Il giudice del lavoro del Tribunale di Trieste ha condannato l'autorità portuale a risarcire la famiglia di Gino Gruber, morto due anni fa di mesotelioma dopo aver lavorato per 32 anni al porto
L’Autorità portuale di Trieste è stata condannata a risarcire con 645mila euro la famiglia di un lavoratore morto nel 2015 per mesotelioma. Lo ha deciso il giudice del Lavoro del tribunale che ha accolto la richiesta dei familiari della vittima. A causarne la morte sarebbe stata infatti l’esposizione all’amianto che la vittima, Gino Gruber, 71 anni, avrebbe maneggiato durante i suoi 32 anni di lavoro. Secondo quando riporta il quotidiano Il Piccolo, a partire dagli anni ’60, il porto avrebbe accolto 600mila tonnellate di amianto proveniente dal Sudafrica.
Il giudice ha accertato la responsabilità passiva dell’autorità portuale per malattia professionale e morte del socio lavoratore. A beneficiare del risarcimento saranno i legittimi eredi: la moglie, le due figlie e i due nipoti. Zeno Agostino, presidente dell’autorità di sistema portuale del mare Adriatico Orientale, ha fatto sapere che presenterà un ricorso contro la sentenza.
La questione dei lavoratori ammalati perché esposti all’amianto era arrivato nei mesi scorsi anche in Gazzetta Ufficiale. Il 24 luglio, infatti, era stato presentato un decreto ministeriale che permetteva a quegli operai che si erano ammalati di poter godere di un prepensionamento. Un procedimento bloccato però da un cavillo burocratico. Come confermato dall’Osservatorio Nazionale Amianto, non è ancora stata presentata la circolare dell’Inps con le linee guida. Il rischio, secondo il presidente dell’Ona Ezio Bonanni è quello di perdere gran parte dei finanziamenti: “I decreti attuativi contengono un cronoprogramma che si basa anche sulle risorse e quelle non spese non saranno più utilizzabili”.