Roma, 14 mar. (Adnkronos/Labitalia) - L'Italia e la sfida della space economy è al centro di uno studio dell'Eurispes in cui illustra sette proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore. La 'New space economy' rappresenta attualmente circa lo 0,35% del Pil mondiale. Secondo il World Economic Forum, la New space economy avrebbe raggiunto il valore di 630 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe raggiungere gli 1,8 trilioni di dollari entro il 2035. La space economy è del resto ormai un fornitore di applicazioni innovative e servizi avanzati che vengono utilizzati sempre più nella vita quotidiana e che, si stima, entro il 2040, porteranno il settore a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari.
L’Italia è il sesto Paese al mondo per rapporto fra investimenti nello spazio e Pil e il terzo in Europa. Un rapporto che negli ultimi anni è quasi raddoppiato, con una crescita media annua del 9,5%. Ottantotto paesi nel mondo investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 paesi dotati di un’agenzia spaziale, con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Il Made in Italy nel settore spaziale, nel 2023, ha prodotto esportazioni per 7,5 miliardi, in crescita del 14% rispetto al 2022. Nei primi otto mesi del 2024 il dato delle esportazioni italiane nel settore è stato di 4,3 miliardi.
Ma, soprattutto, l’Italia è anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo: dall’accesso allo spazio alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca, con un’ottima distribuzione delle attività su tutto il territorio e un mercato in cui operano all’incirca 200 aziende con un fatturato annuo di più di 2 miliardi di euro. Il comparto spaziale italiano è comunque ancora composto, per circa l’80%, da piccole e medie imprese, altamente specializzate nei diversi ambiti.
Tutto questo opera in una cornice che, dal 2016, vede l’Italia già dotata di un 'Piano strategico space economy', parzialmente confluito poi, come 'Piano a stralcio space economy', nel Piano imprese e competitività Fsc, con un investimento Paese di circa 4,7 miliardi di euro, di cui circa il 50% finanziato con risorse pubbliche aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali. Nel periodo 2023-2027, i finanziamenti pubblici destinati all’ecosistema spaziale nazionale ammonteranno, complessivamente, ad oltre 7 miliardi di euro. Tali prospettive di attenzione e sviluppo sono peraltro in linea con la recente approvazione, il 20 giugno 2024, da parte del Consiglio dei ministri del primo disegno di legge per una normativa organica nazionale sulla space economy.
Di seguito alcune proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore della space economy. 1) Armonizzare i distretti aerospaziali e superare i limiti delle reti regionali. Sono tredici i Distretti aerospaziali italiani che mettono in contatto le grandi aziende con le medie e piccole imprese e start up, portatrici di un elevato valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica, e con i Centri di ricerca, Università e agenzie nazionali. Tutte queste realtà, tuttavia, presentano caratteristiche differenti e non sono uniformi, né a livello statutario né giuridico. Sarebbe dunque importante superare tale limite con una maggiore armonizzazione tra di loro e con le Reti regionali. A proposito di queste ultime, accanto ai distretti e cluster, in alcune regioni italiane, esistono infatti anche le Reti regionali, le quali presentano però anch’esse diversi limiti che ne ostacolano l’efficacia, tra cui la frammentazione delle iniziative e la mancanza di integrazione con il tessuto industriale locale. Uno dei principali problemi delle reti è poi l’assenza di un coordinamento nazionale: non essendo i progetti coordinati tra loro, ci si trova spesso a lavorare su progetti simili, perdendo così l’opportunità di creare un valore aggiunto più significativo attraverso la condivisione di conoscenze e risorse.
2) Sfruttare e disciplinare le potenzialità dell’intelligenza artificiale anche in riferimento alla space economy. Nello spazio si acquisiscono oramai quantità impressionanti di dati, soprattutto immagini, che devono essere trasmesse a terra per essere elaborate. In tal caso, un primo problema è legato alla velocità della trasmissione a terra, che è oggi ancora troppo lenta; il che rende indispensabile elaborare le immagini per una prima valutazione di massima che permetta di spedire a terra solo quelle interessanti, o comunque istruire il satellite su cosa inquadrare e come prendere l’immagine successiva. L’IA potrebbe velocizzare tale processo e sarebbe anche un potente strumento per l’analisi dei dati trasmessi. Altri settori in cui l’utilizzo delle potenzialità dell’IA è fondamentale sono poi quelli della guida, della navigazione e del controllo autonomi; delle operazioni satellitari; della progettazione e collaudo dei veicoli spaziali. Sotto il profilo legale e normativo tutto questo necessita però di essere specificatamente disciplinato, garantendo che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile. In un tale contesto è dunque senz’altro da apprezzare il Regolamento Europeo 2024/1689 (AI Act), in vigore dal 13 luglio 2024 e pienamente applicabile dal 2 agosto 2026, che introduce norme uniformi per la commercializzazione, l’attivazione e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nella Ue, compresa una chiara definizione del concetto stesso di intelligenza artificiale (art. 3). Un quadro giuridico da cui partire.
