Alle consultazioni legislative di domenica scorsa, avrebbe dovuto votare al seggio n.35 della scuola General San Martin di 25 de Mayo, una città della provincia di Buenos Aires. Adesso accanto ai “santini” elettorali, c’è anche la sua foto, quella che dal 1 di agosto, giorno della sua scomparsa, tutta l’Argentina e non solo, ha imparato a conoscere. Santiago Maldonado l’attivista argentino che da tempo appoggiava la causa delle popolazioni indigene Mapuche del Sud dell’Argentina, però a votare non è mai andato. Dal 19 ottobre si trova nell’obitorio di Buenos Aires, in attesa che l’autopsia possa far luce sulla sua morte.
A 78 giorni dalla sua scomparsa, il cadavere di Santiago è stato ritrovato nello stesso fiume sulla riva del quale lo avevano visto per l’ultima volta, i suoi amici e compagni di protesta. A renderlo riconoscibile i tatuaggi che il ragazzo aveva sul corpo. Soltanto dire che ben 56 persone, tra tecnici, periti di parte e familiari, hanno assistito ad una prima perizia sul quel corpo, dà l’idea di come il clima intorno a questo caso sia stato incandescente. Una prima analisi al momento, non ha rilevato la presenza di colpi o ferite che avrebbero potuto causarne la morte e solo fra quindici giorni si potrà sapere con più precisione la causa del decesso.
Sono tante del resto le domande che al momento rimangono inevase. Come è possibile che Santiago sia potuto affogare in un fiume, che nei giorni della protesta aveva pochissima acqua? Come è possibile che il corpo sia stato ritrovato a 300 metri più a nord e controcorrente rispetto al punto dove lo avevano visto i suoi amici e soprattutto in un fiume che era stato già ispezionato con 300 uomini per ben due volte? Chi avrebbe risposto al telefono di Santiago il 2 di agosto, quando già familiari ed amici non lo trovavano? Perché il Governo ha cercato sempre di sminuire l’accaduto, e non ha mai iniziato un’indagine nonostante alcuni testimoni dicessero che Santiago era stato messo a forza, su una camionetta della Gendarmeria?
In questi 78 giorni di attesa il caso di Santiago Maldonado ha diviso il Paese. E non poteva essere che così. In un’Argentina che conserva ancora fresche le ferite della sparizione di 30mila persone, in un paese dove ancora oggi si scoprono fosse comuni con le ossa di quella “gioventù meravigliosa”, come la chiamava il Generale Peron, i fantasmi dei metodi brutali della dittatura argentina fanno presto a riaffiorare. E se alla Casa Rosada siede un presidente come Mauricio Macri, che per molti è l’emblema della borghesia e dell’oligarchia argentina che ha fondato la sua enorme ricchezza sullo sfruttamento della terra ai danni dei più poveri, la bomba ad orologeria è innescata.
I Mapuche da tempo protestavano contro l’appropriazione della loro terra da parte, fra gli altri, della famiglia Benetton, che anni fa aveva acquistato dallo Stato più di 900mila ettari nella provincia del Chubut a Sud dell’Argentina. Lì pascolano 100mila pecore che forniscono il 10% della lana necessaria a fabbricare maglie ed abiti dell’azienda di Treviso. Una parte di questa terra è rivendicata dalle popolazioni Mapuche, che peraltro con una legge costituzionale del 1994 avevano visto garantito il loro diritto a vivere lì, dove erano nati. Per protesta i Mapuche da alcuni anni, avevano iniziato ad occupare terreni, a sabotare gli allevamenti appiccando piccoli incendi per spaventare le greggi.
La famiglia Benetton aveva in un primo tempo, cercato una mediazione, poi aveva chiesto la protezione del governo. Il presidente Macri, a luglio di quest’anno aveva inviato le forze dell’Ordine per sedare la rivolta. Gli attivisti Mapuche avevano bloccato la Ruta 40, quella che attraversa tutta l’Argentina e si difendevano con le pietre. Al picchetto formato da una quindicina di persone, aveva partecipato anche Santiago Maldonado.
Il primo agosto la Gendarmeria aveva disperso i manifestanti a colpi di manganello e pallottole, e li aveva costretti a scappare verso il fiume. Proprio sulle sponde del fiume Chubut, Maldonado era stato visto per l’ultima volta. Le indagini sono partite solo 15 giorni dopo la denuncia della sua scomparsa. Nel frattempo il governo sembrava non occuparsi del caso e molti politici della coalizione governativa sostenevano l’idea che Maldonado fosse stato visto in Cile, su un camion, in una via di Entre Rios, ecc. Una tesi che ai più ricordava il Videla dei tempi andati, quando i desaparecidos – diceva- erano in vacanza in Europa e non come invece si scoprì, sul fondo del Rio de la Plata, dove erano stati gettati da un “volo della morte”. I familiari e i mapuches ritengono che Santiago sia “stato fatto ritrovare” nel fiume.
Sergio Maldonado, il fratello di Santiago, ha vegliato per sette ore il cadavere di quel ragazzo, quando ancora non sapeva se era suo fratello. Aveva paura che le prove fossero inquinante. Ora quel corpo presto o tardi parlerà.
