Le risorse a disposizione della legge di Bilancio sono “limitate”, ha ammesso il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan il giorno del varo in consiglio dei ministri. Non a caso i conti ancora non tornano e, nelle ultime bozze, dell’articolo sulla lotta alla povertà e l’ampliamento del reddito di inclusione c’è solo il titolo. In compenso qualche spicciolo per le fondazioni bancarie si trova sempre. Stavolta il veicolo per concedere un cadeaux agli 88 enti riuniti nell’Acri, la lobby guidata da Giuseppe Guzzetti, è un credito di imposta del 65% sulle erogazioni a progetti “finalizzati alla promozione di un welfare di comunità” attraverso interventi “di contrasto alle povertà e fragilità sociali, al disagio di famiglie con minori, alla domiciliarità delle cure a anziani e disabili, alla dotazione di strumentazioni per le cure sanitarie, all’inclusione socio-lavorativa, alla promozione dell’occupazione”.
Interventi ovviamente meritori, che però le fondazioni già finanziano per statuto, accanto alla ricerca, alla conservazione dei beni culturali e ambientali, alla sanità. Il welfare di comunità, in particolare, è uno dei cavalli di battaglia della fondazione Cariplo, presieduta da un ventennio dallo stesso Guzzetti: nel bilancio 2016 si legge che è uno dei “tre temi focus” su cui l’ente ha concentrato la propria programmazione, lanciando nel 2014 il progetto “Welfare di comunità e innovazione sociale” a cui sono seguite tre edizioni di un bando dedicato. I contributi deliberati ammontano a 28,6 milioni di euro, su cui in base alla norma inserita nella bozza della manovra la fondazione avrebbe ora diritto allo sgravio. Poi le altre fondazioni si sono allineate, tanto che nell’ultimo rapporto Acri si legge che “la riflessione degli ultimi anni e la graduale maturazione di positive esperienze in questa direzione, hanno delineato quale modello di riferimento per le Fondazioni nel settore, quello del cosiddetto welfare di comunità”, cioè “promuovere l’attivazione della società civile per la creazione di una rete solidaristica fortemente radicata nella comunità e capace di combinarsi e integrarsi con la presenza pubblica (…) per il soddisfacimento dei bisogni sociali più gravi o urgenti”.
Le risorse messe a disposizione come copertura non sono ancora quantificate nella bozza. Va ricordato che anche le ultime due manovre hanno messo in campo corpose esenzioni fiscali a favore degli enti, che lo scorso anno hanno registrato proventi per 1,35 miliardi e ne hanno erogati 1,030. La legge di Stabilità per il 2015, è vero, aveva aumentato sensibilmente l’imposizione sui loro dividendi, ma quella per il 2016 ha previsto a parziale compensazione un maxi sgravio del 75%, per un valore di oltre 100 milioni di euro, sui contributi destinati a un nuovo fondo per il contrasto alla povertà educativa. Altra tipologia di progetti che le fondazioni già finanziavano. Lo scorso anno, poi, è arrivato il credito di imposta del 100% sui versamenti volontari ai Centri servizio al volontariato, riformati dal nuovo Codice del terzo settore. Le fondazioni hanno così incassato, a spese delle casse pubbliche, un risparmio su contributi che sono tenute a fare per legge. La legge quadro sul volontariato del 1991 le obbliga infatti a versare almeno un quindicesimo dei loro proventi ai Csv.
Le fondazioni sono socie del Tesoro nella Cassa e depositi e prestiti, di cui detengono il 15,9%. Stando a indiscrezioni, per mettere a segno gli introiti da privatizzazioni previsti dalla Nota di aggiornamento al Def il governo punta a conferire alla Cdp la quota di Enav che è ancora del ministero dell’Economia. Una nuova partita di giro da cui conta di ricavare oltre 1 miliardo di euro. La Cdp è anche protagonista del progetto “Capricorn” caro al segretario del Pd Matteo Renzi, che l’ha descritto nel suo ultimo libro: si tratta di conferire alla Cassa le partecipazioni in società quotate detenute da via XX Settembre per ridurre il debito e ottenere dalla Ue più margini di manovra sul deficit.