Cattaneo, Monti, Piano e Rubbia firmano una lettera per chiedere ai colleghi di Palazzo Madama di adottare "senza modifiche il testo già approvato dalla Camera" ad aprile. "Nel resto del mondo sviluppato - scrivono - si dibatte di ulteriori forme di disciplina della materia, mentre il nostro Paese resta orfano di questa legge"
“Mentre il resto del mondo sviluppato dibatte di ulteriori forme di disciplina della materia, il nostro Paese resta orfano di quella che è ormai una soglia minima di regolamentazione sul diritto alle disposizioni anticipate di trattamento“. Cita le leggi in vigore negli Usa e nella maggior parte dei Paesi Ue, cita i casi Englaro, Welby, Nuvoli e “migliaia di altri meno noti, ma altrettanto degni di considerazione”. È l’appello firmato dai quattro senatori a vita di nomina Elena Cattaneo, Mario Monti, Renzo Piano e Carlo Rubbia e pubblicato su Repubblica. Un intervento che vuole spronare il Parlamento ad approvare in via definitiva la legge sul biotestamento, da aprile bloccata al Senato, a sei mesi esatti dal via libera del testo alla Camera.
“Nonostante tutti i sondaggi fatti sul tema dimostrino, da almeno un decennio, il consenso di un’amplissima maggioranza di italiani, 3mila emendamenti (in massima parte ostruzionistici) e discussioni infinite ostacolano la definitiva approvazione di una legge che non è di destra, di centro o di sinistra”, si legge nella lettera indirizzata ai colleghi di Palazzo Madama. “Quella del fine vita è una questione di libertà, di rispetto della volontà, di dignità del vivere e del morire che dev’essere lasciata quanto più possibile alla scelta di ciascuno – continua l’appello – È una legge che, senza distinguo, dà valore alla volontà di ciascuno”. Com’è noto, tutti i senatori firmatari hanno fama internazionale nei rispettivi campi: Cattaneo è una scienziata nota per le ricerche sulle staminali, Monti è un economista, Piano è un architetto noto in tutto il mondo, Rubbia è premio Nobel per la fisica.
In sintesi, la legge approvata alla Camera ad aprile prevede che “nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata” e che “nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, questo consenso viene espresso mediante videoregistrazione o dispositivi che la consentano”. Fermo restando che “la volontà espressa dal paziente può essere sempre modificata” e che i medici possono esercitare l’obiezione di coscienza. Per depositare le proprie disposizioni sul fine vita ci si dovrà rivolgere a un notaio o pubblico ufficiale, ma sarà possibile farlo anche davanti a un medico del Servizio sanitario nazionale (qui la scheda completa sui contenuti della legge).
La richiesta, dunque, è che Palazzo Madama approvi la legge in via definitiva prima dello scadere della legislatura. “Come senatori a vita, chiamati ad esercitare un ruolo il più possibile libero da ogni condizionamento, appartenenza o calcolo – si legge nell’appello – crediamo che questo Parlamento onorerebbe il Paese se, adottando in Senato senza modifiche il testo già approvato dalla Camera, trattasse i suoi cittadini da adulti, lasciando loro a fine legislatura, come un prezioso legato, il riconoscimento di questo spazio incomprimibile di libertà e responsabilità“.
Secondo Cattaneo, Monti, Piano e Rubbia, la mancanza di una legislazione sul fine vita allontana l’Italia dagli altri Paesi. “Il cosiddetto testamento biologico non rappresenta più, da tempo, la frontiera ‘divisiva’ dei ‘nuovi’ diritti civili – continuano i 4 senatori – Non lo è più da ventisette anni negli Stati Uniti, dove il dibattito sul Living will è iniziato quasi quarant’anni fa nelle Corti dei vari Stati, nella Corte suprema e nella società civile, per poi culminare con l’adozione del Patient Self Determination Act del 1990. Non lo è più neanche, almeno da dieci anni, nella maggior parte dei Paesi europei, dove ormai il valore giuridico vincolante di un testamento biologico fa parte del corpus dei diritti civili minimi del cittadino”.