Cristiana Zanetto
Giornalista
Mondo - 24 Ottobre 2017
Argentina, tutte le domande che il cadavere di Santiago Maldonado lascia
Alle consultazioni legislative di domenica scorsa, avrebbe dovuto votare al seggio n.35 della scuola General San Martin di 25 de Mayo, una città della provincia di Buenos Aires. Adesso accanto ai “santini” elettorali, c’è anche la sua foto, quella che dal 1 di agosto, giorno della sua scomparsa, tutta l’Argentina e non solo, ha imparato a conoscere. Santiago Maldonado l’attivista argentino che da tempo appoggiava la causa delle popolazioni indigene Mapuche del Sud dell’Argentina, però a votare non è mai andato. Dal 19 ottobre si trova nell’obitorio di Buenos Aires, in attesa che l’autopsia possa far luce sulla sua morte.
A 78 giorni dalla sua scomparsa, il cadavere di Santiago è stato ritrovato nello stesso fiume sulla riva del quale lo avevano visto per l’ultima volta, i suoi amici e compagni di protesta. A renderlo riconoscibile i tatuaggi che il ragazzo aveva sul corpo. Soltanto dire che ben 56 persone, tra tecnici, periti di parte e familiari, hanno assistito ad una prima perizia sul quel corpo, dà l’idea di come il clima intorno a questo caso sia stato incandescente. Una prima analisi al momento, non ha rilevato la presenza di colpi o ferite che avrebbero potuto causarne la morte e solo fra quindici giorni si potrà sapere con più precisione la causa del decesso.
Sono tante del resto le domande che al momento rimangono inevase. Come è possibile che Santiago sia potuto affogare in un fiume, che nei giorni della protesta aveva pochissima acqua? Come è possibile che il corpo sia stato ritrovato a 300 metri più a nord e controcorrente rispetto al punto dove lo avevano visto i suoi amici e soprattutto in un fiume che era stato già ispezionato con 300 uomini per ben due volte? Chi avrebbe risposto al telefono di Santiago il 2 di agosto, quando già familiari ed amici non lo trovavano? Perché il Governo ha cercato sempre di sminuire l’accaduto, e non ha mai iniziato un’indagine nonostante alcuni testimoni dicessero che Santiago era stato messo a forza, su una camionetta della Gendarmeria?
In questi 78 giorni di attesa il caso di Santiago Maldonado ha diviso il Paese. E non poteva essere che così. In un’Argentina che conserva ancora fresche le ferite della sparizione di 30mila persone, in un paese dove ancora oggi si scoprono fosse comuni con le ossa di quella “gioventù meravigliosa”, come la chiamava il Generale Peron, i fantasmi dei metodi brutali della dittatura argentina fanno presto a riaffiorare. E se alla Casa Rosada siede un presidente come Mauricio Macri, che per molti è l’emblema della borghesia e dell’oligarchia argentina che ha fondato la sua enorme ricchezza sullo sfruttamento della terra ai danni dei più poveri, la bomba ad orologeria è innescata.
I Mapuche da tempo protestavano contro l’appropriazione della loro terra da parte, fra gli altri, della famiglia Benetton, che anni fa aveva acquistato dallo Stato più di 900mila ettari nella provincia del Chubut a Sud dell’Argentina. Lì pascolano 100mila pecore che forniscono il 10% della lana necessaria a fabbricare maglie ed abiti dell’azienda di Treviso. Una parte di questa terra è rivendicata dalle popolazioni Mapuche, che peraltro con una legge costituzionale del 1994 avevano visto garantito il loro diritto a vivere lì, dove erano nati. Per protesta i Mapuche da alcuni anni, avevano iniziato ad occupare terreni, a sabotare gli allevamenti appiccando piccoli incendi per spaventare le greggi.
La famiglia Benetton aveva in un primo tempo, cercato una mediazione, poi aveva chiesto la protezione del governo. Il presidente Macri, a luglio di quest’anno aveva inviato le forze dell’Ordine per sedare la rivolta. Gli attivisti Mapuche avevano bloccato la Ruta 40, quella che attraversa tutta l’Argentina e si difendevano con le pietre. Al picchetto formato da una quindicina di persone, aveva partecipato anche Santiago Maldonado.
Il primo agosto la Gendarmeria aveva disperso i manifestanti a colpi di manganello e pallottole, e li aveva costretti a scappare verso il fiume. Proprio sulle sponde del fiume Chubut, Maldonado era stato visto per l’ultima volta. Le indagini sono partite solo 15 giorni dopo la denuncia della sua scomparsa. Nel frattempo il governo sembrava non occuparsi del caso e molti politici della coalizione governativa sostenevano l’idea che Maldonado fosse stato visto in Cile, su un camion, in una via di Entre Rios, ecc. Una tesi che ai più ricordava il Videla dei tempi andati, quando i desaparecidos – diceva- erano in vacanza in Europa e non come invece si scoprì, sul fondo del Rio de la Plata, dove erano stati gettati da un “volo della morte”. I familiari e i mapuches ritengono che Santiago sia “stato fatto ritrovare” nel fiume.
