La bruttezza estetica dell’Inter non è un difetto: è una scelta. L’involuzione di Bonucci è spaventosa. Si muove a caso, è sempre in ritardo e si guarda attorno con aria smarrita neanche credesse di essere a un simposio su Heidegger. La Juve non è in crisi e Mihajlovic si credeva Farinacci quando al massimo era Alfano coi bigodini
Bentornati a Ten Talking Points, l’unica rubrica che domani debutterà al Teatro Masini di Faenza con Eroi. Altre considerazioni.
1. Il Napoli raggiunge le 8 vittorie su 8 e non può più nascondersi. È prima, ha 5 punti di vantaggio sulla Juve e pratica un calcio così bello che, quando lo guardo, mi ricorda Rosario Dawson in Sin City.
2. La Juve non è in crisi, ma è del tutto ovvio che una squadra condannata a vincere fa notizia se racimola un punto in due giornate. Ha perso pure in casa: non accadeva dall’armistizio del ’43. Higuain si è smarrito, Barzagli soffre e anche Giletti non si sente bene. Si riprenderanno, ma la sensazione – già detta ad agosto – è che non siano più così sideralmente superiori a tutti gli altri in Italia.
3. Chissà perché, ultimamente, quando Dybala va sul dischetto si ispira a Nardella.
4. Della Roma, quest’anno, ho sempre pensato che sia un’ottima squadra ma che non sia da scudetto e valga il terzo-quarto posto. Al netto dei pali, degli infortuni e degli spot di Claudio Amendola per Bet365, dopo averla vista trafitta sabato col Napoli ne ho avuto conferma.
5. La bruttezza estetica dell’Inter non è un difetto: è una scelta. Spalletti è stato bravo a concretizzare l’eterna aspirazione della Beneamata: assurgere ad Atletico Madrid nostrana. Icardi è un fenomeno, la squadra ha tigna e anche la fortuna va saputa conquistare. Col Milan non ha rubato niente. Alla vigilia vi avevo detto che sarebbe arrivata come minimo terza. Infatti è seconda a sole due lunghezze dall’Orchestra del Commodoro. Se non perde sabato col Che Gue Sarri, l’Inter non si ferma più.
6. Simone Inzaghi è una delle più grandi sorprese positive degli ultimi anni. La sua Lazio è una sinfonia mirabile e lotterà per un posto in Champions League sino alla fine. Lo farà anche grazie alla decisione azzardata – ma giusta – di Tommaso Labate, che ha abbandonato il giornalismo per divenire goleador col nome d’arte di Ciro Immobile.
7. Non poteva esserci sconfitta più tremenda per il Milan. Regala un rigore allo scadere e, peggio ancora, consegna – con Biglia – la partita all’Inter nel suo momento migliore (sull’1-1). Il contraccolpo psicologico sarà straziante. Game over. I venti minuti ben giocati nella ripresa, guarda caso senza Kataclisma-Kessie e con Jack & Suso finalmente non fuori ruolo, illuderanno qualcuno che la squadra sia in ripresa. Di fatto, dopo otto giornate, il Milan degli acquisti milionari è già fuori da tutto. Bravo Montella: non era facile.
8. L’involuzione di Bonucci è spaventosa. Si muove a caso, è sempre in ritardo e si guarda attorno con aria smarrita neanche credesse di essere a un simposio su Heidegger. O ha incontrato di notte in un vicolo Andrea Romano vestito da Mazinga in latex, o tutto questo smarrimento straziante non si spiega.
9. Continua l’avvincente carriera in panchina di Sinisa Mihajlovic, l’allenatore che si credeva Farinacci quando al massimo era Alfano coi bigodini.
10. Da tempo la sinistra italiana è in cerca di un leader. In realtà lo ha già: è il Che Gue Sarri. Se il Commodoro Marxista fosse Presidente del Consiglio, maramaldeggerebbe su Mattarella, prenderebbe a smadonnate Gentiloni e andrebbe da Trump gridandogli “Suka, cazzone”. Lo stesso Gramsci, nelle sue lettere dal carcere, scriveva: “Karl Marx non mi convince appieno, laddove invece la sintesi tra materialismo e massimalismo trova sintesi ideali nei dettami del compagno Sarri”. Sia dunque lode.