Uno sceneggiatore nominato agli Oscar. Un presentatore di Fox News. Due dirigenti di Wall Street. L’elenco degli uomini accusati di molestie sessuali nei confronti di colleghe o dipendenti si fa sempre più lungo, dopo l’esplosione dello scandalo che ha coinvolto il produttore Usa Harvey Weinstein. E, di nuovo, sono i media a farsi portavoce delle denunce.
“Mi chiamo James Toback. Sono un regista. Hai mai visto Black and White o Two Girls and a Guy?”. Così lo sceneggiatore statunitense si approcciava alle (tante) donne, soprattutto ventenni, che cercava di avvicinare. A ricostruirlo è il Los Angeles Times, che in un articolo del 22 ottobre ha raccolto le testimonianze di 38 presunte vittime che accusano l’uomo, 72 anni, di averle molestate. Nominato agli Oscar per aver scritto la sceneggiatura di Bugsy (1991), Toback adescava le ragazze promettendo loro un brillante futuro nel mondo del cinema. Poi, che fosse “in una camera d’albergo, in una roulotte su un set o in un parco pubblico, gli appuntamenti spacciati per colloqui o provini prendevano rapidamente una piega sessuale“, come scrive il Los Angeles Times citando i racconti delle 38 donne, intervistate separatamente dal giornale.
Le audizioni si trasformavano quindi in abusi: Toback faceva alle giovani attrici domande umilianti, intime, si strusciava e si masturbava davanti a loro. Nessuna di loro denunciò l’accaduto alla polizia. “Lo faceva sembrare come se fosse la normalità”, ha raccontato una delle testimoni, l’attrice Adrienne LaValley. Contattato dal Times, lo sceneggiatore ha respinto ogni accusa, dicendo di non aver mai incontrato le donne che l’hanno denunciato o che eventualmente l’incontro con loro “durò cinque minuti e non ne ho alcun ricordo“. Toback ha anche sostenuto che negli ultimi 22 anni è stato “biologicamente impossibile” per lui avere i comportamenti descritti dalle presunte vittime, soffrendo di diabete e di problemi cardiaci che richiedono farmaci.
Non solo cinema, però: anche il mondo della televisione resta impigliato nella rete delle denunce. Pochi giorni fa il New York Times ha raccontato che il presentatore e commentatore di Fox News Bill O’Reilly ha patteggiato, a gennaio, la somma di 32 milioni di dollari con una collega che l’aveva accusato di molestie ripetute, rapporti non consensuali e invio di materiale sessualmente esplicito. Nonostante la società ne fosse a conoscenza, a febbraio gli ha rinnovato il contratto: 25 milioni di dollari all’anno per quattro anni. Questo è il sesto – e il più costoso – accordo che O’Reilly raggiunge con donne che lo denunciano per i suoi comportamenti.
Ma la scia di testimonianze di abusi travolge anche la finanza. Fidelity Investment, una delle più grandi società di investimento al mondo, ha cacciato per questo motivo due alti dirigenti: C. Robert Chow si è dimesso poche settimane fa per aver fatto commenti inappropriati e a sfondo sessuale ad alcune colleghe, mentre Gavin Baker è stato licenziato a settembre per aver molestato una dipendente di 26 anni. A riportalo è il Wall Street Journal. La società non ha voluto commentare nello specifico, ma in una nota ha dichiarato che le sue politiche “proibiscono le molestie in qualsiasi forma“. “Quando una denuncia di questo genere è portata alla nostra attenzione – ha detto il portavoce dell’azienda – noi indaghiamo immediatamente e prendiamo misure veloci e appropriate. Semplicemente non tollereremo, e non tolleriamo, questo tipo di comportamento”.
Nel frattempo, in Italia, il movimento contro la violenza sulle donne Non Una di Meno sta organizzando per il prossimo 25 novembre, a Roma, una manifestazione per dire basta alle molestie sessuali. E fa appello ad Asia Argento perché “disfi la valigia” e rimanga in Italia a combattere. L’attrice, dopo aver raccontato gli abusi subìti dal produttore Harvey Weinstein e aver raccolto molte critiche proprio nel suo Paese per non aver denunciato subito i fatti, ha detto che avrebbe lasciato l’Italia. Ora l’associazione, nata sulla scia del movimento femminista argentino Ni Una Menos, ha invitato la Argento a restare e a partecipare alla manifestazione. Per “riconoscere la violenza, nominarla e resistere”.