Sergio Maldonado, il fratello di Santiago, ha vegliato per sette ore il cadavere di quel ragazzo, quando ancora non sapeva se era suo fratello. Aveva paura che le prove fossero inquinante. Ora quel corpo presto o tardi parlerà.
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Kiev, 17 mar. (Adnkronos) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha annunciato su X di aver parlato con il presidente francese Emmanuel Macron: "Come sempre scrive - è stata una conversazione molto costruttiva. Abbiamo discusso i risultati dell'incontro online dei leader svoltosi sabato. La coalizione di paesi disposti a collaborare con noi per realizzare una pace giusta e duratura sta crescendo. Questo è molto importante".
"L'Ucraina è pronta per un cessate il fuoco incondizionato di 30 giorni - ha ribadito Zelensky - Tuttavia, per la sua attuazione, la Russia deve smettere di porre condizioni. Ne abbiamo parlato anche con il Presidente Macron. Inoltre, abbiamo parlato del lavoro dei nostri team nel formulare chiare garanzie di sicurezza. La posizione della Francia su questa questione è molto specifica e la sosteniamo pienamente. Continuiamo a lavorare e a coordinare i prossimi passi e contatti con i nostri partner. Grazie per tutti gli sforzi fatti per raggiungere la pace il prima possibile".
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - il presidente americano Donald Trump ha dichiarato ai giornalisti che il leader cinese Xi Jinping visiterà presto Washington, a causa delle crescenti tensioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Lo riporta Newsweek. "Xi e i suoi alti funzionari" arriveranno in un "futuro non troppo lontano", ha affermato Trump.
Washington, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo quanto riferito su X dal giornalista del The Economist, Shashank Joshi, l'amministrazione Trump starebbe valutando la possibilità di riconoscere la Crimea ucraina come parte del territorio russo, nell'ambito di un possibile accordo per porre fine alla guerra tra Russia e Ucraina.
"Secondo due persone a conoscenza della questione, l'amministrazione Trump sta valutando di riconoscere la regione ucraina della Crimea come territorio russo come parte di un eventuale accordo futuro per porre fine alla guerra di Mosca contro Kiev", si legge nel post del giornalista.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Secondo un sondaggio della televisione israeliana Channel 12, il 46% degli israeliani non è favorevole al licenziamento del capo dello Shin Bet, Ronen Bar, da parte del primo ministro Benjamin Netanyahu, rispetto al 31% che sostiene la sua rimozione. Il risultato contrasta con il 64% che, in un sondaggio di due settimane fa, sosteneva che Bar avrebbe dovuto dimettersi, e con il 18% che sosteneva il contrario.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos) - Il ministero della Salute libanese ha dichiarato che almeno sette persone sono state uccise e 52 ferite negli scontri scoppiati la scorsa notte al confine con la Siria. "Gli sviluppi degli ultimi due giorni al confine tra Libano e Siria hanno portato alla morte di sette cittadini e al ferimento di altri 52", ha affermato l'unità di emergenza del ministero della Salute.
Beirut, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - Hamas si starebbe preparando per un nuovo raid, come quello del 7 ottobre 2023, penetrando ancora una volta in Israele. Lo sostiene l'israeliano Channel 12, in un rapporto senza fonti che sarebbe stato approvato per la pubblicazione dalla censura militare. Il rapporto afferma inoltre che Israele ha riscontrato un “forte aumento” negli sforzi di Hamas per portare a termine attacchi contro i kibbutz e le comunità al confine con Gaza e contro le truppe dell’Idf di stanza all’interno di Gaza.
Cita inoltre il ministro della Difesa Israel Katz, che ha detto di recente ai residenti delle comunità vicine a Gaza: "Hamas ha subito un duro colpo, ma non è stato sconfitto. Ci sono sforzi in corso per la sua ripresa. Hamas si sta costantemente preparando a effettuare un nuovo raid in Israele, simile al 7 ottobre". Il servizio televisivo arriva un giorno dopo che il parlamentare dell'opposizione Gadi Eisenkot, ex capo delle Idf, e altri legislatori dell'opposizione avevano lanciato l'allarme su una preoccupante recrudescenza dei gruppi terroristici di Gaza.
"Negli ultimi giorni, siamo stati informati che il potere militare di Hamas e della Jihad islamica palestinese è stato ripristinato, al punto che Hamas ha oltre 25.000 terroristi armati, mentre la Jihad ne ha oltre 5.000", hanno scritto i parlamentari, tutti membri del Comitato per gli affari esteri e la difesa.
Tel Aviv, 17 mar. (Adnkronos/Afp) - L'attacco israeliano nei pressi della città di Daraa, nel sud della Siria, ha ucciso due persone. Lo ha riferito l'agenzia di stampa statale siriana Sana.
"Due civili sono morti e altri 19 sono rimasti feriti in attacchi aerei israeliani alla periferia della città di Daraa", ha affermato l'agenzia di stampa, mentre l'esercito israeliano ha affermato di aver preso di mira "centri di comando e siti militari appartenenti al vecchio regime siriano".