3) Sfruttare la leva fiscale - esenzione Iva per la space economy e per i beni dual use. Per gli Stati Ue che partecipano ai programmi dell’Agenzia europea per la Difesa è prevista l’esenzione Iva per le spese di procurement militare. L’esenzione dall’imposta del valore aggiunto, che può essere utilizzata per qualsiasi tipo di progetto dell’Eda, crea così un interesse commerciale per tutti i programmi di cooperazione nella difesa. L’unica clausola è che l’Agenzia deve necessariamente 'portare una qualche forma di valore aggiunto al progetto in questione'. Questo “valore aggiunto” può essere, ad esempio, l’apporto di conoscenza tecnica, la messa in comune della domanda (pooling demand), la costruzione di sinergie con politiche europee più ampie. Perché dunque, con la stessa ratio e vista anche la natura ontologicamente affine, anche al fine di guadagnare competitività in ambito globale, non estendere tale esenzione anche alla space economy ed in particolare ai programmi Esa?La possibilità di considerare come beni e tecnologie duali quelli utilizzabili sia in applicazioni civili sia nella produzione, sviluppo e utilizzo di beni militari dà peraltro il quadro di quanto una tale misura possa essere in linea con la suddetta, già vigente, esenzione e comunque di quanto potrebbe valere e servire da volàno finanziario per il settore.
4) Canone di uso orbitale: anche se può sembrare una proposta per certi versi bizzarra, uno studio pubblicato nel 2020 fra i proceedings of the National academy of science proponeva un accordo internazionale che addebitasse agli operatori un canone di uso orbitale. Una sorta quindi di Imu dello spazio, a carico degli operatori satellitari, per ogni singolo satellite lanciato in orbita, anche come ristoro per la cittadinanza per i danni in termini di inquinamento e/o rischi da detriti a tale attività comunque connessi. Il tema, al di là anche della misura e dell’impatto economico che può avere, è la riflessione sulle responsabilità che abbiamo in questa corsa allo Spazio. Lo Spazio, infatti, è un bene da proteggere. Una tassa orbitale potrebbe dunque anche stimolare lo sviluppo di sistemi spaziali basati sul riciclo, o comunque di maggiori politiche di resilienza.
5) Una normativa comunitaria concorrenziale sulla falsariga del Digital market act. L’Unione europea ha delle politiche commerciali e concorrenziali molto rigide, che, in funzione strategica, andrebbero in qualche modo alleggerite per il settore spaziale. Come già accaduto in altri settori ad alto tasso tecnologico, quali l’industria energetica e il digitale, sarebbe il momento di cambiare strategia per tutelare i privati europei che si stanno inserendo in un mercato sempre più globalmente affollato, anche attraverso una normativa simile al Digital markets act.
6) Applicare i suggerimenti del Piano Draghi. Il settore spaziale europeo trarrebbe senz’altro vantaggio da regole di governance e investimento aggiornate e da un maggior coordinamento della spesa pubblica in un vero Mercato Unico per lo Spazio, come anche suggerito nel report sulla competitività europea, a firma dell’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al capitolo Spazio (capitolo 4 - Strengthening industrial capacity for defence and space), dove è dedicata un’ampia parte a dimostrazione del peso crescente dell’economia spaziale e soprattutto del ruolo che l’Europa può avere in questo settore.
7) Promozione degli investimenti e delle fonti di finanziamento per le aziende operanti nel settore spazio – fondo sovrano europeo, minibond e private equity. Lo Spazio deve diventare uno dei pilastri della strategia per rilanciare la competitività dell’Italia e dell’Europa. La promozione della competitività europea deve passare anche attraverso investimenti nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, con più risorse e strumenti finanziari adattati alle esigenze delle imprese e un approccio di finanziamento che mobiliti risorse pubbliche e private, anche attraverso un Fondo sovrano europeo. Il Giappone ha ad esempio lanciato già nel 2023 un fondo strategico decennale da 6,7 miliardi di dollari per sostenere l’innovazione, l’autonomia e la competitività internazionale nel settore spaziale. La creazione del fondo è stata inserita all’interno del Piano spaziale nazionale per permettere alla Jaxa, l’Agenzia spaziale nazionale, di supportare al meglio il settore commerciale e accademico
Una delle soluzioni più promettenti per le pmi aerospaziali potrebbe essere poi l’emissione di minibond, particolarmente utili per finanziare progetti di ricerca e sviluppo, con scadenze brevi che vanno di pari passo all’avanzamento di progetti e commesse lunghe. Il private equity è infine un’altra fonte di finanziamento che potrebbe offrire significativi benefici alle Pmi del settore. Gli investitori di private equity forniscono infatti non solo capitale, ma anche competenze manageriali e supporto strategico.
Il futuro dell’industria aerospaziale italiana dipende, in sostanza, anche dalla capacità delle aziende di accedere al capitale ed utilizzare efficacemente una gamma diversificata di strumenti finanziari. Se negli ultimi anni si è dunque molto investito nel venture capital e nei programmi di accelerazione e incubazione per le star tup, ora potrebbe assumere sempre maggiore importanza il sostegno alle Pmi attraverso strumenti di private equity. Strumenti come i corporate bond, anche di piccole dimensioni, e i basket bond di filiera – regionali o multiregionali – potrebbero rappresentare opportunità concrete per ampliare le opzioni finanziarie disponibili per le pmi. Il punto, in definitiva, consiste nel permettere alle imprese di superare le proprie limitazioni dimensionali e accedere a capitali più consistenti (magari anche per mezzo di aggregazioni attraverso consorzi, o partnership strategiche con grandi aziende). Senza un sostegno strutturale alla filiera produttiva, le imprese rischiano di perdere la capacità di rispondere alle sfide del mercato globale.
