Nel novembre 2016, quando la riforma dell’amministrazione straordinaria era già stata stralciata, Carlo Calenda ha firmato un decreto ministeriale che stabilisce nuovi parametri ad hoc: per l’attività di gestione dell’impresa il commissario prende ora lo 0,25% dei ricavi da vendite e prestazioni se inferiori a 100 milioni, lo 0,15% se superiori. Se il commissariamento sfocia nella vendita degli attivi riceve invece una quota dell’attivo realizzato e una percentuale del passivo e delle somme ripartite ai creditori. Si prevede poi una decurtazione del 50% se l’azienda finisce per fallire. Quanto alla scelta dei nomi, lo scorso novembre il ministro con un decreto a sua firma ha individuato tre “esperti“, tra cui proprio Enrico Bondi, che sono stati incaricati della “selezione dei professionisti da sottoporre alla valutazione del Ministro”. I nominati da Calenda, dunque, selezioneranno professionisti da proporre a Calenda per le future nomine. Una “operazione trasparenza” – così l’ha definita via Veneto – che non risolve il problema di fondo: le redini della procedura restano al ministro, che avrà comunque l’ultima parola. Senza alcun controllo esterno sull’efficienza, sui tempi e sui costi scaricati sui contribuenti.

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