Non si chiamerà più fallimento ma ‘liquidazione giudiziale’. E’ una delle novità introdotte da disegno di legge delega per la riforma del diritto fallimentare, diventato legge con il sì del Senato a un anno e mezzo dall’approvazione in consiglio dei ministri e dopo aver perso per strada l’articolo relativo alle amministrazioni straordinarie. “La persona che ha avrà avuto in qualche modo una sconfitta imprenditoriale potrà ritentare” senza avere addosso lo stigma del fallito, ha spiegato il ministro della Giustizia Andrea Orlando, secondo cui la riforma – di cui ora servono però i decreti attuativi – è “epocale”. Il testo prevede, fra l’altro, meccanismi di allerta per impedire alle crisi aziendali di diventare irreversibili e ampio spazio agli strumenti di composizione stragiudiziale per favorire le mediazioni fra debitori e creditori per gestire l’insolvenza.
LA LIQUIDAZIONE GIUDIZIALE – Dominus sarà il curatore, con poteri molto rafforzati: accederà più facilmente alle banche dati della pubblica amministrazione, potrà promuovere le azioni giudiziali spettanti ai soci o ai creditori sociali, sarà affidata a lui (anziché al giudice delegato) la fase di riparto dell’attivo tra i creditori. Ci sarà però una stretta sulle incompatibilità.
PREVENIRE LA CRISI – Per facilitare una composizione assistita, arriva una fase preventiva di allerta attivabile direttamente dal debitore o d’ufficio dal tribunale su segnalazione (obbligatoria per fisco e Inps) dei creditori pubblici. In caso di procedura su base volontaria, il debitore sarà assistito da un apposito organismo istituito presso le Camere di commercio e avrà 6 mesi di tempo per raggiungere una soluzione concordata con i creditori. Se la procedura è d’ufficio, il giudice convocherà immediatamente, in via riservata e confidenziale, il debitore e affiderà a un esperto l’incarico di risolvere la crisi trovando un accordo entro 6 mesi con i creditori. L’esito negativo della fase di allerta è pubblicato nel registro delle imprese. L’imprenditore che attiva tempestivamente l’allerta o si avvale di altri istituti per la risoluzione concordata della crisi godrà di misure premiali come la non punibilità dei delitti fallimentari se il danno patrimoniale è “di speciale tenuità”, attenuanti per gli altri reati e riduzione di interessi e sanzioni per debiti fiscali. Il limite del 60% dei crediti per l’omologazione dell’accordo di ristrutturazione dei debiti dovrà essere eliminato o quantomeno ridotto. Dalla procedura d’allerta sono escluse le società quotate e le grandi imprese.
REGOLE PROCESSUALI SEMPLIFICATE – Nel trattare le proposte, priorità viene data a quelle che assicurano la continuità aziendale, purché funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori, considerando la liquidazione giudiziale come extrema ratio. Si punta poi a ridurre durata e costi delle procedure concorsuali (responsabilizzando gli organi di gestione e contenendo i crediti prededucibili). Il giudice competente sarà individuato in base alle dimensioni e alla tipologia delle procedure concorsuali, assegnando in particolare quelle relative alle grandi imprese al tribunale delle imprese a livello di distretto di corte d’appello.
IL NUOVO CONCORDATO PREVENTIVO – Viene ridisegnato ammettendo, accanto a quello in continuità, anche il concordato che mira alla liquidazione dell’azienda. Solo, però, se in grado di assicurare il pagamento di almeno il 20 per cento dei crediti chirografari.
INSOLVENZA GRUPPO DI IMPRESE – Arriva una procedura unitaria per la trattazione della crisi e dell’insolvenza delle società del gruppo e, anche in caso di procedure distinte, vi saranno comunque obblighi di collaborazione e reciproca informazione a carico degli organi procedenti.