L'Eurispes affronta anche la futura 'guerra' spaziale (in realtà già in corso) che si combatterà prima di tutto sul fronte economico, e le motivazioni sono chiare se si pensa che solo dall’estrazione mineraria sugli asteroidi la Nasa stima che si possano ricavare 700 quintilioni – miliardi di miliardi – di dollari. Investire nella space economy, in definitiva, rappresenta una scommessa win to win, dato che il ritorno degli investimenti in tale settore è pari ad almeno il doppio. Ma nonostante le grandi potenzialità, le aree di miglioramento e i ritardi europei nei confronti dei principali competitor internazionali sono ancora numerosi, laddove, ad esempio, nei soli investimenti privati il gap è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni. Non c’è quindi tempo per perdersi nella mera 'contemplazione' dello spazio, è il momento di mantenere e implementare la nostra capacità.
Scienza
Cancro, Fda approva terapia genica che trasforma cellule dei pazienti in farmaco
"Oggi si segna un’altra pietra miliare nello sviluppo di un nuovo paradigma scientifico per il trattamento di gravi malattie" ha dichiarato il commissario Fda, Scott Gottlieb. Il trattamento può causare effetti collaterali.
Una nuova terapia anticancro approvata negli Usa. La Food and Drug Administration (Fda) ha infatti autorizzato Yescarta* (axicabtagene ciloleucel), una terapia genica a base di cellule degli stessi pazienti adulti con linfoma, che non hanno risposto o che hanno subìto una ricaduta dopo almeno altri due tipi di trattamento. Yescarta* è la seconda terapia genica approvata dalla Fda e la prima per alcuni tipi di linfoma non-Hodgkin, e ha la particolarità di trasformare le cellule del malato in un farmaco. Secondo le stime del New York Times, 3.500 persone negli Stati Uniti potrebbero essere candidate alla nuova terapia (chiamata Cart-T, cioè linfociti T geneticamente modificati con recettori chimerici per l’antigene), che costa 373.000 dollari.
“Oggi si segna un’altra pietra miliare nello sviluppo di un nuovo paradigma scientifico per il trattamento di gravi malattie. Negli ultimi decenni la terapia genica si è trasformata da un concetto promettente a una soluzione pratica contro forme mortali e in gran parte incurabili di cancro”, ha dichiarato il commissario Fda, Scott Gottlieb. “Questa approvazione dimostra i passi avanti continui in questa nuova area promettente della medicina, che siamo impegnati a sostenere e ad accelerare”. Ogni dose di Yescarta – spiega la Fda – è un trattamento personalizzato creato utilizzando il sistema immunitario del paziente, per aiutarlo a combattere il linfoma. Le cellule T del paziente, un tipo di globuli bianchi, vengono raccolte e modificate geneticamente per includere un nuovo gene che punta e uccide le cellule del linfoma. Una volta che le cellule sono modificate, vengono infuse nel paziente. La sicurezza e l’efficacia di Yescarta sono state stabilite in uno studio clinico multicentrico su oltre 100 adulti con linfoma a cellule B di tipo refrattario o recidivante. Il tasso di remissione completa dopo il trattamento con Yescarta è stato del 51%
Il trattamento – avverte però la Fda – può causare effetti collaterali. Ad esempio, sintomi influenzali ma anche tossicità neurologiche, potenzialmente fatali o pericolose per la vita. Altri effetti indesiderati includono gravi infezioni, bassi livelli di cellule del sangue e indebolimento del sistema immunitario. Gli effetti indesiderati dal trattamento con Yescarta di solito si manifestano entro le prime due settimane, ma alcuni possono verificarsi anche in seguito. Proprio per questo, la terapia è stata approvata con una strategia di valutazione e mitigazione dei rischi, che prevede alcuni elementi per garantirne l’uso sicuro: la Fda richiede che gli ospedali che utilizzano Yescarta abbiano uno speciale certificato (rilasciato dopo un training al personale e ai pazienti) e ha richiesto al produttore, Kite Pharma, di condurre uno studio osservazionale post-marketing su tutti i pazienti trattati.
Articolo Precedente
Dopo le onde gravitazionali gli scienziati alzano l’asticella: vedere il Big Bang
Articolo Successivo
Il chilo non sarà più lo stesso: dal 2019 in vigore le nuove unità di misura
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione
Ambiente & Veleni
Allerta rossa in Toscana ed Emilia Romagna: Arno a rischio esondazione, frane e piani bassi evacuati. Allagamenti a Scandicci e a Sesto
Mondo
‘Cautamente ottimisti per la pace in Ucraina’: Mosca apre alla tregua. Le condizioni di Putin. Kallas: ‘Piano Ue da 40 miliardi su base volontaria per armi a Kiev’
Politica
Il sottosegretario Delmastro boccia la riforma Nordio: “Mi piace solo il sorteggio. I pm? Così divoreranno i giudici”. Pd-M5s: “Se ne vada”
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Terna annuncia che entro il 2030 saranno ''operative le infrastrutture elettriche che abiliteranno la transizione energetica del paese: Tyrrhenian link, Adriatic link, il collegamento tra Sardegna, Corsica e Toscana e il ponte energetico Italia-Tunisia''. Nel corso della presentazione del pano 2025 l'amministratore delegato, Giuseppina Di Foggia, spiega che ''una rete di trasmissione adeguata e interconnessa, insieme alle attuali misure legislative e agli strumenti di incentivazione, è il fattore abilitante per raggiungere i target previsti dal Piano Nazionale per l’energia e il clima al 2030''.
