Udienza filtro del processo contro l'ente di Albenga accusato di truffa e associazione a delinquere. A 21 coppie sparse per l'Italia facevano balenare (e pagare) adozioni impossibili dal Kirghizistan. Il legale di una famiglia chiede che all'autorità pubblica di controllo (Cai) che dipende da Palazzo Chigi sia addebitata la responsabilità civile per non aver svolto il suo compito
“La Commissione adozioni risponda per omesso controllo”. La prima udienza del processo per truffa nelle adozioni internazionali sull’asse Italia-Kirghizistan è durata forse venti minuti o poco più, ma al tempo stesso apre uno scenario potenzialmente clamoroso e imprevedibile la richiesta di addebito di responsabilità civile in capo alla Commissione per le adozioni (Cai), organismo di controllo in se alla presidenza del Consiglio dei Ministri di cui è emanazione diretta. Niente meno.
A depositare l’istanza davanti al collegio del tribunale di Savona l’avvocato Pierfrancesco Torrisi. Il legale romano che difende una delle 21 coppie costituite nel processo l’aveva già presentata al Gip ma allora fu respinta dal Gup Meloni. Anche in seguito alle notizie diffuse dal fattoquotidiano.it sulle opacità nell’operato dell’ex vicepresidente della Cai Silvia Della Monica, emerse proprio dalle carte dei pm di Savona sulla onlus Airone di Albenga, l’avvocato ha ritenuto di avere più chance che in passato di far rientrare la Cai nel processo sotto il profilo civilistico della responsabilità per omissione di controllo e ha reiterato la sua richiesta.
“Quei documenti e quei fatti – spiega oggi Torrisi – hanno reso evidente come mai prima quantomeno l’assenza di controllo da parte dell’autorità pubblica che era chiamata a garantire la regolarità deve essere per questo chiamata a risponderne”. I giudici si sono presi un mese di tempo per valutare la richiesta e l’ammissione di testimoni avanzate dalle parti. E hanno fissato la prossima udienza il 6 novembre. Nel frattempo da Roma potrebbe arrivare la sentenza in sede civile sulla stessa vicenda con richiesta di risarcimento di 1 milione di euro che chiama in causa Airone come la stessa Cai.
Due gli imputati alla sbarra: il presidente dell’Associazione Airone, la 69enne Silvia La Scala, e una collaboratrice della onlus che operava da Bergamo, la 47enne Inna Troukhan. Entrambe devono rispondere del reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di truffe. dovranno rispondere dell’accusa di aver truffato almeno 21 coppie italiane che, attraverso la onlus avevano avviato l’iter per l’adozione internazionale di bimbi in Kirghizistan. Il pm Pischetola ha contestato agli indagati nelle ventisette pagine di imputazione anche l’aggravante della “minorata difesa” delle persone offese (avrebbero approfittato del loro forte desiderio di genitorialità) e del reato “transnazionale”. Cinque coppie si sono costituite parte civile. Il vicepresidente della Onlus Orietta Maini era stata indagata ma nel frattempo è deceduta. Indagati ma irreperibili i due referenti locali della onlus.
L’indagine della pm parte nel 2013 e verte sulla condotta dell’ente che avrebbe continuato a instradare coppie italiane verso il Kirghizistan promettendo rapidi percorsi d’adozione quando i bambini che venivano prospettati come adottabili alle famiglie italiane (e ad esse abbinati) in realtà non lo erano affatto. In alcuni casi erano abbinati ad altre coppie americane. Così che gli aspiranti genitori, ignari del raggiro, continuassero a versare ingenti somme all’ente per pratiche connesse a iter senza speranza e a spendere somme ragguardevoli per viaggi del tutto inutili nei quali si palesavano “giudici” da incontrare che non lo erano affatto, secondo una studiata messa in scena utile solo a garantire altri esborsi e nascondere il raggiro. A distanza di tre anni dalle 9mila carte del processo emerge anche il comportamento poco lineare dell’ex magistrato Silvia della Monica allora a capo della Cai che fu anche interrogata ai magistrati ma mai indagata. E le cui condotte, poi raccontate dal Fatto, sono rimaste inspiegabili.
Una storia che ha lasciato indelebili sofferenza nelle vittime come Fabio Selini che si è costituito contro l’ente e ieri era in aula. “Non posso nascondere la mia delusione – racconta al Fatto.it – per un dibattimento molto tecnico che resta lontano dal merito che attendiamo da troppo tempo. E’ chiaro che la vicenda processuale avrà un iter lungo ed estenuante. Rischia di diventare una storia infinita che non approda ad alcun risarcimento morale prima che economico. Ci sono persone che vengono da tutta Italia per seguire le udienze”.