Ventimiglia è un luogo di osservazione privilegiato per comprendere i mutamenti nei flussi e nelle rotte dei migranti in viaggio verso l’Europa. Così negli ultimi 15 giorni, ad arrivare nella città di frontiera, insieme ai tanti richiedenti asilo e rifugiati usciti senza speranza dalle maglie dei circuiti di accoglienza italiani, ci sono le persone arrivate con gli sbarchi, tornati numerosi come gli scorsi anni. A cambiare però è il volto di chi arriva, non più persone provenienti da Sudan, Eritrea, Etiopia e altri paesi dell’Africa subsahariana, che rappresentavano il numero maggiore alla frontiera con la Francia fino allo scorso anno, ma algerini, tunisini e giovani provenienti dall’area del Maghreb. Sono i primi effetti della “strategia Minniti”, che secondo diversi addetti ai lavori corrisponderebbero al tentativo da parte dei paesi vicini alla Libia di battere cassa all’Europa per tornare a bloccare i flussi, come recentemente stabilito dall’accordo tra Italia e Libia.
Se gli accordi con Tripoli sembrano aver retto, bloccando in Niger, Ciad e Libia la rotta dei migranti tra luglio e settembre, ora a donne, bambini e giovani in fuga da fame e conflitti si stanno sostituendo altri migranti, provenienti da paesi rispetto ai quali è più difficile chiedere e ottenere protezione umanitaria. “Ma se cambiano i volti e verifichiamo che chi arriva dagli ultimi sbarchi proviene da altre aree geografiche, questo non significa che i problemi nei paesi di origine si siano risolti – sottolinea Daniela Zitarosa, operatrice legale di Intersos a Ventimiglia – anzi, i racconti che ci arrivano confermano le peggiori aspettative sulle modalità con cui i libici stiano bloccando i flussi: detenzione, stupri, ricatti e torture”.
Racconti e testimonianze dal confine che confermano quanto denunciato il 17 ottobre dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, che stima la presenza di oltre 14.500 migranti e rifugiati prigionieri nei centri di detenzione gestiti dai trafficanti nei pressi di Sabratha “Gli accordi non fermano gli arrivi, che qui a Ventimiglia sono tornati a crescere – aggiunge Serena Regazzoni della Caritas Intemelia – e chi arriva dalla Libia ora rischia ancora di più di restare vittima dei rimbalzi tra centri di detenzione e respingimenti in mare, al costo della propria vita”