Come previsto arriva la decontribuzione triennale del 50% per gli under 29. Paletti più larghi l'anno prossimo, ma ai sindacati non basta. La manovra vale 20 miliardi, di cui 15,7 servono solo per disinnescare gli aumenti Iva. "Le risorse possono sembrare limitate", ha ammesso il ministro Padoan, "ma sono ben indirizzate". Almeno 2 miliardi andranno al rinnovo del contratto degli statali. Resta il superticket
Solo per il 2018 anche le assunzioni di lavoratori tra i 29 e i 34 anni godranno della decontribuzione al 50% per tre anni. E’ la novità dell’ultimo minuto annunciata dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti ai sindacati poco prima del varo in Consiglio dei ministri della legge di Bilancio per il 2018. Che vale 20,4 miliardi di cui 15,7 serviranno solo per evitare gli aumenti automatici dell’Iva previsti dalle clausole di salvaguardia. “Il nostro primo obiettivo era quello di evitare aumenti dell’Iva e l’introduzione di nuove tasse, gabelle, accise, obiettivo che abbiamo raggiunto, impegno che è stato mantenuto”, ha chiosato il premier Paolo Gentiloni al termine della riunione.
L’allargamento degli sgravi è un contentino insufficiente per la Cgil, che sperava di ottenere promesse sul rinvio del’aumento dell’età pensionabile a 67 anni dal 2019. Nulla da fare: Poletti si è limitato a dire che “sull’automatismo relativo all’aspettativa di vita il governo non ha preso ancora nessuna decisione”. In compenso è spuntata, appunto, l’agevolazione per gli under 35. Che si aggiunge a quella triennale, sempre del 50%, per le assunzioni degli under 29. I costi degli sgravi, stando alla tabella con le previsioni di uscita presentata al Parlamento dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, saranno molto contenuti il primo anno (solo 338 milioni) ma lieviteranno rispettivamente a 2,1 e 3,9 miliardi nel 2019 e 2020, dopo le elezioni. “Le risorse possono sembrare limitate ma sono ben indirizzate e ben utilizzate”, ha sostenuto Padoan. Che ha escluso l’eliminazione del superticket chiesta da Mdp.
Meno di un miliardo per lotta alla povertà e investimenti – Il pacchetto lavoro comprende anche la decontribuzione del 100% per i giovani assunti al Sud, ma non è una novità: l’agevolazione è in vigore anche quest’anno per i ragazzi disoccupati residenti Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia, Abruzzo, Molise e Sardegna. Passando alle altri voci di uscita, solo 300 milioni – non i 600 preannunciati – andranno a incrementare il fondo per il Reddito di inclusione, la nuova misura “universale” contro la povertà che sarà operativa dal gennaio 2018 e di cui godranno circa 1,8 milioni di persone a fronte dei 4,75 milioni di italiani in condizione di indigenza. Le risorse per lo sviluppo e la promozione di investimenti, sotto forma di superammortamenti, sono scarse: 300 milioni a valere sul 2018. Un centinaio di milioni sarà destinato poi alla proroga di un anno della cassa integrazione straordinaria per le aziende “a valenza strategica”.
2 miliardi al rinnovo dei contratti statali. Con l’incognita 80 euro – Almeno 2 miliardi serviranno infine per il rinnovo del contratto degli statali, mossa obbligata dopo la sentenza della Consulta che ha dichiarato incostituzionale il congelamento delle buste paga a partire dal 2010. C’è però un nodo ancora da sciogliere: l’intesa firmata a novembre da sindacati e ministro della pubblica amministrazione prevede che gli aumenti – di “85 euro medi” al mese – non comportino la perdita del bonus di 80 euro per chi supererà la soglia dei 26mila fissata per aver diritto al beneficio introdotto da Renzi. Prevedere una deroga solo per i dipendenti pubblici rischia di essere anticostituzionale, visto che centinaia di migliaia di italiani hanno invece dovuto restituire il bonus perché hanno guadagnato più del tetto massimo o si sono scoperti incapienti. Padoan ha aggiunto che sono previste “1.500 assunzioni di ricercatori“, “un segnale molto chiaro: dopo molti anni si torna a dare linfa vitale all’Università”. I piatti forti della manovra, di fatto, si fermano qui.
Le coperture: 10 miliardi di maggior deficit e 9 (teorici) da tagli e lotta a evasione – Del resto ben 15 dei 20 miliardi di coperture sono già blindati: il governo li utilizzerà, appunto, per disinnescare gli aumenti automatici dell’Iva previsti da precedenti manovre se non si fossero trovate entrate aggiuntive. La manovrina di primavera ha portato in dote circa 5 miliardi sui 19,6 complessivi da sminare. Il decreto fiscale varato venerdì riduce il conto di un ulteriore miliardo (i proventi attesi dalla rottamazione bis delle cartelle). Ballano dunque circa 13,6 miliardi di coperture. Una decina arriverà dallo “sconto” che Padoan ha deciso di autoconcedersi rispetto all’aggiustamento del deficit promesso a Bruxelles la scorsa primavera. Il resto è atteso dalla solita spending review (3,5 miliardi) e dalla usuale promessa di una più efficace lotta all’evasione (5,1 miliardi).
Ancora da capire come il governo intende metterla in atto, visto che stando alle anticipazioni (il testo della manovra non è ancora pubblico) una novità chiave come l’obbligo della fatturazione elettronica tra i privati viene ulteriormente rimandata. Così come la messa a punto della web tax, i ritocchi allo spesometro andato in tilt alla fine di settembre e le sanzioni per commercianti, professionisti e artigiani che non consentono ai clienti di pagare con il bancomat. Secondo Padoan “il 40% delle coperture arriveranno da tagli alla spesa e il resto da aumento di entrate, ma l’aumento delle entrate non ha a che fare con un aumento di tasse ma con l’efficientamento della riscossione, la fatturazione elettronica e altre misure di efficientamento“.