La “furia del dileguare” (Hegel) del cattivo infinito capitalistico mira a sostituire la popolazione stabile e protetta da diritti, radicata nel proprio territorio e nella propria storia, con un’immensa massa di nuovi schiavi nomadi e precari, che non hanno più storia ma solo geografia e che figurano come puri atomi al servizio dell’accumulazione flessibile, sempre pronti a essere sottoposti, come tutte le altre merci, ai processi di delocalizzazione di cui beneficia sempre e solo l’aristocrazia finanziaria. Il capitale ci vuole tutti migranti e sradicati, cioè “cittadini globali”, rectius, non più cittadini degli Stati nazionali con diritti e doveri.
Né deve essere obliato che il paradigma del migrante territoriale tende a ridefinire anche il modus vivendi del Signore globalista post-borghese. Essa stessa espressione dell’erranza post-nazionale e fautrice indefessa delle delocalizzazioni a proprio beneficio, la nuova e dominante global class apolide si è affrancata tanto dalla stanzialità territoriale a vocazione patriottica degli Stati nazionali, quanto dalla stabilità etica borghese legata alle figure della maturità e della stabilità esistenziale: è composta da finanzieri delocalizzanti e delocalizzati, che si spostano in maniera multidirezonale e senza barriere negli spazi aperti e sconfinati del pianeta integralmente mercificato e che fanno della libera circolazione il loro paradigma biografico.
Sono “migranti fiscali”, che si muovono con moto perpetuo come i flussi della finanza e che spostano secondo la convenienza i propri patrimoni nei “paradisi fiscali”, le loro ditte nelle aree a regime fiscale vantaggioso e la produzione nelle zone ove la manodopera sia meno tutelata. Giovandosi della delocalizzazione del reddito e del patrimonio, i signori del big business planetario si esentano dalla contribuzione fiscale, facendola generosamente gravare sulle spalle del precariato.
Volgendo a proprio vantaggio la libera circolazione delle imprese e dei capitali alla ricerca del lavoro desalarizzato e non protetto, il Signore globalista promuove a piè sospinto e a proprio beneficio l’erranza planetaria, che il Servo precarizzato subisce e in forza della quale patisce sciagure su ogni fronte.