Ero stato invitato da Casapound per presentare il mio libro GangBank. O almeno così avevo capito. Invece scopro che farei parte di una passerella di giornalisti e opinionisti che di volta in volta si confrontano con Simone Di Stefano, vicepresidente del movimento.
Ci sono già stati Enrico Mentana, Corrado Formigli e Nicola Porro. Poi dovrei esserci io e dopo di me David Parenzo.
Ecco, io mi sfilo. Non mi interessa dover dimostrare di essere democratico perché vado a parlare con Casapound, ci vada chi pensa di doversi far rilasciare dei patentini anche da Casapound perché bisogna piacere a tutti. Io non voglio piacere a tutti. Soprattutto non voglio piacere ai colleghi.
Non ho voglia di partecipare a un dibattito dove ciò che resta è: avete visto come siamo democratici? Lo può dire chi invita tanto quanto lo può dire chi accetta l’invito.
Io… “me ne frego” di questo siparietto e non parteciperò al format di Casapound. Senza tanti problemi per me e per loro, per carità. Non ci vado perché non ho voglia di far parte della compagnia di giro. Con tutto il rispetto ma il gioco lo conduco io. Non ho voglia di dover dare delle risposte a domande di cui non mi interessa nulla. Non ho voglia di fare alcun dibattito. Sono intollerante, sì. Ma anche questa non è una novità.
Il libro l’avrei presentato esattamente come l’ho presentato laddove mi hanno invitato e lo avrei presentato nelle modalità che mi aggradano e cioè parlo io e poi rispondo ad eventuali domande del pubblico. Dopodiché, tanti saluti. A meno che non abbia voglia di rimanere a bere qualcosa, ma sono fatti miei.
Simone Di Stefano l’ho invitato in televisione prima di altri: so come la pensa. E’ un ragazzo con formazione politica, anche con passione. Non è il solo dentro quel movimento. Credo che sia sbagliato tenerli fuori dal perimetro democratico (come vorrebbe qualcuno), ma non li vorrei come compagni di cordata perché in politica i risultati si debbono raggiungere e non solo rappresentare. Con Casapound non li raggiungi. Io la penso così.
Auguro alla tartaruga di proseguire con i loro incontri, in giro ci sono tanti giornalisti decisamente più bravi. Alcuni dei quali non vedono l’ora di dire: ho persino parlato con quelli di Casapound. Io non ho né necessità né urgenza. Quando li ho voluti scoprire giornalisticamente l’ho fatto mandando le telecamere e portando in studio il suo rappresentante. Non avevo certo bisogno della passerella. Grazie per l’invito, scusate l’equivoco, io torno a parlare con gli artigiani, i piccoli imprenditori, i risparmiatori fregati dalle banche, con i disoccupati e con chi ha diritti negati. Lo fate anche voi? Bene.