In Venezuela, dopo mesi di aspre proteste, domenica 15 ottobre si sono celebrate le elezioni regionali, elezioni che il partito di Maduro (Partito socialista Unito) ha vinto aggiudicandosi 17 governatori su un totale di 23. Una notizia che non è stata veicolata con particolare enfasi e assiduità dai nostri organi di “informazione”.
Chi scrive non è un fan del presidente del Venezuela, che di certo non sembra avere il carisma del suo celebre predecessore. Tuttavia, per settimane, i mass media occidentali in perfetta sintonia ci hanno riferito che il Venezuela era in fiamme, che il popolo venezuelano si ribellava e che il dittatore Maduro aveva soffocato con violenza la democrazia per conservare il potere. Il Venezuela sembrava stesse collassando, mancava di tutto perfino la farina e le aspirine.
Ma se, come indicato dalla fabbrica del consenso main stream, il popolo voleva liberarsi dallo spietato dittatore perché domenica scorsa il partito di Maduro ha stravinto le elezioni? La risposta a tale quesito temo sia che o i venezuelani sono masochisti o che i mass media (come in passato fatto per Saddam, Gheddafi, Al Assad, Bin Laden, i talebani e ora new entry Kim Jong-Un), effettuano la solita strategia che consiste nel denigrare colui che non si inchina alle volontà del Pentagono. In altre parole, chi si permette di disobbedire alle direttive del pensiero unico dominante subisce il solito trattamento: delegittimazione da parte dei mass media, tentativi di corruzione, minacce, finanziamento alle opposizioni fino, come è accaduto a Saddam e Gheddafi (solo i casi più famosi di coloro che non si sono piegati) l’attacco militare e il loro assassinio. Chi conosce la storia degli Usa, quella che io conosco e che non viene scritta sui libri, sa che la Cia ha sempre agito così a partire dal 18 settembre 1947 quando il presidente Dwight Eisenhower la istituì.
La realtà è che il Venezuela possiede tra le più grandi riserve petrolifere del pianeta. Riserve collocate geograficamente molto vicino agli Usa. Quest’ultimo, o meglio, le multinazionali che ne dettano la politica estera, non rinuncerà mai a gestire tale patrimonio. Il Venezuela già nel 2002 fu sottoposto a un tentativo di colpo di stato ordito dalla Cia, l’obiettivo era rovesciare Hugo Chávez; ma le immediate manifestazioni popolari a favore del presidente bloccarono tale intento. Persino Paul Ritcher sul Los Angeles Times del 17 aprile 2002 scrisse: “Funzionari dell’amministrazione Bush hanno ammesso martedì di aver discusso per mesi con leader civili e militari del Venezuela la destituzione del presidente venezuelano Hugo Chávez”.
Temo che la vittoria di Maduro non sarà un insormontabile ostacolo per coloro che continueranno a premere affinché il Venezuela diventi “una provincia dell’Impero”. Stessa considerazione è da farsi per l’Iran. Per l’Italia, invece, non ci sono problemi, da oramai quasi 80 anni siamo una colonia fedele anche se sempre più periferica e di recente il premier Paolo Gentiloni ha accolto il comando di Trump che prevede di alzare la nostra spesa pubblica da destinare agli armamenti fino al 2%. Questo significa che noi italiani spenderemo circa 100 milioni di euro al giorno in armi mentre scuole, ospedali, ferrovie, ponti e crescenti pezzi di democrazia crollano sempre di più.