''L’avvio della fase realizzativa delle nostre principali infrastrutture elettriche, come il Tyrrhenian Link, l’Adriatic Link e il collegamento tra Sardegna, Corsica e Toscana, conferma l’impegno di Terna nel gestire la transizione energetica del Paese”, aggiunge Di Foggia. “Le richieste di connessione di impianti rinnovabili, di sistemi di accumulo e, sempre più negli ultimi mesi, di Data Center, sono in costante aumento''.
''Per far fronte al rischio di saturazione virtuale della rete e per contribuire a mantenere l’attrattività del Paese per gli investitori, anche internazionali, abbiamo adottato a seguito dell’approvazione del decreto legge sicurezza energetica, un nuovo processo di programmazione territoriale delle nostre infrastrutture. Questo processo assicura efficienza nella realizzazione delle opere abilitanti la connessione di nuove risorse, consentendo di ridurre le congestioni amministrative, e di minimizzare i costi per il sistema”, spiega l'ad.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - Il piano Terna 2025 prevede oltre 23 miliardi di euro di investimenti nei prossimi dieci anni per favorire l’integrazione delle fonti rinnovabili e incrementare la capacità di trasporto della rete. I dati sono stati comunicati nel corso della presentazione del piano.
Nel corso della presentazione si spiega che ''il piano di sviluppo 2025-2034 di Terna, con oltre 23 miliardi di euro di investimenti nei prossimi dieci anni (+10% rispetto al precedente Piano), consolida il ruolo di Terna al servizio del Paese per un futuro sostenibile e decarbonizzato. Gli interventi previsti dal Piano sono essenziali per il perseguimento degli obiettivi nazionali ed europei di transizione energetica, indipendenza, resilienza ed efficienza del sistema elettrico''.
Il piano di sviluppo 2025 ''è coerente con i target definiti dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2024, declinati nel documento di descrizione degli scenari 2024 Terna-Snam, che prevede un incremento della capacità installata solare ed eolica di oltre 65 GW al 2030 e di 94 GW al 2035, entrambi rispetto all’installato al 2023'', si evidenzia.
“Il piano di sviluppo presentato oggi risponde alle urgenti necessità che il contesto attuale impone'', sottolinea l'amministratore delegato, Giuseppina Di Foggia. ''Investire nella pianificazione, nell’ammodernamento e nella digitalizzazione delle reti elettriche è infatti essenziale per far fronte alla crescente domanda di energia e all’integrazione delle fonti rinnovabili. Con 23 miliardi di euro nei prossimi dieci anni, puntiamo ad assicurare al Paese un sistema affidabile, resiliente e sostenibile”, sottolinea l'ad.
Roma, 14 mar. (Adnkronos/Labitalia) - L'Italia e la sfida della space economy è al centro di uno studio dell'Eurispes in cui illustra sette proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore. La 'New space economy' rappresenta attualmente circa lo 0,35% del Pil mondiale. Secondo il World Economic Forum, la New space economy avrebbe raggiunto il valore di 630 miliardi di dollari nel 2023 e potrebbe raggiungere gli 1,8 trilioni di dollari entro il 2035. La space economy è del resto ormai un fornitore di applicazioni innovative e servizi avanzati che vengono utilizzati sempre più nella vita quotidiana e che, si stima, entro il 2040, porteranno il settore a raggiungere un valore fra i 1.000 e i 2.700 miliardi di dollari.
L’Italia è il sesto Paese al mondo per rapporto fra investimenti nello spazio e Pil e il terzo in Europa. Un rapporto che negli ultimi anni è quasi raddoppiato, con una crescita media annua del 9,5%. Ottantotto paesi nel mondo investono in programmi spaziali, 14 dei quali hanno capacità di lancio; l’Italia è tra i 9 paesi dotati di un’agenzia spaziale, con un budget di oltre 1 miliardo di dollari all’anno. Il Made in Italy nel settore spaziale, nel 2023, ha prodotto esportazioni per 7,5 miliardi, in crescita del 14% rispetto al 2022. Nei primi otto mesi del 2024 il dato delle esportazioni italiane nel settore è stato di 4,3 miliardi.
Ma, soprattutto, l’Italia è anche uno dei pochissimi paesi ad avere una filiera completa su tutto il ciclo: dall’accesso allo spazio alla manifattura, dai servizi per i consumatori ai poli universitari e di ricerca, con un’ottima distribuzione delle attività su tutto il territorio e un mercato in cui operano all’incirca 200 aziende con un fatturato annuo di più di 2 miliardi di euro. Il comparto spaziale italiano è comunque ancora composto, per circa l’80%, da piccole e medie imprese, altamente specializzate nei diversi ambiti.
Tutto questo opera in una cornice che, dal 2016, vede l’Italia già dotata di un 'Piano strategico space economy', parzialmente confluito poi, come 'Piano a stralcio space economy', nel Piano imprese e competitività Fsc, con un investimento Paese di circa 4,7 miliardi di euro, di cui circa il 50% finanziato con risorse pubbliche aggiuntive rispetto a quelle ordinariamente destinate alle politiche spaziali. Nel periodo 2023-2027, i finanziamenti pubblici destinati all’ecosistema spaziale nazionale ammonteranno, complessivamente, ad oltre 7 miliardi di euro. Tali prospettive di attenzione e sviluppo sono peraltro in linea con la recente approvazione, il 20 giugno 2024, da parte del Consiglio dei ministri del primo disegno di legge per una normativa organica nazionale sulla space economy.
