Sembrano due mondi lontani, non semplicemente due campionati diversi. Classifica di un ottobre fa, dopo nove giornate: Juventus 21, Roma e Milan 19, Napoli 17, Torino e Lazio 15. E l’Inter? Quattordicesima, a quota 11, fresca di  batosta a Bergamo. L’Inter di de Boer, l’olandese volante (e difatti volò via). Così oggi, invece: Napoli 25, Inter 23, Juventus e Lazio 22, Roma 18 (e una gara in meno). E il Milan? Undicesimo, con 13 punti e già quattro sconfitte, più il rosso a Bonucci per aver mollato una gomitata a Rosi, guerriero del Genoa. Lo 0-0 di San Siro ha scatenato fischi e l’ennesima caccia al sostituto di Montella, ma non (ancora) di Fassone e Mirabelli. È un torneo che sta scappando dalla cella dei pronostici estivi, un’evasione in piena regola. Prendete la Juventus di Udine: veniva dal k.o. inflittole da Immobile, rimonta, si fa rimontare e, in dieci, esplode addirittura quattro reti. In tutto, 6-2. Higuain? Zero. Dybala? Idem, con l’asterisco di un vaffa ad Allegri, al momento del cambio.

Ci sarebbe il turno infrasettimanale, vallo a spiegare a certi geni. Non solo. Tripletta di Khedira, il “cammello” tedesco che mai, in carriera, si era arrampicato così in alto. Metà del popolo juventino lo considera bolso, fragile. Vi lascio immaginare la corsa sul carro, senza esclusione di spinte e di maschere. Sono numeri, e magari presto, prestissimo, dovremo aggiornarli: intanto, però, la Juventus ha sottratto al Napoli di Sarri il titolo di arsenale più caldo, 27 gol a 26. Quasi un sacrilegio, per i puristi delle lavagne. C’era una volta la Bbc: sei scudetti, e sempre la miglior difesa (e per due anni appena, gli anni di Tevez, anche il miglior attacco). Ecco: rovesciate quel rapporto e avrete la Juventus attuale, una tiranna distratta che prende un sacco di gol: due dall’Atalanta, altri due dalla Lazio, due persino a Udine.

Comandano i bunker di Napoli, Inter e Roma, cinque reti al passivo, quattro in meno. Ad Allegri mancano le aperture di Bonucci; a Montella, le chiusure che pensava avrebbe garantito. Per ora siamo pari, 42 milioni a parte. La squalifica di due turni gli costerà il Chievo e, sabato, proprio la Juventus. In passato, solo Madama poteva perdere lo scudetto; oggi, viceversa, dovrà vincerlo. Non è la stessa cosa, e la differenza risiede tutta in una concorrenza più affilata, più solida. Come, per esempio, l’Inter del San Paolo. Lo 0-0 è il manifesto del nuovo corso spallettiano, inno, soprattutto per un tempo, alla «fase di non possesso», come insegnano a Coverciano. Traduzione per i clienti dei Bar sport: catenaccio. Parola che non si può pronunciare, pena la deportazione nella Siberia dei nostalgici seriali. A suo rischio e pericolo l’ha sdoganata Bianchi, l’allenatore del primo scudetto napoletano, dalle colonne della Gazzetta. Papale papale: “Catenaccio camuffato”.

La Roma da trasferta è un rullo: quattro su quattro. Dal Toro, in compenso, pochi segni di vita: fra Iago Falque, Ljajic, Sadiq e Niang non un tiro nello specchio, non uno. D’accordo, Belotti è Belotti e la sua assenza pesa, ma c’è un limite a tutto. La tribù di Di Francesco si trascinava la croccante zavorra del 3-3 di Londra, Dzeko era stanco, ha risolto Kolarov. Su punizione, come a Bergamo, di fronte a Mihajlovic, specialista emerito. Il quale Mihajlovic, tra parentesi, non riesce a uscire dal labirinto tattico in cui si è ficcato, tanto che Cairo si sta guardando attorno. È tirchio ma deluso, molto deluso. E occhio alla Lazio, naturalmente. Non sbaglia un colpo, esprime il capocannoniere (Immobile, 13 gol: gli ultimi due al Cagliari) e una manovra che ha in De Vrij, Milinkovic-Savic, Parolo e Luis Alberto la spina dorsale. Una squadra fresca, fondata sulla mutualità e attratta dal catechismo di Cruijff: “Giocare a calcio è semplice, ma giocare un calcio semplice è la cosa più difficile che ci sia”. Difficile? Non si direbbe. Dall’album di famiglia: Simone Inzaghi terzo in A, il fratello Filippo, con il Venezia, primo in B. Complimenti a mamma e papà.

Nel frattempo, spopola il Var west. Che corregge e non corregge. Che viene consultato o trascurato. Che diffonde inquietanti dilemmi: l’arbitro forte, meglio in campo o davanti allo schermo? Montella si è scagliato contro i «varisti» del Meazza, rei di aver beccato Bonucci. In Friuli, lo «scazzo» di Mandzukic li batte tutti – e, dunque, corretto il secondo giallo – ma perché, si interrogano i gobbi, Doveri non ha chiesto lumi sul contatto fra Ali Adnan e il  croato? O perché non l’hanno allertato? Avevo scritto in epoca non sospetta: ci divertiremo. Appunto. Avanti pure. Domani sera, Inter-Sampdoria. Mercoledì, il resto del menu: Bologna-Lazio e Genoa-Napoli sono tranelli, Juventus-Spal e Roma-Crotone hanno l’aria, ambigua, delle tappe pianeggianti.

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