Non basta neanche il patto trasversale. Non basta neanche l’intesa a 4. Non basta mettere insieme il voto potenziale di quasi due terzi del Senato. Il Rosatellum va verso una nuova blindatura, un nuovo voto di fiducia perché la legge elettorale venga approvata senza essere modificata e per garantire ciascuno dei quattro partiti che hanno scritto la riforma: Pd, Forza Italia, Lega Nord e Alternativa Popolare. Il governo sta pensando di porre la questione di fiducia sulla legge anche al Senato, dove la discussione in Aula inizierà domani, 24 ottobre. Il primo a dirlo è stato il sottosegretario ai Rapporti con il Parlamento Luciano Pizzetti, braccio destro di Maria Elena Boschi ai tempi delle riforme costituzionali: “E’ impensabile che affrontiamo l’Aula senza ricorrere alla fiducia quando ci sono decine di voti segreti” ha detto. Un’uscita che ha spinto i tre gruppi che si oppongono al Rosatellum (Cinquestelle, Mdp e Sinistra Italiana) ad abbandonare i lavori della commissione Affari costituzionali. Così il Rosatellum è stato approvato dalla commissione ed è stato dato mandato al relatore, il presidente della stessa commissione Salvatore Torrisi (Ap). Alle 11 di martedì è prevista la seduta dell’Aula del Senato: il primo voto sarà nel pomeriggio, sulle pregiudiziali.

Video di Manolo Lanaro

In questi dieci giorni – dal giorno del via libera della Camera alla riforma – è stato detto che i “voti segreti al Senato non sono previsti”. In realtà sono previsti solo sugli emendamenti che “toccano” le minoranze linguistiche, che sono stati la spoletta dell’esplosione dell’accordo di giugno, il ring tra Pd e M5s. E su questo ne sono stati presentati fino a 48 i voti segreti su emendamenti presentati da Sinistra Italiana, Mdp e M5s, un terzo del totale degli emendamenti presentati al Senato. “E’ chiaro – dice Pizzetti – che se ci sono decine di voti a scrutinio segreto siamo di fronte a un atteggiamento ostruzionistico, che implica la fiducia. Aiuterebbe a rinunciare alla fiducia l’assenza di emendamenti sulle minoranze”. Quanto alla eventuale blindatura del testo, aggiunge Pizzetti, “non abbiamo ancora deciso se porre la fiducia o meno, il consiglio dei ministri l’ha già autorizzata, e manca ora solo la decisione politica, che dipende dall’atteggiamento dei gruppi che presentano emendamenti che permettono il voto segreto”. Se gli emendamenti rimanessero la fiducia sarebbe posta addirittura su 5 articoli diversi, una tecnica per segare le proposte di modifica sulle minoranze. Una strada che viene anticipata dal più renziano dei senatori, Andrea Marcucci: “Credo che sia opportuna la fiducia per evitare gli agguati di chi chiederà voti segreti”.

Per questo le minoranze che si oppongono al Rosatellum – Mdp, M5s e Si – hanno abbandonato i lavori della commissione. “Noi a questa farsa non ci stiamo – ha detto Loredana De Petris, capogruppo di Sinistra Italiana – dopo che avevamo fatto lo sforzo di limitare gli emendamenti per discutere del merito e dopo che abbiamo cercato di capire se ci fossero margini per modificare la legge, è intervenuto il sottosegretario Pizzetti che ha affermato che la fiducia è stata messa alla Camera perché richiesta dalla maggioranza. Questo è troppo”. Secondo Giovanni Endrizzi, del M5s, “il governo sulla fiducia si muove motu proprio e invece ci vuol far credere che la pone su richiesta della maggioranza. La realtà è che tutti gli emendamenti che introducevano le preferenze sono stai respinti e il prossimo Parlamento sarà composto da nominati che risponderanno a Renzi e Berlusconi“. “Purtroppo facciamo quello che come Mdp non avremmo voluto fare – ha detto Doris Lo Moro, senatrice di Mdp – perché non vogliamo dargli l’alibi di sostenere che è stato fatto tutto il percorso in Commissione in modo regolare”.

Le prove di dialogo tentate da Roberto Speranza e subito naufragate con la risposta di Matteo Renzi ora diventano briciole. “Una legge elettorale che conta, sulla carta, su di una maggioranza addirittura superiore al 70 per cento non può avere paura di qualche decina di voti segreti – riflette la capogruppo di Articolo 1 in Senato, Maria Cecilia Guerra – A meno di non ammettere che questa riforma elettorale così condivisa poi non è, e che la maggioranza che la sostiene è una maggioranza finta, tenuta insieme solo dal ricatto della non rielezione”. Non sarà certo Massimo D’Alema a convincere la maggioranza: “La legge elettorale è pessima – dice durante un convegno a Foggia – Noi abbiamo chiesto che il Parlamento possa discuterla ed eventualmente correggerla, che non venga schiacciata dal voto di fiducia, con un metodo antidemocratico che abbiamo purtroppo già dovuto sperimentare e che è inaccettabile in un Paese civile”.

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