’ultimo scenario prefigurerebbe la ‘mano dura’ di Rajoy contro la regione ribelle. Per l’applicazione del 155 ci vuole il via libera del senato, dove il Pp di Rajoy ha la maggioranza assoluta, per il 116 è necessario quello del Congresso, dove Rajoy è minoritario.
Prima di ufficializzare l’ultimatum alla Catalogna, il premier ha parlato davanti al Parlamento attaccando violentemente il governatore catalano: “Da lui è arrivato un attacco sleale e pericoloso alla Costituzione, all’unità della Spagna e alla convivenza pacifica dei cittadini. Il governo autonomo non ha rispettato la legge e le sentenze della Corte”. Parole aspre quelle pronunciate davanti al congresso, visto che Rajoy ha definito il referendum catalano come “un esercizio illegale contro la democrazia” ed ha escluso qualsiasi “mediazione fra la legge democratica e l’illegalità. La costituzione vieta di negoziare sulla titolarità della sovranità nazionale. Devono tenerne conto i mediatori di buona volontà che si sono proposti”. Nonostante i toni, però, il premier non ha escluso una modifica proprio della carta costituzionale. “Si può parlare della riforma stessa della Costituzione. Non è una legge perfetta, e può essere modificata“.
In questo senso va letto l’annuncio fatto dal Psoe, il principale partito di opposizione, che ha dichiarato di voler dare appoggio “alle misure costituzionali” che prenderà Rajoy nella crisi catalana se a risposta di Puigdemont al suo ultimatum dovesse essere negativa. Lo ha detto il segretario socialista Pedro Sanchez, che ieri notte ha visto il primo ministro e con lui ha raggiunto un accordo per avviare una riforma della costituzione che ridefinisca fra l’altro lo statuto della Catalogna. Sanchez ha detto che una commissione sarà formata a breve e lavorerà per sei mesi e le conclusioni saranno sottoposte al parlamento.
Puigdemont, però, non sembra aver mutato la sua posizione. E in un’intervista alla Cnn ha proposto l’avvio di un dialogo “senza condizioni“. I due governi, ha detto il presidente catalano, “devono sedersi e parlare sul serio”, ha aggiunto, proponendo un tavolo di dialogo “con due persone del governo catalano e due del governo spagnolo”. dovrà decidere se applicare l’art.155 della costituzione .
Sulla crisi catalana, nel frattempo, arrivano le reazioni di Germania e Francia, che annunciano di non volere riconoscere la repubblica indipendente di Catalogna. “Ogni dichiarazione unilaterale di indipendenza da parte delle autorità catalane sarebbe illegale e non potrebbe in alcun caso essere riconosciuta”, si legge in una nota diffusa dal ministero degli Esteri transalpino. “Continuiamo ad essere preoccupati per la situazione in Catalogna, dopo le dichiarazioni di Carles Puigdemont. Ogni soluzione a questa crisi va trovata nel quadro costituzionale spagnolo. L’unità e la legalità costituzionale vanno rispettate e tutelate”, affermano dalla diplomazia francese. ” Qualsiasi tipo di indipendenza da parte delle istituzioni catalane sarebbe illegale e inaccettabile, non avrebbe alcun riconoscimento”, ha dichiarato invece il portavoce del governo di Berlino, Ulrike Demmer, confidando nel fatto che si possa avviare il dialogo e “trovare soluzioni nell’ambito della Costituzione spagnola”.
In una giornata dal peso specifico importante per il futuro della Spagna, ancora una volta emergono le profonde divergenze fra i giornali di Madrid e quelli di Barcellona in un momento chiave della crisi catalana. La stampa della capitale spagnola, unanime, ha denunciato la mossa del presidente catalano Carles Puigdemont, che ieri ha dichiarato e sospeso l’indipendenza, come una “farsa” e chiesto dure misure al governo del premier Mariano Rajoy. Quella catalana invece ha rilevato soprattutto la decisione di Puigdemont di “sospendere” l’indipendenza per favorire un dialogo con Madrid e auspicato che possa esserci una trattativa. “Farsa e ricatto”, ha titolato in prima pagina El Mundo. “Indipendenza a rate che prolunga il caos in Catalogna”, quello di El Pais, che nell’editoriale ha parlato di “un nuovo inganno”.
Sulla stessa linea Abc e La Razon. I catalani Punt Avui e El Periodico hanno lo stesso titolo di prima pagina, “Tempo Morto”, Ara ha parlato di “Pausa per il dialogo” e La Vanguardia rilevato che “Puigdemont sospende l’indipendenza dopo averla annunciata”. Nel frattempo, il ministro portavoce del Governo catalano Jordi Turull ha detto che oggi il governo spagnolo indicherà “se c’è o no volontà di dialogo” dopo la decisione di Puigdemont di annunciare una indipendenza ‘differita’. “Se prendono determinate misure, vuol dire che non si vuole il dialogo e sarà chiaro che dobbiamo essere coerenti con i nostri impegni” ha sottolineato.