Un salutare bagno di realtà: a questo servirà innanzitutto il ritorno in Borsa di MontePaschi dopo oltre 10 mesi di sospensione dalle contrattazioni. Dieci mesi in cui è successo di tutto, ma si è visto e saputo poco o nulla a parte il fatto che i contribuenti, attraverso il Tesoro, sono stati costretti a iniettare altri miliardi di euro nell’istituto senese per ricapitalizzarlo. Qual è oggi lo stato di salute della banca più antica del mondo e con quali numeri si presenta al mercato? Non è dato a sapersi: l’approvazione e la presentazione dei conti del terzo trimestre 2017, inizialmente prevista per il 27 ottobre, è stata rinviata al 7 novembre. Lo ha comunicato la stessa banca dando notizia dell’approvazione da parte di Consob del prospetto informativo e della ripresa delle contrattazioni a Piazza Affari a partire da mercoledì 25 ottobre.

Un bel biglietto da visita, non c’è che dire. Poi ci si stupisce se grandi investitori come il fondo statunitense Bridgewater hanno deciso di scommettere contro l’Italia e le sue banche vendendo grossi pacchetti azionari allo scoperto e se agenzie di rating come Moody’s puntano nuovamente il dito sugli elementi di debolezza che caratterizzano il nostro sistema, dall’enorme ammontare dei crediti in sofferenza all’eccessiva esposizione dei portafogli bancari ai titoli di Stato italiani. A furia di raccontare che il peggio è passato, il governo e in molti casi gli stessi banchieri “di sistema” come il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, hanno finito con il crederci davvero. Ecco perché è tanto utile un sano bagno di realtà.

I numeri di Mps ancora non si conoscono, ma da quello che scrive la stessa banca nel prospetto informativo non c’è da attendersi molto di buono: le azioni sono state “prudenzialmente” valorizzate 4,28 euro a fronte dei 6,49 euro pagati dal Tesoro, cioè il 34% in meno. E si tratta solo di un prezzo teorico (è quello risultante dall’asta dei Credit default swap), perché le contrattazioni in Piazza Affari devono ancora ripartire e il prezzo di mercato potrebbe discostarsi ancor più significativamente da quanto pagato al momento della ricapitalizzazione. Già così la minusvalenza in capo allo Stato per il salvataggio di Rocca Salimbeni è di circa 1 miliardo di euro e potrebbe salire fino a 1,8 miliardi per effetto del riacquisto a titolo di indennizzo delle azioni che sono state assegnate ai titolari di obbligazioni subordinate di Mps. Il Tesoro, infatti, nella finestra che va dal 30 ottobre al 17 novembre dovrebbe promuovere un’offerta di scambio rivolta agli obbligazionisti rilevando le loro azioni per un importo massimo di 1,5 miliardi a fronte del conferimento di nuovi bond senior della banca. Per effetto di quest’operazione il Tesoro salirà dunque nel capitale fino al 71% dall’attuale 52,2%.

In sé e per sé la minusvalenza non costituisce un problema, perché il ministero non deve uscire subito dal capitale della banca (la quota dovrà essere dismessa entro il 2021), ma in prospettiva le cose per l’azionista pubblico rischiano di andare maluccio dato che la banca ad oggi non ha risolto i suoi problemi e che per ottenere l’autorizzazione al salvataggio pubblico ha dovuto accettare diverse condizioni, tra cui il divieto a politiche commerciali aggressive (come ad esempio tassi d’interesse significativamente bassi sui mutui e alti sui depositi), il divieto a effettuare acquisizioni, l’impegno a ulteriori riduzioni di costi fino a 100 milioni qualora non venissero rispettati gli obiettivi di margine operativo netto per il 2018, 2019 e 2020.

Date le condizioni di mercato e il livello dei tassi d’interesse, sarà dunque molto difficile che Mps possa crescere più della media: la sua redditività resta bassa come ha sottolineato a più riprese la stessa Bce. La banca rischia inoltre di dover operare nuovi pesanti accantonamenti sui crediti qualora le linee guida di Francoforte sulla valutazione delle sofferenze dovessero restare confermate “nei medesimi termini rappresentati in sede di consultazione”. Quest’eventualità, si legge nel prospetto, potrebbe determinare il “mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di ristrutturazione” e per Siena potrebbe dunque riaprirsi uno scenario catastrofico già dai prossimi mesi, senza contare che nel primo semestre 2018 la banca sarà nuovamente sottoposta agli stress test.

Fin qui le questioni finanziariamente più rilevanti, dando peraltro per scontato ciò che scontato non è: vale a dire il pieno successo dell’operazione coordinata dal fondo Atlante2 sui 27 miliardi di sofferenze Mps, operazione che dovrebbe vedere la luce il prossimo anno. Del resto, l’incidenza dei crediti deteriorati è destinata a pesare a lungo sui bilanci dell’istituto visto che “permane superiore a quella dei primi cinque gruppi bancari italiani” e che – come sottolinea lo stesso prospetto informativo – il valore atteso al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2021 “risulta superiore rispetto al corrispondente dato medio delle banche europee riferito al 31 dicembre 2016”. Alla luce di tutto questo suonano ancor più stonate le dichiarazioni del ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan che la scorsa estate cercava di vendere come un “buon affare” l’ingresso dello Stato nel capitale del Montepaschi, per non parlare di quelle dell’ex premier Matteo Renzi che a fine 2015 invitava ad acquistare azioni della banca “ormai risanata”.

Sullo sfondo del ritorno in Borsa resta inoltre il macigno delle cause legali che comportano per Mps un rischio nell’ordine di 4,2 miliardi di risarcimenti, anche se non è possibile escludere che i contenziosi possano aumentare “anche in considerazione dei procedimenti penali pendenti e delle operazioni straordinarie”.  Con la pubblicazione del prospetto informativo si è anche appreso che a Milano c’è un altro filone d’inchiesta a carico di Alessandro Profumo e Fabrizio Viola, indagati per ostacolo alla vigilanza in qualità di ex presidente e di ex amministratore delegato dell’istituto senese. Sempre a Milano, Profumo e Viola devono già rispondere dell’accusa di falso in bilancio e aggiotaggio nell’ambito di un altro procedimento.

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