Togliere ai ricchi (in particolare alla Juventus, ma anche alle milanesi) per dare ai poveri: Luca Lotti non sarà proprio Robin Hood, ma la sua riforma della distribuzione dei diritti tv rischia di essere una delle cose più di sinistra fatte da questo governo. Anche se si tratta solo di pallone: più soldi a tutti in parti uguali, sulla falsa riga del tanto invocato modello Premier League. E soprattutto meno soldi alle big in virtù di privilegi acquisiti: con l’applicazione dei nuovi criteri la Juve potrebbe perdere fino a 40 milioni di euro l’anno. Anche se è facile immaginare che la Lega calcio troverà degli accorgimenti per limitare il salasso, che alla fine dovrebbe attestarsi fra i 15 e i 20 milioni. Comunque una rivoluzione. “Inizia una nuova stagione per il calcio italiano”, commenta Stefano Campoccia, vicepresidente dell’Udinese, uno dei club che si è battuto per la riforma.
I NUOVI CRITERI: 50% IN PARTI UGUALI – Il ministro Lotti aveva promesso di cambiare la Legge Melandri, che da un decennio regola la distribuzione dei proventi dei diritti tv, principale (e spesso unico) fonte di risorse nel calcio italiano. La nuova “Legge Lotti” arriverà nella sede non proprio ortodossa della finanziaria (del resto, questo esecutivo non ha molte altre finestre normative a disposizione con le elezioni ormai alle porte). Il nuovo meccanismo è quello annunciato: sale dal 40% al 50% la fetta di torta da spartire fra tutti in parti uguali, scende dal 30% al 20% quella attribuita sulla base del cosiddetto “radicamento”. Un travaso di circa 100 milioni di euro l’anno, completato dalla revisione del restante 30% meritocratico, dove varranno di più i risultati dell’ultimo campionato (15%) e degli ultimi cinque anni (10%), e di meno quelli storici (solo 5%).
DECISIVE LE PRESENZE ALLO STADIO – La novità sostanziale, però, è soprattutto la maniera con cui verrà stimato il 20% del radicamento: non più in base alla popolazione della città di appartenenza e a pseudo-analisi di mercato sul bacino di utenza che finivano per premiare sempre la Juve, ma – si legge nel testo – “sulla base del pubblico di riferimento di ciascuna squadra, tenendo prioritariamente in considerazione il numero di spettatori paganti che hanno assistito dal vivo alle gare casalinghe disputate nell’ultimo campionato”. Ovvero le presenze allo stadio. E qui cambia tutto: perché le differenze tra piccole e grandi si attenuano. E fra le grandi la Juve ha uno stadio molto piccolo, che la pone sistematicamente dietro le milanesi, al livello di Roma e Napoli.
LA SIMULAZIONE: LA JUVE RISCHIA 40 MILIONI (MA NE PERDERÀ 20) – Stabilite le linee guida che dovranno essere approvata insieme alla manovra, tutto sta a capire quali potranno essere i loro effetti sulla Serie A. Ilfattoquotidiano.it ha provato a farlo, rivolgendosi agli esperti di Tifoso bilanciato, blog specializzato sulla finanza calcistica che ha preparato una simulazione della ripartizione dei diritti tv della stagione 2016-2017 (quella appena conclusa) con il nuovo sistema in confronto al vecchio. I risultati sono abbastanza clamorosi, seppur orientativi (ci sono una serie di variabili che lasciano margine di errore): come si vede dalla prima tabella, in cui il 20% del radicamento è calcolato interamente sulle presenze allo stadio, la Juventus precipiterebbe da oltre 100 milioni ad appena 65, con una perdita potenziale di quasi 40 milioni l’anno. Praticamente un top player in meno sul calciomercato di ogni estate. Le sei big del campionato (oltre ai bianconeri, Milan, Inter, Roma, Napoli e Lazio) presentano il segno meno, con le dovute differenze. Per tutte le altre è festa grande, con un guadagno medio tra i 7 e gli 8 milioni a testa.
Certo, è difficile che Agnelli & co. mandino giù un boccone tanto amaro. Infatti la legge lascia margine di manovra dove dice che le presenze allo stadio devono essere il criterio “prioritario” (quindi non unico). Probabilmente la Lega ne affiancherà altri per attutire il colpo. Per questo abbiamo ipotizzato anche una seconda simulazione, in cui le presenze allo stadio valgono per il 40% del radicamento. Così il taglio alla Juve cala a circa 20 milioni, una decina per le milanesi e la Roma. E sono più o meno i conti che si sono fatti al Ministero dello Sport nella stesura del provvedimento, e che sono già circolati in via Rossellini a Milano.
“SI APRE UNA NUOVA STAGIONE” – Per il calcio italiano sarà comunque una svolta. “È una battaglia che nasce nel 2008: ci è voluto quasi un decennio per vincerla, andare a toccare gli interessi delle grandi non era semplice. Ora si apre una nuova stagione di cui beneficeranno tutti, anche chi ora magari rinuncia a qualcosa perché si alzerà il livello del campionato”, spiega Stefano Campoccia, n.2 dell’Udinese. Le big in fondo non perderanno poi tanto (anzi, considerando che da Infront nel prossimo triennio dovrebbero arrivare più soldi, la perdita potrebbe essere neutralizzata). Mentre per le piccole ritrovarsi da un giorno all’altro con 5-10 milioni di euro in più in cassa può fare tutta la differenza del mondo. Qui però c’è anche l’incognita più grande del nuovo sistema: “Il meccanismo dovrebbe essere accompagnato da alcuni paletti sull’utilizzo virtuoso delle risorse”, conclude Campoccia. “Se questi soldi verranno investiti per creare valore, il gap tra grandi e piccole si ridurrà, aumenterà la competitività della Serie A e il nostro calcio tornerà a crescere. Se invece i presidenti si metteranno in tasca i soldi, non cambierà quasi nulla”. Il rischio è dietro l’angolo.