Di seguito alcune proposte operative e azioni concrete che potrebbero essere propedeutiche a sostenere il settore della space economy. 1) Armonizzare i distretti aerospaziali e superare i limiti delle reti regionali. Sono tredici i Distretti aerospaziali italiani che mettono in contatto le grandi aziende con le medie e piccole imprese e start up, portatrici di un elevato valore aggiunto in termini di innovazione tecnologica, e con i Centri di ricerca, Università e agenzie nazionali. Tutte queste realtà, tuttavia, presentano caratteristiche differenti e non sono uniformi, né a livello statutario né giuridico. Sarebbe dunque importante superare tale limite con una maggiore armonizzazione tra di loro e con le Reti regionali. A proposito di queste ultime, accanto ai distretti e cluster, in alcune regioni italiane, esistono infatti anche le Reti regionali, le quali presentano però anch’esse diversi limiti che ne ostacolano l’efficacia, tra cui la frammentazione delle iniziative e la mancanza di integrazione con il tessuto industriale locale. Uno dei principali problemi delle reti è poi l’assenza di un coordinamento nazionale: non essendo i progetti coordinati tra loro, ci si trova spesso a lavorare su progetti simili, perdendo così l’opportunità di creare un valore aggiunto più significativo attraverso la condivisione di conoscenze e risorse.
2) Sfruttare e disciplinare le potenzialità dell’intelligenza artificiale anche in riferimento alla space economy. Nello spazio si acquisiscono oramai quantità impressionanti di dati, soprattutto immagini, che devono essere trasmesse a terra per essere elaborate. In tal caso, un primo problema è legato alla velocità della trasmissione a terra, che è oggi ancora troppo lenta; il che rende indispensabile elaborare le immagini per una prima valutazione di massima che permetta di spedire a terra solo quelle interessanti, o comunque istruire il satellite su cosa inquadrare e come prendere l’immagine successiva. L’IA potrebbe velocizzare tale processo e sarebbe anche un potente strumento per l’analisi dei dati trasmessi. Altri settori in cui l’utilizzo delle potenzialità dell’IA è fondamentale sono poi quelli della guida, della navigazione e del controllo autonomi; delle operazioni satellitari; della progettazione e collaudo dei veicoli spaziali. Sotto il profilo legale e normativo tutto questo necessita però di essere specificatamente disciplinato, garantendo che queste tecnologie siano utilizzate in modo etico e responsabile. In un tale contesto è dunque senz’altro da apprezzare il Regolamento Europeo 2024/1689 (AI Act), in vigore dal 13 luglio 2024 e pienamente applicabile dal 2 agosto 2026, che introduce norme uniformi per la commercializzazione, l’attivazione e l’utilizzo dei sistemi di intelligenza artificiale nella Ue, compresa una chiara definizione del concetto stesso di intelligenza artificiale (art. 3). Un quadro giuridico da cui partire.
3) Sfruttare la leva fiscale - esenzione Iva per la space economy e per i beni dual use. Per gli Stati Ue che partecipano ai programmi dell’Agenzia europea per la Difesa è prevista l’esenzione Iva per le spese di procurement militare. L’esenzione dall’imposta del valore aggiunto, che può essere utilizzata per qualsiasi tipo di progetto dell’Eda, crea così un interesse commerciale per tutti i programmi di cooperazione nella difesa. L’unica clausola è che l’Agenzia deve necessariamente 'portare una qualche forma di valore aggiunto al progetto in questione'. Questo “valore aggiunto” può essere, ad esempio, l’apporto di conoscenza tecnica, la messa in comune della domanda (pooling demand), la costruzione di sinergie con politiche europee più ampie. Perché dunque, con la stessa ratio e vista anche la natura ontologicamente affine, anche al fine di guadagnare competitività in ambito globale, non estendere tale esenzione anche alla space economy ed in particolare ai programmi Esa?La possibilità di considerare come beni e tecnologie duali quelli utilizzabili sia in applicazioni civili sia nella produzione, sviluppo e utilizzo di beni militari dà peraltro il quadro di quanto una tale misura possa essere in linea con la suddetta, già vigente, esenzione e comunque di quanto potrebbe valere e servire da volàno finanziario per il settore.
4) Canone di uso orbitale: anche se può sembrare una proposta per certi versi bizzarra, uno studio pubblicato nel 2020 fra i proceedings of the National academy of science proponeva un accordo internazionale che addebitasse agli operatori un canone di uso orbitale. Una sorta quindi di Imu dello spazio, a carico degli operatori satellitari, per ogni singolo satellite lanciato in orbita, anche come ristoro per la cittadinanza per i danni in termini di inquinamento e/o rischi da detriti a tale attività comunque connessi. Il tema, al di là anche della misura e dell’impatto economico che può avere, è la riflessione sulle responsabilità che abbiamo in questa corsa allo Spazio. Lo Spazio, infatti, è un bene da proteggere. Una tassa orbitale potrebbe dunque anche stimolare lo sviluppo di sistemi spaziali basati sul riciclo, o comunque di maggiori politiche di resilienza.
