L'operazione 'Dirty oil' ha permesso di sgominare un'associazione a delinquere che produceva un giro di affari di quasi 30 milioni di euro. Circa 80mila le tonellate di carburante rubate dalle milizia libiche guidate da Ben Khalifa, recentemente arrestato dalle autorità, fuggito dal carcere nel 2011 dopo la caduta di Gheddafi. Tra gli arrestati anche Nicola Orazio Romeo, ritenuto vicino alla famiglia Santapaola-Ercolano
C’è un uomo considerato vicino a Cosa nostra. E ci sono i miliziani libici dell’Isis. Rubavano il gasolio in Libia e lo immettevano nel mercato italiano ed europeo passando dalla Sicilia. E facevano in modo di occultarne la provenienza creando società schermo a Malta. È quello che ha scoperto la procura di Catania che stamattina ha chiesto e ottenuto l’arresto di nove persone: tre sono finite in carcere, altre tre ai domiciliari, mentre tre libici sono ricercati. Tra le persone colpite da ordinanza di custodia cautelare ci sono anche quattro italiani. L’operazione – battezzata Dirty oil – coordinata dal procuratore Carmelo Zuccaro, era partita da una denuncia dell’Eni, parte lesa della vicenda.
Il petrolio veniva rubato dalla raffineria di Zawyia, centro a 40km da Tripoli e trasportato in Italia – dove arrivava nel porto di Augusta – via mare scortato dalle milizie libiche guidate da Ben Khalifa, recentemente arrestato dalle autorità, fuggito dal carcere nel 2011 dopo la caduta di Gheddafi. Khalifa sarebbe stato a capo di uomini di stanza nella zona costiera al confine con la Tunisia, mentre tra i quattro italiani fermati c’è Nicola Orazio Romeo, ritenuto vicino alla famiglia mafiosa dei Santapaola-Ercolano. A fare il suo nome era stato il collaboratore di giustizia Giuseppe Scollo ma le accuse nei suoi confronti non sono mai state dimostrate. Anche in questo caso il gip ha escluso per lui ipotesi di contiguità mafiose, per i pm, però, è rilevante che un uomo indicato come vicino ai clan abbia avuto contatti con i miliziani libici.
Le indagini, durate un anno, hanno documentato più di 30 viaggi nei quali sono stati importati via mare dalla Libia oltre 80.000 tonnellate di gasolio, per un valore di circa 30 milioni di euro. Il gasolio veniva trafugato dalla Noc, la compagnia petrolifera nazionale libica. Una volta arrivato in Italia, grazie al lavoro dell’amministratore delegato della Maxcom Bunker, società che commercia prodotti petroliferi con sede a legale a Roma, veniva immesso nel mercato italiano ed europeo a un prezzo simile ai prodotti ufficiali, pur essendo di qualità inferiore. Gli ideatori del traffico, per non farsi scoprire, hanno prima costruito un sistema di finte società a più livelli, poi sono riusciti a ottenere falsa documentazione libica probabilmente corrompendo funzionari statali.