Daphne Caruana Galizia, la giornalista investigativa maltese uccisa lunedì da un’autobomba, aveva indagato sui rapporti finanziari tra la famiglia del premier Joseph Muscat e l’entourage del presidente dell’Azerbaigian Ilham Aliyev. E, secondo quanto riportano diversi quotidiani, esaminando i Panama leaks aveva scoperto che sul conto corrente panamense della Egrant, società riconducibile a sua moglie, era arrivato un milione di dollari dalla figlia di Aliyev. Non solo: aveva ricostruito che anche il 60% del capitale della Pilatus bank, su cui erano transitati i soldi, era dei figli del dittatore azero e del suo ministro Kamaladin Heydarov. Tutto questo senza che l’antiriciclaggio maltese alzasse un dito per segnalare operazioni sospette.
La Caruana Galizia, racconta su Repubblica Giuliano Foschini, sospettava che i passaggi di denaro fossero legati ai negoziati sul Tap, il gasdotto destinato a portare il gas azero in Europa. E i maxi bonifici partiti dalla Repubblica del Caucaso, come ricostruito sul mensile Fq MillenniuM ora in edicola, sono finiti anche al centro di un’inchiesta della Procura di Milano su un presunto giro di tangenti che vede indagato anche l’ex parlamentare Udc Luca Volontè, membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, accusato di aver ricevuto una mazzetta da 2,3 milioni di euro per “orientare le votazioni” del suo gruppo contro un rapporto sul trattamento dei prigionieri politici in Azerbaijan. Muscat, ricorda poi il quotidiano romano, da europarlamentare faceva parte del comitato parlamentare Ue-Azerbaigian e aveva conosciuto le personalità che avrebbero poi depositato il denaro sui conti della Pilatus.
“Ci sono corrotti ovunque. La situazione è disperata”, aveva scritto la giornalista nel suo ultimo post, pubblicato ieri mattina. Martedì il figlio Matthew ha pubblicato su facebook un lungo intervento in cui denuncia la “cultura dell’impunità a cui il governo di Malta ha consentito di prosperare” e accusa il primo ministro di aver “riempito il suo ufficio di truffatori e imbecilli e le corti di truffatori e incompetenti. Se le istituzioni stessero già lavorando, non ci sarebbero omicidi su cui investigare – e i miei fratelli ed io avremmo ancora una madre”. Poi l’affondo: “Joseph Muscat, Keith Schembri, Chris Cardona, Konrad Mizzi, procuratore generale e la lunga lista di commissari di polizia che non hanno agito: siete complici. Siete responsabili di questo”.
Il figlio della giornalista ha poi denunciato che “mentre quel pagliaccio di Muscat parlava in Parlamento“, il sergente della polizia maltese, Ramon Mifsud, uno degli uomini che dovrebbero indagare sull’attentato contro la cronista, ha scritto un post su Facebook, nel quale afferma “alla fine tutti hanno quello che si meritano, sono contento :)”. Da qui l’ira di Matthew: “Sì, questo è il posto dove siamo: in uno stato mafioso“.