Meglio partire dal fondo. E lasciare in coda le crisi più lontane nel tempo, tra cui quella di banca Etruria. A sostenerlo è il presidente della commissione bicamerale d’inchiesta sulle banche Pier Ferdinando Casini. Nella relazione presentata giovedì, il senatore centrista spiega che le indagini dovranno seguire “il criterio dell’attualità” in base al quale “appare ragionevole partire dalle audizioni sugli interventi più vicini che i governi pro-tempore hanno posto in essere, per poi risalire a ritroso a quelli più lontani”. Tradotto: si partirà dalla crisi di Popolare di Vicenza e Veneto Banca, messe in liquidazione dal governo Gentiloni e vendute a Intesa Sanpaolo al prezzo simbolico di un euro.

La vicenda delle quattro banche messe in risoluzione dal governo di Matteo Renzi con il decreto del novembre 2015, tra cui quella di cui è stato vicepresidente il padre del sottosegretario Maria Elena Boschi, può attendere. Come l’audizione dell’ex ad Unicredit Federico Ghizzoni, l’unico che avrebbe potuto confermare se davvero l’allora ministro per le Riforme Boschi gli chiese di salvare l’Etruria come Ferruccio de Bortoli ha scritto nel suo ultimo libro. Nel frattempo la legislatura va verso la naturale conclusione, che impedirà all’organismo di produrre qualunque risultato. Non ci sarà tempo nemmeno per la relazione sull’attività svolta nei primi sei mesi.

Eppure Casini afferma che l’attività della commissione “deve essere mossa da un’esigenza di verità e trasparenza, al fine di chiarire le carenze del sistema nel suo complesso” e assicura che l’intenzione è quella di “fare luce su episodi gravissimi e individuare le responsabilità, senza inutili sovrapposizioni con le attività investigative poste in essere dall’autorità giudiziaria, ma al contempo senza esitazioni“. Il tema delle retribuzioni dei manager andrà però, aggiunge, trattato “separatamente”, visto che “acquista particolare rilievo alla luce del fatto che a volte gli standard stipendiali in questione non sono risultati in linea con la situazione di difficoltà delle singole banche”.

L’annuncio che la commissione procederà a passo di gambero arriva mentre il tesoriere Pd Francesco Bonifazi, fedelissimo di Renzi e componente dell’organismo, annuncia querela nei confronti di alcuni membri dell’Associazione Vittime del decreto SalvaBanche. Colpevoli di aver appeso sul palazzo fiorentino dove ha sede il suo studio di avvocato degli striscioni su cui si leggeva tra l’altro “Il giglio magico in commissione inchiesta banche! Vergogna!!!” e “Babbo, amico, fratello Etruria al macello”. Letizia Giorgianni, presidente dell’associazione, ha ricordato che “Bonifazi è innegabilmente molto vicino alla famiglia Boschi, stretto amico di Maria Elena Boschi e, addirittura, socio in affari del fratello, Emanuele Boschi, figlio dell’ex vicepresidente di Banca Etruria, Pierluigi Boschi. Con lui infatti è socio da quando Boschi Junior è entrato qualche anno fa tra i partner dello studio legale e tributario fondato da Bonifazi”.

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