L'ultima bozza della manovra riduce di due anni i tempi a disposizione delle Entrate per fare accertamenti su chi si impegna a rendere "tracciabili" incassi e versamenti sopra quella soglia. Il limite è stato fissato solo un anno fa a 30 euro. Ora aumenterà del 1566%. Otterranno il beneficio tutti i contribuenti che trasmettono per via telematica i dati sulle fatture
A pensar male, si potrebbe leggerlo come un invito a nozze per i contribuenti non troppo ansiosi di assolvere i propri doveri fiscali. Il governo Gentiloni, stando alle bozze ancora provvisorie della legge di Bilancio per il 2018, intende allargare ulteriormente le maglie già lasche dei controlli. Modificando, a sfavore degli ispettori delle Entrate e a tutto vantaggio di chi trucca la dichiarazione dei redditi, un decreto varato dal ministero dell’Economia solo un anno fa. Quel testo riduceva i tempi a disposizione dell’Agenzia per fare accertamenti in materia di Iva e imposte sui redditi a carico di chi accettava di fare e ricevere pagamenti sopra i 30 euro solo tramite carta, bonifico o assegno non trasferibile. Strumenti tracciabili, insomma. L’ultima bozza della manovra, nell’articolo intitolato Disposizioni per il contrasto all’evasione fiscale (sic), sposta l’asticella all’insù del 1566%. Avranno diritto al beneficio, si legge, “i soggetti passivi che garantiscono la tracciabilità dei pagamenti ricevuti ed effettuati di ammontare superiore a euro 500”.
Un limite sei volte più basso del nuovo tetto massimo per i pagamenti cash, portato a 3mila euro dal governo Renzi. Ma che evidentemente lascia fuori la stragrande maggioranza delle transazioni effettuate dai commercianti e dai professionisti. Che dunque, prendendo un impegno davvero poco vincolante, otterranno che il fisco abbia a disposizione solo tre anni invece che cinque per verificare eventuali irregolarità nelle loro dichiarazioni dei redditi. Non solo: se la dichiarazione dei redditi ometteranno del tutto di presentarla, gli ispettori dovranno accorgersene e fare le relative contestazioni entro cinque anni, invece dei sette anni ordinari. Se non arriveranno in tempo, il contribuente infedele la passerà liscia (il raddoppio dei termini in caso di denuncia per un reato tributario, invece, non è più un problema perché Renzi l’ha eliminato nel 2015). Invocare la fiducia nelle buone intenzioni di autonomi e piccoli imprenditori appare ingenuo, per usare un eufemismo: secondo l’ultima Relazione sull’evasione mostrano una propensione all’inadempimento che supera il 67%.
La modifica disposta dalla bozza incide su un testo attuativo del decreto legislativo 127 del 5 agosto 2015, che in attuazione della delega fiscale ha regolato la trasmissione telematica delle operazioni Iva e di controllo delle cessioni di beni effettuate attraverso distributori automatici. Prevedendo tra l’altro una serie di “incentivi all’opzione per la trasmissione telematica delle fatture o dei relativi dati e dei corrispettivi”. Chi opta per la trasmissione telematica all’Agenzia delle entrate dei dati di tutte le fatture emesse e ricevute viene per esempio esonerato dalla comunicazione delle operazioni rilevanti ai fini Iva (il famigerato spesometro) e dalla comunicazione delle operazioni effettuate nei confronti di soggetti domiciliati in Stati “black list”. In più godeva, in base al testo originario, della riduzione di un anno dei termini ordinari di accertamento a disposizione delle Entrate.
L’anno scorso, in agosto, il Tesoro ha emanato il decreto attuativo, portando a due anni la riduzione dei termini ma specificando che i beneficiari possono “effettuare e ricevere in contanti” solo pagamenti “di ammontare superiore all’importo determinato all’art. 2, comma 1, del decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, del 24 gennaio 2014”: 30 euro, appunto. Se però la norma contenuta nella bozza della legge di Bilancio passerà senza modifiche, avranno diritto a questi vantaggi tutti i contribuenti che accettano di rendere tracciabili solo le movimentazioni sopra i 500 euro. Si tratta, di fatto, di un liberi tutti, se si considera che i controlli delle Entrate sono già in netto e costante calo perché non ci sono abbastanza ispettori e quelli in attività hanno dovuto concentrarsi sull’esame delle richieste di voluntary disclosure. Procedura che però ha portato nelle casse dell’Erario solo il 6% degli oltre 60 miliardi regolarizzati.