5) Una normativa comunitaria concorrenziale sulla falsariga del Digital market act. L’Unione europea ha delle politiche commerciali e concorrenziali molto rigide, che, in funzione strategica, andrebbero in qualche modo alleggerite per il settore spaziale. Come già accaduto in altri settori ad alto tasso tecnologico, quali l’industria energetica e il digitale, sarebbe il momento di cambiare strategia per tutelare i privati europei che si stanno inserendo in un mercato sempre più globalmente affollato, anche attraverso una normativa simile al Digital markets act.
6) Applicare i suggerimenti del Piano Draghi. Il settore spaziale europeo trarrebbe senz’altro vantaggio da regole di governance e investimento aggiornate e da un maggior coordinamento della spesa pubblica in un vero Mercato Unico per lo Spazio, come anche suggerito nel report sulla competitività europea, a firma dell’ex Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al capitolo Spazio (capitolo 4 - Strengthening industrial capacity for defence and space), dove è dedicata un’ampia parte a dimostrazione del peso crescente dell’economia spaziale e soprattutto del ruolo che l’Europa può avere in questo settore.
7) Promozione degli investimenti e delle fonti di finanziamento per le aziende operanti nel settore spazio – fondo sovrano europeo, minibond e private equity. Lo Spazio deve diventare uno dei pilastri della strategia per rilanciare la competitività dell’Italia e dell’Europa. La promozione della competitività europea deve passare anche attraverso investimenti nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale, con più risorse e strumenti finanziari adattati alle esigenze delle imprese e un approccio di finanziamento che mobiliti risorse pubbliche e private, anche attraverso un Fondo sovrano europeo. Il Giappone ha ad esempio lanciato già nel 2023 un fondo strategico decennale da 6,7 miliardi di dollari per sostenere l’innovazione, l’autonomia e la competitività internazionale nel settore spaziale. La creazione del fondo è stata inserita all’interno del Piano spaziale nazionale per permettere alla Jaxa, l’Agenzia spaziale nazionale, di supportare al meglio il settore commerciale e accademico
Una delle soluzioni più promettenti per le pmi aerospaziali potrebbe essere poi l’emissione di minibond, particolarmente utili per finanziare progetti di ricerca e sviluppo, con scadenze brevi che vanno di pari passo all’avanzamento di progetti e commesse lunghe. Il private equity è infine un’altra fonte di finanziamento che potrebbe offrire significativi benefici alle Pmi del settore. Gli investitori di private equity forniscono infatti non solo capitale, ma anche competenze manageriali e supporto strategico.
Il futuro dell’industria aerospaziale italiana dipende, in sostanza, anche dalla capacità delle aziende di accedere al capitale ed utilizzare efficacemente una gamma diversificata di strumenti finanziari. Se negli ultimi anni si è dunque molto investito nel venture capital e nei programmi di accelerazione e incubazione per le star tup, ora potrebbe assumere sempre maggiore importanza il sostegno alle Pmi attraverso strumenti di private equity. Strumenti come i corporate bond, anche di piccole dimensioni, e i basket bond di filiera – regionali o multiregionali – potrebbero rappresentare opportunità concrete per ampliare le opzioni finanziarie disponibili per le pmi. Il punto, in definitiva, consiste nel permettere alle imprese di superare le proprie limitazioni dimensionali e accedere a capitali più consistenti (magari anche per mezzo di aggregazioni attraverso consorzi, o partnership strategiche con grandi aziende). Senza un sostegno strutturale alla filiera produttiva, le imprese rischiano di perdere la capacità di rispondere alle sfide del mercato globale.
L'Eurispes affronta anche la futura 'guerra' spaziale (in realtà già in corso) che si combatterà prima di tutto sul fronte economico, e le motivazioni sono chiare se si pensa che solo dall’estrazione mineraria sugli asteroidi la Nasa stima che si possano ricavare 700 quintilioni – miliardi di miliardi – di dollari. Investire nella space economy, in definitiva, rappresenta una scommessa win to win, dato che il ritorno degli investimenti in tale settore è pari ad almeno il doppio. Ma nonostante le grandi potenzialità, le aree di miglioramento e i ritardi europei nei confronti dei principali competitor internazionali sono ancora numerosi, laddove, ad esempio, nei soli investimenti privati il gap è stimato in 10 miliardi di euro per i prossimi 5 anni. Non c’è quindi tempo per perdersi nella mera 'contemplazione' dello spazio, è il momento di mantenere e implementare la nostra capacità.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Le scelte nello stile di vita possono avere un impatto significativo anche nella gestione della fibrillazione atriale, un disturbo del ritmo cardiaco che rischia di sviluppare 1 over 40 su 4 e che rappresenta una delle principali cause di ictus che colpisce milioni di donne e uomini in tutta Europa. Alcuni alimenti come alcol, caffeina o cibi piccanti possono scatenare un episodio di questa condizione cronica che spesso può passare inosservata: molti non ne sono consapevoli e non ricevono una diagnosi. Per aiutare le persone a comprendere meglio il legame tra alimentazione e fibrillazione atriale - riporta una nota - Daiichi Sankyo Europe ha ospitato a Milano oggi 'Beats and Bites', che gioca sul suono dei termini inglesi 'battiti e morsi'. All'evento, esperti di malattie cardiovascolari insieme alla European Nutrition for Health Alliance e Alice (Associazione per la lotta all'ictus cerebrale) Lombardia hanno affrontato le preoccupazioni comuni ed evidenziato le strategie di riduzione del rischio con la partecipazione dello chef italiano Ruben Bondì, che ha creato un menù di ricette semplici, gustose e salutari per il cuore.
