Cade la capitale dello Stato Islamico. Le forze curdo-siriane alleate degli Stati Uniti che combattono l’Isis, infatti, hanno confermato di avere interamente strappato Raqqa al controllo del Califfato. L’annuncio è stato dato dalle stesse Forze democratiche siriane (Sdf), a predominanza curda, sostenute dalla Coalizione internazionale a guida americana.
“A Raqqa l’operazione militare è terminata, ma adesso portiamo a termine un’operazione di pulizia per porre fine alle cellule dormienti di Daesh (acronimo arabo per indicare l’Isis ndr) che ci sono ancora”, ha spiegato al telefono con l’agenzia spagnola Efe il portavoce delle Fsd, Talal Salu, anticipando che le Forze democratiche siriane pubblicheranno a breve un comunicato proclamando ufficialmente la liberazione di Raqqa dall’Isis.
Gli ultimi combattenti jihadisti si erano trincerati in un’area molto ristretta del centro della città. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani tra di loro c’erano molti foreign fighters, cioè combattenti stranieri arrivati da altri Paesi arabi ma anche da Usa ed Europa per combattere nelle file dell’Isis. È sempre l’Osservatorio a tracciare una prima stima delle vittime della battaglia finale per riconquistare la roccaforte Isis: almeno 3.200 morti da giugno ad oggi, tra cui non meno di 1.100 civili. Almeno 267 i bambini e 194 le donne decedute.
Intanto sullo stadio di Raqqa è stata issata la bandiera dell’Ypg, le Unità di protezione del popolo curdo, la più potente delle fazioni che compongono l’alleanza curdo araba. Rojda Felat, comandante delle operazioni delle Forze siriane democratiche a Raqqa, ha dichiarato che sono in corso le operazioni per mettere in sicurezza lo stadio, ripulendolo dalle mine disseminate dai jihadisti. L’impianto sportivo è l’ultimo grande obiettivo riconquistato dalle Forze democratiche, mentre prima erano stati riconquistati l’ospedale, altra zona di resistenza delle milizie jihadiste, e piazza al Naim, divenuta celebre perché teatro delle esecuzioni pubbliche dei boia dell’Isis.
Già domenica, quando era cominciato l’assalto finale alla città, centinaia di miliziani di Daesh e migliaia di civili, tra cui le famiglie degli stessi estremisti, erano stati evacuati da Raqqa in base a un accordo raggiunto tra le Sdf e lo Stato islamico, con la mediazione di capi tribali locali. Anche ai foreign fighters era stato permesso di lasciare la città, nonostante l’opposizione soprattutto dei servizi segreti francesi, convinti che in città si nascondessero anche le menti degli attentati di Parigi. Secondo le Sdf sono stati evacuati nei giorni scorsi circa 3mila civili e 275 miliziani dell’Isis, mentre tra i 250 e i 300 jihadisti stranieri hanno rifiutato l’accordo.
La gioia per la liberazione della città, però, lascia presto il posto alla situazione di emergenza in cui si trovano i sopravvissuti. “I bambini che si trovano nei campi intorno a Raqqa hanno raccontato ai nostri operatori che sono stati costretti a essere testimoni di esecuzioni e decapitazioni – spiega Save the Children in un comunicato – Hanno detto di aver visto amici e familiari saltare in aria a causa delle mine presenti sulle strade e di aver assistito a bombardamenti che hanno ridotto in cenere le case. Ci potrebbero volere molti anni per curare i danni psicologici che hanno subìto”, continua l’ong, che ha denunciato anche le condizioni delle “circa 270mila persone fuggite dai combattimenti a Raqqa che hanno urgentemente bisogno di aiuti, mentre i campi di sfollati sono al limite del collasso“.
La battaglia per liberare Raqqa è iniziata a giugno. La città era controllata dall’Is dal 2014 e si ritiene che da qui i miliziani pianificassero gli attacchi all’estero. È a Raqqa, infatti, che si concentravano migliaia di foreign fighters. Sempre a Raqqa, poi, l’Isis aveva organizzato la sua amministrazione locale che prevedeva tasse, burocrazia e polizia. È l’ultima grande città persa dallo Stato Islamico mentre la scorsa estate l’esercito iracheno, sempre coadiuvato dagli Stati Uniti, aveva espugnato Mosul.