Nel triennio 2013-2015 sono stati autorizzati 396 interventi di conservazione e restauro di edifici religiosi in carico allo Stato e quasi uno uno su due è stato condotto con “somma urgenza”, a garanzia dell’incolumità e a tutela del bene, per una spesa pari a 8,4 milioni sui 14.1 complessivamente impegnati: il 59,40%. “Somma urgenza” è però una definizione che mette i brividi quando crolla un capitello, ammazza un turista con prevedibili fotonotizie in tutto il mondo, e il referente è un prefetto che però “sta al G7 di Ischia, non è raggiungibile”. Ecco, qualcosa allora non va. Santa Croce, la tragedia del mese. Probabilmente una fatalità, come il crollo a Pavia del 1989 che ha causato la morte di quattro persone, a Napoli e Brescia con due vittime e ad Acireale lo scorso luglio, un bimbo ferito da una porzione di intonaco che gli si sgretola addosso. Ieri l’ultimo incidente: un grosso pezzo di pietra si distacca da un’altezza di 26 metri e uccide un turista spagnolo sotto gli occhi della moglie e di decine di altri turisti che ieri alle 14,30 affollavano una delle chiese più famose del mondo.
L’orrore, le urla. L’indomani saranno lenzuolate di giornale a spiegare che la chiesa appartiene al Fondo edifici di Culto (Fec) istituito presso il Ministero dell’Interno ma gestione e manutenzione sono affidati tramite accordo a una onlus, l’Opera di Santa Croce, che assicura d’aver fatto controllare quell’aerea proprio una settimana fa, senza che fossero rilevati problemi. Eppure è successo e adesso la Procura di Firenze ha aperto un’inchiesta per omicidio colposo e sequestrato l’area. Inchiesta che però subito dovrà muoversi su due livelli: chi è responsabile in ultima istanza della tenuta dell’edificio?
E qui sta il punto di un assurdo che si trascina dal 1985, quando la competenza su 800 edifici di culto di proprietà dello Stato viene rimessa non al ministero dei Beni Culturali, che avrebbe almeno una competenza tecnica, ma al Viminale appunto che non ne ha alcuna e l’unica cosa che può fare è stilare accordi con le soprintendenze e gestire il fondo per interventi che viene rifinanziato ogni anno. Ecco perché ieri mentre diversi giornalisti digitavano il prefisso 055 per avere dettagli di cronaca da Firenze, altri componevano lo 06 della Direzione centrale per l’amministrazione degli Edifici di Culto al Viminale, sperando (inutilmente) di conferire con il suo direttore, il prefetto Angelo Carbone che però era in tutt’altre faccende affaccendato: “Stava al G7 in corso ad Ischia, ed era irreperibile”, spiegavano ieri dalla segreteria. Stamattina richiamiamo, stesso discorso. Eppure sul sito del Ministero si legge che “la missione affidata al Fondo è quella di assicurare la tutela, la valorizzazione, la conservazione e il restauro dei beni”.
Senza che ci sia un rapporto di causa-effetto, il ruolo del Viminale finisce di fatto per essere quello del passacarte. Non a caso lo storico Tommaso Montanari oggi su Repubblica torna a chiedere se abbia senso che Santa Croce appartenga al Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno, “questa anacronistica istituzione che dovrebbe finalmente cessare di esistere, cedendo il suo straordinario patrimonio al Ministero per i Beni Culturali”. Ma poi perché sarebbe così importante? Perché l’assenza di una competenza specifica non aiuta la programmazione degli interventi sugli 800 edifici di cui sopra. E infatti spesso si lavora non prevenendo ma inseguendo l’emergenza. Il Fec ha in pancia 750 chiese di inestimabile valore. Nel triennio 2013-2015 per conservazione e restauro dei beni sono stati effettuati 396 interventi. La Corte dei Conti rileva nella sua ultima relazione che 103 si sono svolti in “somma urgenza” a garanzia della “incolumità delle persone e della tenuta del bene”, altri 82 con lo stesso criterio per chiese di proprietà come Santa Croce, che significa poi procedere con affidamento diretto entro la soglia di 300mila euro a lavori. Il totale dunque sale a 185 su 396. Ecco perché “somma urgenza” è una definizione che cozza con “fatalità”.