La squadra peggiore d’Europa, la squadra peggiore di sempre. Il Benevento ci ha messo 87 anni per arrivare in Serie A, per poi fare questa figura. Nessuno in tutto il continente a questo punto della stagione è ancora a zero punti: almeno a quota 3 ci sono il Metz in Francia e il Crystal Palace in Inghilterra, il Colonia è a 2 in Germania, persino il derelitto Malaga un punticino nella Liga l’ha raggranellato. Ma c’è di più: dopo il tracollo per 3-0 in casa contro la Fiorentina, i sanniti hanno stabilito pure il record storico della Serie A. Nove sconfitte su nove partite: mai successo prima, superato il primato negativo del Venezia negli Anni Quaranta. Un peccato, perché la promozione dello scorso anno era stata commovente e meritata sul campo. Ma vale poco realizzare imprese storiche, se poi ci si presenta del tutto impreparati all’appuntamento con la massima serie. Siccome però il Benevento sta già soffrendo a sufficienza sul campo, piuttosto che rigirare il coltello nella piaga proponiamo cinque soluzioni, dalla più semplice alla più improbabile, per salvare la stagione dei campani.
VIA L’ALLENATORE – Marco Baroni non è il primo responsabile della situazione disperata, ma si sa come vanno le cose. E pure lui ha le sue colpe: dopo un avvio difficile ma incoraggiante, sembra aver perso la bussola e il modo di giocare della formazione, a volte arrembante altre troppo arrendevole, ha contribuito alle sconfitte. Infatti già da settimane si parla di esonero, e non si è capito se a frenare il presidente Vigorito sia la fiducia nel progetto (ma quale?), la riconoscenza per i successi della scorsa stagione o piuttosto più venali ragioni economiche. Magari un allenatore navigato potrebbe aiutare a portare a casa qualche punticino e salvare la faccia. Una cosa è certa, però: con questa rosa anche i vari Conte, Guardiola e Mourinho probabilmente retrocederebbero.
PIÙ SOLDI – Il vero problema del Benevento, al netto dell’inesperienza e dei problemi societari e di spogliatoio, è il valore della rosa: troppo basso per la Serie A, anche ovviamente per una questione economica. Diamogli più soldi, dunque. È quello che si propone di fare la riforma del ministro Luca Lotti, che toglierà 70-80 milioni di euro provenienti dai diritti tv alle big per ridistribuirli fra le medio-piccole. Un provvedimento invocato da anni, che dovrebbe permettere anche alle neopromosse di alzare il proprio livello (e quindi quello di tutto il campionato). Certo, poi queste risorse bisogna anche utilizzarle bene: non è che la scorsa estate il Benevento non abbia speso nulla, ha fatto anche investimenti importanti come quelli su Cataldi. E non sono serviti a nulla, per il momento. I soldi nella vita e nel calcio sono importanti, ma non sono tutto.
DUE GOL DI VANTAGGIO – Passiamo al campo dell’inverosimile. Visto che le partite così sono davvero troppo scontate, diamo al Benevento due gol di vantaggio. Come si faceva da bambini all’oratorio, quando una delle due squadre era palesemente inferiore all’altra. Per carità, soluzione inattuabile in un campionato vero. E forse nemmeno così risolutiva: a vedere alcuni risultati (0-2 nello scontro diretto col Crotone, 0-3 con la Fiorentina, 0-4 con la Roma, 0-6 col Napoli), anche con due reti di vantaggio il Benevento avrebbe fatto fatica in diverse partite.
RETROCESSIONE IMMEDIATA IN SERIE B – Il Benevento è rimasto una squadra di Serie B, che per altro due anni fa giocava in Lega Pro. È arrivato Cataldi dalla Lazio, insieme ad una serie di innesti insufficienti in difesa e in attacco, ma complessivamente la rosa è molto simile a quella della scorsa stagione. Anzi, forse inferiore considerando che se ne sono andati Falco e Ceravolo, due dei protagonisti della storica promozione. Se il livello è quello, allora, riportiamolo fra i cadetti. Subito, non a fine stagione come probabilmente succederà in maniera naturale. Così il Benevento potrebbe giocare partite più combattute, senza nemmeno vincerle tutte: è opinione diffusa che questa squadra anche in Serie B farebbe fatica a lottare per la promozione.
SQUADRA A MASTELLA – A mali estremi, estremi rimedi: affidiamo la squadra a Clemente Mastella. Il sindaco non se la prenda: di recente ha già dato del cretino a Stramaccioni (reo di un paragone infelice fra il suo Sparta Praga e i campani), non vorremmo fare la stessa fine. Anche perché, da buon primo cittadino e appassionato di pallone, ha sempre fatto sentire la sua presenza con frequenti invasioni di campo a sostegno della squadra: difendendola dagli attacchi mediatici, vaticinando pronostici più o meno azzeccati (la storica promozione, ma pure una vittoria mai arrivata con la Fiorentina), proponendo spostamenti di partite e soluzioni sul mercato. La sua esperienza di navigato democristiano, che si ripropone ciclicamente ad ogni elezione volta (ha anche detto di voler rifare l’Udeur in vista delle prossime Politiche), magari potrebbe tornare utile anche in ambito calcistico. Il ruolo lo scelga lui: presidente, allenatore, o – perché no – centravanti di sfondamento, vista la sterilità offensiva dei sanniti. La classe e la stazza non mancano di certo.