Il pallone se l’è portato a casa, come da tradizione. In compenso, al momento del gol decisivo non ha esultato neanche troppo: si è solo sfilato la maglietta, esibita con due dita alla curva nord nerazzurra, come un pezzo da collezione, quasi a consegnarla alla memoria di San Siro. Mauro Icardi è entrato nella storia del derby di Milano. Una tripletta per decidere Inter-Milan, uno dei derby più emozionanti degli ultimi anni, che proietta i nerazzurri al secondo posto solitario in classifica, ancora imbattuti, davanti alla Juventus e alle spalle solo del Napoli con cui sabato sera ci sarà la grande sfida da primato. Tutto merito suo e della sua tripletta: due gol da rapace d’area, con movimenti e coordinazione da fenomeno, un rigore al 90′ che per tirarlo non basta avere solo il fiuto del gol, bisogna essere anche campioni. Come pochissimi prima di lui. E grandissimi: i pionieri Capra, Nyers e Amadei agli albori della Serie A, il mostro sacro Altafini (che ne fece addirittura quattro nel 1960), di recente solo un certo Diego Milito nel 2012. Icardi è in buona compagnia. E non solo fra le mura domestiche con la sua Wanda.
Già, perché i suoi numeri sono straordinari: 4 tiri e 3 gol, ieri sera; in totale 164 presenze e 90 reti in Serie A. A soli 24 anni. Roba da top internazionale nel suo ruolo, numero nove vero, come ce ne sono pochi in tutto il mondo. Eppure non ha mai goduto della piena considerazione che probabilmente meriterebbe. Sarà per la storia con Wanda Nara dai contorni della telenovela argentina Anni ’80, sommata a quell’ostentazione del lusso cafonesca, che gli ha sempre suscitato invidia sociale e disapprovazione morale, da noi e in patria (dove per anni è stato ostracizzato dalla nazionale, e dal suo nome è nato un neologismo sinonimo di “infame“). Vuoi per il luogo comune che “sì d’accordo, segna tanto ma non aiuta la squadra“, tramandato di allenatore in allenatore, da Mancini allo stesso Spalletti. Mettiamoci pure quella biografia un po’ troppo romanzata e una fascia di capitano indossata forse con eccessiva leggerezza. Ed ecco il numero 9 dell’Inter: amato ma non a dismisura persino dai suoi, odiato da molti, quasi sempre comunque decisivo. Oggi ancora più di ieri.
È un personaggio strano, questo Icardi. Istrione sui social ma sempre irreprensibile sul campo, galletto da tastiera e di poche parole nello spogliatoio, amante della bella vita ma tutto sommato sposato e padre di famiglia, con figli suoi (e altrui) a carico. Forse solo lui ha capito chi è il vero Mauro. Di certo è un grande centravanti. E quanto conta tutto il resto – Wanda, Facebook e le loro Lamborghini – dopo un Inter-Milan del genere, vinto praticamente da solo con una tripletta? Da oggi esiste anche il derby di Icardi.