"Gli operatori sanitari oggi devono fornire ai pazienti le giuste informazioni per comprendere il loro rischio di fibrillazione atriale e adottare misure proattive di prevenzione - spiega Daniele Andreini, direttore della Divisione di Cardiologia universitaria e Imaging cardiaco dell'Irccs ospedale Galeazzi Sant'Ambrogio di Milano - I cambiamenti nello stile di vita, come il movimento regolare e l'alimentazione equilibrata, svolgono un ruolo cruciale nel migliorare la salute del cuore". Tra le strategie alimentari da adottare, gli esperti consigliano: consumare 2 porzioni di pesce ricco di omega-3 alla settimana per gli adulti e ridurre il sale a meno di 5 g al giorno; fare attenzione alle dimensioni delle porzioni e gestire i livelli di stress e di sonno, che potrebbero portare all'obesità e complicare i problemi cardiovascolari se non gestiti correttamente. Infine, fare circa 2 ore di esercizio fisico di intensità moderata alla settimana - passeggiare, fare le scale o ballare - oltre ad un allenamento di resistenza, 2 giorni alla settimana.
"Eventi come 'Beats and Bites' forniscono un utile supporto, offrendo consigli pratici e mostrando l'impatto che semplici cambiamenti nella dieta e nel movimento possono avere nel ridurre il rischio di fibrillazione atriale - rimarca Giacomo Falzi, vicepresidente Alice Lombardia - E' incoraggiante vedere al centro dell'attenzione il benessere dei pazienti, con esperti e sostenitori che si uniscono per dare a individui e famiglie la possibilità di assumere il controllo della propria salute cardiovascolare".
Le lacune nella conoscenza e nella gestione della fibrillazione atriale lasciano molti pazienti senza le informazioni e il supporto di cui hanno bisogno. "Daiichi Sankyo Europa aspira ad arricchire la qualità della vita delle persone in tutto il mondo - afferma Ilaria Leggeri, direttore del Patient Engagement della farmaceutica - Per questo è necessario andare oltre la malattia, guardare alle persone che convivono con la patologia, alla loro qualità della vita, alle loro scelte di vita e ai risultati che contano per loro". L'evento 'Beats and Bites' fa parte della più ampia iniziativa dell'azienda 'Il tuo cuore, nelle tue mani: fibrillazione atriale', dedicata all'educazione e alla responsabilizzazione delle persone, affinché diano priorità alla loro salute cardiovascolare.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - In occasione della Giornata dell'Unità nazionale e del Tricolore, che ricorre lunedì prossimo, 17 marzo, sulla facciata di Montecitorio verrà proiettata la bandiera nazionale, dalla mezzanotte e nelle successive ore serali e notturne.
Roma, 14 mar. (Adnkronos) - "Per il loro concreto e costante sostegno nel percorso di avvicinamento delle comunità di Gorizia e Nova Gorica soprattutto nel contesto di Go 2025", il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e quello emerito della Slovenia, Borut Pahor, verranno insigniti domani, con una cerimonia in programma alle 11.30 al Teatro comunale Giuseppe Verdi, del Premio 'Santi Ilario e Taziano-Città di Gorizia'. Un nuovo riconoscimento per i due statisti ai quali nell'aprile scorso fu attribuita la laurea honoris causa in Giurisprudenza dall'Università di Trieste, a conferma di un impegno comune per rimarginare le ferite della storia e mantenere vivi un'amicizia e un legame tra due i popoli, saldando un rapporto anche sul piano personale.
Numerose le occasioni di incontro e i gesti simbolici. A partire dal 26 ottobre 2016, quando i due presidenti parteciparono alla cerimonia sul tema "L'Europa luogo di superamento dei conflitti", nel centenario dell'unione di Gorizia all'Italia. Fu quella l'occasione per la deposizione di due corone d'alloro sul monumento dedicato ai soldati sloveni caduti sul fronte dell'Isonzo 1915-1917 a Doberdò del Lago, mentre in precedenza il Capo dello Stato italiano, al Parco della Rimembranza di Gorizia, aveva reso omaggio al monumento ai caduti della Prima guerra mondiale e al lapidario che ricorda i deportati goriziani.
Ma fu soprattutto il bilaterale a Trieste il 13 luglio 2020 particolarmente denso di significati. Mattarella e Pahor resero omaggio, mano nella mano, alla Foiba di Basovizza e al Monumento ai caduti sloveni antifascisti Ferdo Bidovec, Fran Marusic, Zvonimir Milos e Alojzij Valencic, condannati a morte nel 1930. Quindi i due presidenti conferirono a Boris Pahor, scrittore sloveno naturalizzato italiano, rispettivamente l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica italiana e l’Ordine per Meriti eccezionali. Fu quindi firmato il protocollo di restituzione del Narodni Dom, l'edificio che ospitava le associazioni culturali slovene distrutto dalla violenza nazionalista dello squadrismo fascista nel 1920.
"La storia –disse Mattarella in quella occasione- non si cancella e le esperienze dolorose, sofferte dalle popolazioni di queste terre, non si dimenticano. Proprio per questa ragione il tempo presente e l’avvenire chiamano al senso di responsabilità, a compiere una scelta tra fare di quelle sofferenze patite, da una parte e dall’altra, l’unico oggetto dei nostri pensieri, coltivando risentimento e rancore, oppure, al contrario, farne patrimonio comune, nel ricordo e nel rispetto, sviluppando collaborazione, amicizia, condivisione del futuro".
