Gli stipendi arretrati con gli interessi. Sono quelli che arriveranno a Bruno Contrada, l’ex numero due del Sisde reintegrato in polizia da Franco Gabrielli. Il provvedimento del capo della polizia revoca la destituzione decisa dieci anni fa da Antonio Manganelli, all’epoca al vertice del corpo di pubblica sicurezza. La decisione è legata alla sentenza della corte di Cassazione, che lo scorso 6 luglio aveva dichiarato “inesegubile e improduttiva di effetti penali la sentenza penale di condanna del 25 febbraio 2006″. Un provvedimento che ha anche effetti retroattivi. “Il periodo di tempo ricompreso tra il 13 gennaio 1993 e il 30 settembre 1996, cioè il giorno antecedente a quello in cui il dottor Contrada è stato collocato in quiescenza – si legge nel documento diffuso dall’agenzia Adnkronos – durante il quale ha esplicato i propri effetti il provvedimento di sospensione cautelare dal servizio datato 15 gennaio 1993, è riconosciuto utile (a Contrada ndr), sia agli effetti giuridici sia agli effetti economici e previdenziali“. Per questo motivo, viene riconosciuto a Contrada “l’intero trattamento economico previsto dalle vigenti disposizioni di legge, con interessi e rivalutazione monetaria”.
Il ricorso per ottenere il reintegro in polizia era già stato anticipato dai legali dell’ex superpoliziotto, Stefano Giordano e Vittorio Manes, nelle ore successive alla sentenza della Cassazione, che aveva revocato la condanna a 10 anni di carcere inflitta all’ex funzionario della Squadra mobile di Palermo, condannato in via definitiva per concorso in associazione mafiosa nel 2007. Una decisione, quella degli ermellini, legata alla sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo che aveva stabilito come Contrada non andasse condannato per concorso esterno perché all’epoca dei fatti contestati (che vanno dal 1979 al 1988) il reato “non era sufficientemente chiaro“. Lo sarebbe diventato solo nel 1994 con la sentenza Demitry, che tipizzava per la prima volta quella inedita fattispecie nata dall’unione dell’articolo 110 (concorso) e 416 bis (associazione mafiosa) del codice penale.
La sentenza di Strasburgo, in pratica, motivava la sua decisione con il principio giuridico contenuto nell’articolo 7 della Convenzione europea dei diritti umani. “Nulla poena sine lege”: nessuna pena senza una legge che la preveda. Un principio che i giudici di Strasburgo hanno potuto estendere al caso Contrada solo grazie a un errore dei rappresentati dello Stato Italiano, i giuristi Ersilia Spatafora e Paola Accardo. Tra le loro osservazioni, infatti, i due rappresentanti del nostro ministero degli Esteri non hanno obiettato nulla sulla premessa dei giudici di Strasburgo, che definiva il concorso esterno come “creazione della giurisprudenza“. E invece il reato di concorso esterno ha “un’origine normativa“, perché scaturisce dalla combinazione tra la norma incriminatrice (l’articolo 416 bis) e l’articolo 110 che prevede il concorso nei i vari reati. Senza quella contestazione di merito, quindi, la Cedu ha potuto facilmente condannare l’Italia per il caso Contrada ravvisando la violazione dell’articolo 7 della Convenzione Europea.
E adesso Contrada viene reintegrato in polizia, seppur formalmente, dato che è in pensione da vent’anni. “È un giorno importante per il nostro assistito, che dopo tanti anni vede restituita la sua onorabilità e viene reinserito tra i prefetti della Polizia, ma più in generale per tutti, perché la forza del diritto prevale sulle ingiustizie. Esprimiamo sincero apprezzamento e stima nei confronti del Capo della Polizia dottor Gabrielli per la sollecitudine e la disponibilità dimostrata, un esempio dell’Italia che funziona”, dicono gli avvocati Giordano e Manes.