"Al di qua e al di là della frontiera -il cui significato di separazione è ormai, per fortuna, superato per effetto della comune scelta di integrazione nell’Unione europea -sloveni e italiani sono decisamente per la seconda strada, rivolta al futuro, in nome dei valori oggi comuni: libertà, democrazia, pace. Oggi, qui a Trieste -con la presenza dell’amico presidente Borut Pahor- segniamo una tappa importante nel dialogo tra le culture che contrassegnano queste aree di confine e che rendono queste aree di confine preziose per la vita dell’Europa". Concetti ribaditi nell’incontro del 21 ottobre 2021, per celebrare la designazione congiunta di Gorizia e Nova Gorica 'Capitale europea della Cultura 2025 con il progetto 'Go! Borderless'. “Un meraviglioso esempio della costruzione di un futuro comune nell’Unione europea".
L'avvicendamento alla guida della Slovenia, con l'elezione della presidente Nataša Pirc Musar, ha visto proseguire le iniziative di collaborazione e dialogo tra i vertici istituzionali dei due Paesi. Mattarella nell'aprile dello scorso anno partecipò alle celebrazioni per il ventennale dell'adesione della Slovenia all'Ue e con l'omologa Pirc Musar ha inaugurato a febbraio di quest'anno Go 2025, Prima Capitale europea della cultura transfrontaliera.
Roma, 14 mar. (Adnkronos Salute) - Il lupus eritematoso sistemico (Les) è una malattia autoimmune che può colpire vari organi e apparati del nostro organismo. Da qui la difficoltà nella diagnosi e nel trattamento. "Negli ultimi 10 anni, per la malattia, è cambiato il paradigma terapeutico" ed è possibile "raggiungere la remissione, spegnere una delle sue complicanze, quale la nefrite lupica, e ridurre al minimo", fino "anche a sospendere, il cortisone". Protagonisti di questa rivoluzione sono, "in particolare, i Jak inibitori, famiglia di nuovi farmaci già disponibili in Italia da dicembre 2017 per l'artrite reumatoide". Così Fabrizio Conti, professore di Reumatologia Università Sapienza e direttore della Uoc di Reumatologia del Policlinico Umberto I di Roma, riassume all'Adnkronos Salute l'evoluzione nella gestione di questa patologia cronica che è caratterizzata da manifestazioni eritematose cutanee e mucose con sensibilità alla luce del sole, ma che può coinvolgere altri organi come rene, articolazioni e sistema nervoso centrale.
"Il Les si presenta in modo variabile da persona a persona", sottolinea Rosa Pelissero, presidente Gruppo Les Odv, ma colpisce "soprattutto donne giovani in età fertile". Il rapporto di incidenza tra femmine e maschi è di 9 a 1. "Dopo la diagnosi ci si trova da un giorno all'altro malati di una malattia cronica. Si deve imparare a convivere con una nuova normalità. La ricerca è importante: 40-50 anni fa l'obiettivo era la sopravvivenza. C'era solo il cortisone ad alti dosaggi", come cura. "L'avvento di nuovi farmaci - chiarisce - apre alla possibilità di sospenderlo e quindi anche di ridurre gli effetti collaterali e i danni" del farmaco. "La gravidanza", allora, era "assolutamente" inimmaginabile. "Oggi invece, grazie ai progressi fatti, le donne affette da lupus sanno di poter affrontare un gravidanza. La nostra aspettativa è sempre di avere nuovi farmaci, il più efficaci possibili, con meno effetti collaterali e che possano essere somministrati su larga scala".
Il decorso della patologia, spesso, "è di tipo relapsing-remitting in cui, a fasi di attività di malattia, si alternano fasi di quiescenza - spiega Gian Domenico Sebastiani, direttore Uoc di Reumatologia dell'Azienda ospedaliera San Camillo-Forlanini di Roma - I Jak inibitori, piccole molecole sintetizzate chimicamente, assunte per via orale, inibiscono l'attività di diverse citochine, che sono molecole pro infiammatorie. I Jak inibitori differiscono dai farmaci usati fino ad oggi perché - precisa - vanno a colpire meccanismi mirati della patologia", ma anche perché, essendo orali, hanno più "facilità di somministrazione", cosa importante per "l'aderenza" al trattamento. Inoltre, "per la rapidità di azione", se devono essere sospesi "smettono velocemente di agire".
Questa "nuova classe di immunomodulatori per via orale bloccano uno specifico enzima", janus chinasi, "che attiva diversi recettori cellulari - rimarca Gianluca Moroncini, professore di Medicina interna, direttore Dipartimento Scienze cliniche e molecolari, Università Politecnica delle Marche e direttore Clinica medica, Aou delle Marche - Pur riconoscendo un bersaglio molecolare specifico, in realtà, sono antinfiammatori modulatori ad ampio spettro. Il mio centro è impegnato in un trial clinico multicentrico per verificare se abbiano, nel Lupus eritematoso sistemico, un'efficacia pari a quella che hanno già dimostrato in altre malattie per le quali sono autorizzate, come l'artrite reumatoide o l'artrite psoriasica. Attendiamo con ansia l'esito delle sperimentazioni".